I casi di molestie all’università di Torino, dall’inizio
L'ex direttore della scuola di medicina legale è ai domiciliari e un professore di filosofia è stato sospeso per un mese; negli ultimi giorni sono arrivate decine di altre segnalazioni
Negli ultimi giorni i collettivi studenteschi dell’università di Torino hanno organizzato diverse manifestazioni per denunciare i casi di molestie sessuali avvenuti all’interno di alcuni dipartimenti. Le proteste sono nate da due casi che hanno coinvolto insegnanti dell’università: l’ex direttore della scuola di specializzazione di medicina legale Giancarlo Di Vella è agli arresti domiciliari accusato tra le altre cose di violenza sessuale, minacce e stalking, mentre un professore di estetica è stato sospeso dall’insegnamento per un mese per aver tenuto un comportamento molesto con alcune dottorande. Ma secondo le segnalazioni delle studentesse i casi di molestie sono molti di più: il centro antiviolenza aperto nel campus Einaudi ne ha raccolti 138 e molti altri sono stati segnalati in un questionario diffuso dal collettivo Studenti Indipendenti e dal movimento femminista e transfemminista “Non una di meno” di Torino.
L’indagine nei confronti di Giancarlo Di Vella era iniziata due anni fa. L’accusa di violenze è seguita alle indagini per falso ideologico per aver falsificato i requisiti necessari a far accreditare a livello universitario la scuola di medicina legale. Di Vella avrebbe certificato di organizzare attività formative mai fatte dalla scuola, gonfiando i numeri delle autopsie eseguite. Così facendo, il dirigente avrebbe ingannato la stessa università di Torino, i ministeri della Salute e dell’Università: già da quest’anno la scuola di medicina legale ha perso l’accreditamento del ministero.
Le indagini hanno scoperto anche diversi presunti casi di violenza sessuale, in particolare nei confronti di cinque specializzande, e presunti atti persecutori nei confronti di studenti che avevano espresso perplessità sui suoi metodi. Secondo l’accusa, Di Vella minacciava gli studenti di bocciarli o di compromettere la loro carriera lavorativa grazie alla sua influenza. Le specializzande hanno raccontato ai magistrati di aver subito molestie, anche durante le lezioni, e perfino di fronte ad altre persone: battute a sfondo sessuale, palpeggiamenti, sfioramenti a cui sarebbe stato complicato reagire proprio per le minacce di possibili ripercussioni.
Un professore del dipartimento di filosofia è stato invece sospeso per un mese dall’insegnamento, senza ricevere lo stipendio, perché accusato di comportamenti inopportuni nei confronti di alcune dottorande, soprattutto battute allusive e messaggi privati. Il consiglio dell’università ha valutato il contenuto di messaggi inviati via WhatsApp dal professore. Lui si è difeso sostenendo che le battute erano amichevoli, indirizzate sia a femmine che a maschi, senza fini sessuali.
La scorsa settimana i collettivi hanno interrotto la riunione del senato accademico, mentre lunedì mattina è prevista una manifestazione a Palazzo Nuovo, una delle sedi principali dell’università e sede del dipartimento di filosofia. «Rifiutiamo la retorica della “mela marcia”, perché è lo stesso modello universitario a essere marcio», hanno scritto i collettivi riferendosi ai casi emersi e annunciando l’intenzione di bloccare le lezioni. «Vogliamo attraversare i nostri spazi sapendo che non siamo sole». La scorsa settimana sulle colonne del porticato del rettorato sono stati appesi fogli con segnalazioni di abusi e molestie raccolte dai collettivi.
Il rettore dell’università, Stefano Geuna, ha garantito la «massima attenzione ai casi che possono verificarsi, alle segnalazioni, e la necessaria intransigenza». Geuna ha detto che è urgente adottare «misure sempre più severe per chi abbia esercitato molestie e soprusi», violando i diritti fondamentali e la dignità della persona.
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