L’esercito israeliano ha liberato due ostaggi a Rafah
È la prima importante operazione militare da quando il primo ministro israeliano Netanyahu aveva detto che Israele avrebbe invaso la città, dove è rifugiata più della metà della popolazione di tutta la Striscia di Gaza
Nella notte tra domenica e lunedì l’esercito israeliano ha liberato due persone che erano tenute in ostaggio a Rafah, nella Striscia di Gaza. Rafah è l’ultima grande città della Striscia di Gaza che Israele non ha ancora attaccato via terra nell’ambito della guerra contro il gruppo armato palestinese Hamas.
La liberazione degli ostaggi è stata compiuta mentre in contemporanea Israele ha effettuato un grosso bombardamento sulla città: secondo il ministero della Salute della Striscia di Gaza (controllato da Hamas), nell’attacco di stanotte sono state colpite 14 case e 2 moschee, e sono state uccise più di 50 persone. Le autorità israeliane non hanno fornito molti dettagli su come sia avvenuta la liberazione dei due ostaggi (Fernando Simon Marman, di 60 anni, e Louis Har, di 70 anni).
Il portavoce dell’esercito israeliano Daniel Hagari ha detto che i due erano tenuti in ostaggio in un appartamento del centro di Rafah, che l’operazione di liberazione era stata studiata a lungo e che l’esercito aveva aspettato il momento migliore per compierla. È probabile che il grosso bombardamento di questa notte sia stato effettuato anche per permettere all’esercito di entrare nell’appartamento e liberare i due ostaggi. Hagari ha detto che nel corso dell’operazione l’esercito si è scontrato con alcuni miliziani di Hamas, ma non ha detto se alcuni di loro siano stati uccisi.
La liberazione di Marman e Har è la prima importante operazione militare dell’esercito israeliano a Rafah da quando venerdì il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu aveva detto che Israele avrebbe invaso la città. L’invasione via terra di Rafah non è ancora cominciata, ma è considerata ormai imminente.
Netanyahu aveva fatto sapere di aver ordinato all’esercito di preparare un piano per evacuare i civili che al momento si trovano in città, con l’obiettivo di invaderla. Da circa due settimane a Rafah si è rifugiata su richiesta di Israele più di metà della popolazione di tutta la Striscia di Gaza, oltre un milione di civili palestinesi, dopo l’intensificarsi degli attacchi israeliani su Khan Yunis, la principale città nel sud della Striscia.
Evacuare i civili da Rafah è però estremamente complicato, perché di fatto non hanno dove scappare, dato che non ci sono altre grandi città dove poter andare. A Rafah la grandissima parte dei civili è sistemata in tende o per strada, e la città è in sostanza un gigantesco campo profughi.
Domenica Netanyahu ha discusso del progetto di invadere Rafah in un colloquio telefonico con Joe Biden, presidente degli Stati Uniti, paese che è il principale alleato di Israele. È stato il primo contatto diretto tra i due da quando giovedì Biden aveva parlato molto criticamente delle operazioni militari israeliane a Gaza, e aveva definito la risposta di Israele all’attacco di Hamas del 7 ottobre «eccessiva». Nella telefonata Biden ha ribadito al primo ministro israeliano il suo sostegno alla lotta contro Hamas, ma ha anche detto che Israele non dovrebbe invadere militarmente Rafah «senza un piano credibile e realizzabile per garantire la sicurezza al milione di persone che vi si sono rifugiate».