Alle elezioni parlamentari in Pakistan hanno vinto i candidati sostenuti da Imran Khan
Ma l'ex primo ministro è in carcere e il partito era stato escluso dal voto: sono stati quindi eletti come indipendenti, e da soli non possono formare un governo
Domenica, tre giorni dopo il voto, sono stati infine annunciati i risultati definitivi delle elezioni parlamentari in Pakistan, con cui sono stati eletti i deputati della camera bassa del parlamento che sceglieranno poi il nuovo primo ministro. Hanno vinto i candidati sostenuti dall’ex primo ministro Imran Khan, che è in carcere, e che fanno parte del suo partito, il Movimento per la Giustizia (PTI).
I candidati sostenuti dal PTI però si sono dovuti presentare come indipendenti, con simboli diversi da quello ufficiale del partito, dal momento che il mese scorso era stato reso illegale da una sentenza della Corte Suprema del Pakistan: diversi osservatori internazionali avevano interpretato questa e altre decisioni prese in campagna elettorale dalle istituzioni pakistane come un tentativo del governo di ostacolare e limitare il partito dell’ex primo ministro Khan.
I candidati indipendenti hanno ottenuto in totale 101 seggi: di questi, 93 sono andati a candidati sostenuti da Khan. È un risultato abbastanza sorprendente, proprio alla luce delle varie azioni adottate dal governo e considerando che il leader e figura più riconoscibile del partito è in carcere.
Il secondo partito più votato è stata la Lega musulmana del Pakistan (PML-N), il partito dell’altro ex primo ministro Nawaz Sharif, che ha ottenuto 73 seggi ed era dato come favorito: Sharif ha comunque rivendicato la vittoria nelle elezioni, anche perché tecnicamente il suo è stato il partito più votato. Dopo la Lega musulmana il più votato è stato il Partito Popolare del Pakistan (PPP), che ha ottenuto 54 seggi.
Né il PTI né il PML-N, comunque, hanno ottenuto voti a sufficienza per avere la maggioranza in parlamento, cioè 169 seggi. La camera bassa del parlamento pakistano è composta in tutto da 336 seggi, ma solo 266 si assegnavano direttamente alle elezioni: altri 70 sono riservati, 60 per le donne e 10 per i non musulmani, e vengono assegnati in modo proporzionale ai partiti in base ai voti ottenuti. Non avendo un partito, però, gli eletti sostenuti da Khan non possono accedere ai seggi riservati, e perciò rischiano di perdere il vantaggio acquisito con il voto.
Le loro possibilità di formare un governo passano da un accordo con un partito più piccolo per formare una coalizione: un’ipotesi citata da Al Jazeera è che il PTI potrebbe unirsi al Majlis Wahdat-e-Muslimeen, partito sciita molto più piccolo ma vicino a Khan. Il PTI, inoltre, ha per ora escluso la possibilità di una coalizione con gli altri due partiti più votati. La situazione è insomma ancora molto incerta.
Nei mesi prima del voto il governo aveva impedito ad alcuni politici del PTI di fare campagna elettorale, aveva censurato la copertura giornalistica del partito e bloccato più volte l’accesso a internet per impedire la visione in streaming dei comizi dei suoi politici. Durante lo spoglio dei voti, durato oltre tre giorni, molti sostenitori di Khan avevano protestato in diverse città accusando il governo di allungare i tempi per modificare i risultati delle elezioni.