Secondo Joe Biden la risposta militare israeliana nella Striscia di Gaza è stata «eccessiva»
Il presidente statunitense ha detto alla stampa che sta lavorando intensamente per ottenere almeno un cessate il fuoco temporaneo per il rilascio degli ostaggi
Giovedì sera in un incontro con i giornalisti alla Casa Bianca il presidente statunitense Joe Biden ha espresso una delle critiche finora più forti nei confronti dell’intervento militare israeliano nella Striscia di Gaza, dove da quattro mesi è in corso una guerra tra Israele e Hamas. Biden, che all’inizio della guerra era stato criticato per aver detto che l’uccisione di civili era «il prezzo da pagare per chi inizia una guerra», ha detto in conferenza stampa:
Sono del parere, come sapete, che la risposta nella Striscia di Gaza sia stata eccessiva.
Secondo i dati del ministero della Sanità di Gaza, controllato da Hamas ma considerato generalmente credibile, da quando è iniziata la guerra più di 27mila persone palestinesi sono state uccise. Le Nazioni Unite stimano che circa 1,7 milioni dei 2,2 milioni di abitanti della Striscia sono stati costretti ad abbandonare le proprie abitazioni. In questo contesto, a fine gennaio la Corte internazionale di giustizia, il più importante tribunale delle Nazioni Unite, aveva ordinato a Israele di intervenire immediatamente per attuare «tutte le misure in suo potere» per impedire al suo esercito di commettere atti di genocidio nella Striscia.
Biden ha detto che sta lavorando intensamente per cercare di raggiungere un accordo per un cessate il fuoco almeno temporaneo perché «ci sono un sacco di persone innocenti che sono affamate, che sono in difficoltà e che stanno morendo, e questo deve finire». In particolare, la sua amministrazione starebbe lavorando a un aumento degli aiuti umanitari per i civili palestinesi e per un cessate il fuoco temporaneo che permetta la liberazione degli ostaggi che sono ancora detenuti da Hamas.
Sempre giovedì due membri di rilievo dell’amministrazione Biden – il portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti John Kirby e il vice portavoce del Dipartimento di Stato Vedant Patel – hanno fortemente criticato il piano israeliano di condurre operazioni militari più intense a Rafah, una delle ultime due città dove l’esercito israeliano non è ancora arrivato: negli ultimi mesi vi si sono rifugiate, su esplicita richiesta dell’esercito israeliano, circa un milione di persone, che vivono in grandi tendopoli improvvisate o negli edifici pubblici, a cui manca ormai buona parte dei servizi. L’esercito israeliano si sta preparando a entrare a Rafah, che si trova a sud della Striscia di Gaza al confine con l’Egitto, e che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha definito «una delle ultime roccaforti rimaste ad Hamas».
Kirby ha detto che attaccare Rafah in questo momento «sarebbe un disastro per quelle persone» e che quindi gli Stati Uniti «non lo sosterrebbero»; Patel ha confermato che il governo statunitense «non sosterrebbe un’azione simile senza una previa pianificazione seria e credibile». In risposta a una domanda della BBC, che chiedeva dove sarebbero potuti andare i civili e i rifugiati che al momento vivono a Rafah in caso di un’operazione militare, Patel ha detto che «è una domanda legittima a cui gli israeliani dovrebbero rispondere».