I due candidati alle presidenziali in Finlandia hanno molte idee in comune
Al ballottaggio di domenica Alexander Stubb e Pekka Haavisto la pensano simile su Europa, Ucraina e NATO
Domenica 11 febbraio in Finlandia ci sarà il ballottaggio per eleggere il nuovo presidente del paese. I due candidati più votati al primo turno, che si è tenuto lo scorso 28 gennaio, sono l’ex primo ministro Alexander Stubb, del Partito di coalizione nazionale, di centrodestra (è lo stesso partito del presidente uscente Sauli Niinistö e dell’attuale primo ministro Petteri Orpo) e l’ex ministro degli Esteri Pekka Haavisto, del partito dei Verdi. I sondaggi dicono che Stubb è il favorito: soltanto un terzo dell’elettorato sostiene i partiti della sinistra, mentre il resto è orientato verso i conservatori e più propenso a votare per Stubb.
In Finlandia il presidente è una figura rilevante perché detiene diversi poteri in politica estera e di sicurezza, diversamente da quanto succede per esempio in Italia in cui il presidente della Repubblica ha un ruolo per lo più cerimoniale. Il presidente della Finlandia lavora in stretta collaborazione con il governo, è a capo dell’esercito, decide le principali nomine militari e rappresenta il paese alle riunioni della NATO, l’alleanza militare che comprende gli Stati Uniti e buona parte dei paesi europei.
Queste elezioni arrivano in un momento molto particolare della storia della Finlandia perché sono le prime presidenziali dopo che lo scorso anno il paese è entrato nella NATO, abbandonando la posizione di neutralità fra il blocco occidentale e quello dell’ex Unione Sovietica che aveva adottato durante la Guerra Fredda e poi mantenuto anche in seguito. Il cambio di posizione era arrivato dopo che la Russia aveva invaso l’Ucraina, di cui la Finlandia è uno dei principali fornitori europei di aiuti militari e umanitari.
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Comunque andrà il ballottaggio, il nuovo presidente della Finlandia sarà filoeuropeo, sostenitore dell’Ucraina e favorevole all’adozione di una linea dura contro la Russia. La politica estera e il rapporto fra la Russia e la Finlandia sono stati al centro della campagna elettorale delle presidenziali: in generale Stubb e Haavisto non hanno posizioni contrastanti, hanno semmai manifestato delle differenze sui limiti del nuovo ruolo del paese come membro della NATO. Stubb sostiene la possibilità di avere truppe permanenti della NATO posizionate sul territorio, a differenza di Haavisto, che ha detto di non vederne la necessità.
Stubb ricopre incarichi ufficiali in politica dal 2004, quando fu eletto parlamentare europeo. Nel 2008 divenne ministro degli Esteri e nel 2014 primo ministro. Nel 2017 lasciò la politica finlandese e diventò vicepresidente della Banca europea per gli investimenti. Dal 2020 è direttore della Florence School of Transnational Governance, parte dell’European University Institute, un’università finanziata dall’Unione Europea che ha sede a Firenze. Durante la campagna elettorale Stubb ha detto che la sua decisione di lasciare per sempre la politica, presa sette anni fa, è cambiata dopo l’invasione russa dell’Ucraina.
Pekka Haavisto si era già candidato alle presidenziali nel 2012 e nel 2018, arrivando in entrambi i casi secondo dietro a Niinistö. Se fosse eletto sarebbe il primo presidente apertamente gay nella storia della Finlandia, ma il suo orientamento sessuale sembra essere un problema per gli elettori: recenti sondaggi mostrano che per una persona su tre sia un motivo per non sostenerlo. Durante il suo mandato da ministro degli Esteri, dal 2019 al 2023, Haavisto ha lavorato a stretto contatto con Niinistö sull’adesione del paese alla NATO e nella sua carriera è stato anche un diplomatico per le Nazioni Unite e l’Unione Europea.
Al primo turno di fine gennaio Jussi Halla-aho, ex leader del partito populista di estrema destra dei Finlandesi e presidente del parlamento, era arrivato terzo con il 19 per cento dei voti. I suoi voti potrebbero dunque essere importanti per l’elezione del nuovo presidente, ma a differenza di Stubb e di Haavisto, Halla-aho è molto critico nei confronti dell’Unione Europea, specialmente verso le sue politiche migratorie. Questo potrebbe voler dire che molti dei suoi sostenitori si asterranno dal voto al secondo turno, in parte per protesta e in parte perché gli altri due candidati hanno posizioni simili tra loro. Il risultato potrebbe insomma non avere per loro molta importanza.
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