Il politico russo di opposizione Boris Nadezhdin è stato escluso dalle elezioni presidenziali
Lo ha deciso la Commissione elettorale per presunte irregolarità nella raccolta delle firme per la candidatura, come molti sospettavano che sarebbe successo
La Commissione elettorale russa ha escluso la candidatura del politico di opposizione Boris Nadezhdin dalle prossime elezioni presidenziali, che si terranno fra il 15 e il 17 marzo. La Commissione ha detto che c’erano dei problemi con alcune delle firme raccolte per presentare la candidatura. La Commissione è controllata dal governo autoritario di Vladimir Putin, e in molti sospettavano che Nadezhdin potesse essere escluso dalle elezioni per non ostacolare il presidente russo. Putin si è già presentato come candidato e quasi certamente verrà rieletto per un quinto mandato.
Secondo la Commissione elettorale, il 15 per cento delle firme raccolte da Nadezhdin presentava delle irregolarità o apparteneva a persone morte. In Russia per candidarsi alle elezioni come indipendente occorrono 100mila firme raccolte in almeno 40 regioni. Il movimento di Nadezhdin ne aveva raccolte 105mila. Nadezhdin ha detto che farà ricorso alla Corte suprema contro la decisione della Commissione elettorale.
Le elezioni in Russia non sono libere da molti anni: gli altri candidati presidenti sono figure interne al regime, mentre la candidatura di veri oppositori viene spesso respinta con motivazioni risibili. È successo a fine dicembre anche all’ex giornalista Yekaterina Duntsova, una delle più visibili oppositrici di Putin ancora in libertà.
Nadezhdin ha 60 anni e una lunga carriera politica alle spalle; recentemente si era espresso apertamente contro la guerra in Ucraina, attaccando in modo piuttosto diretto il presidente Vladimir Putin. Aveva definito “l’operazione speciale” in Ucraina un «enorme errore», e aveva promesso in caso di elezione di concludere la guerra e ritirare i soldati dal fronte. Ma aveva anche detto di voler liberare i prigionieri politici e aveva definito le limitazioni all’aborto e le leggi contro il movimento LGBTQ+ «cose completamente senza senso, da Medioevo».
Al tempo stesso non erano del tutto chiare le sue intenzioni su altri temi: ora fa parte del partito di centrodestra Iniziativa Civica, ma otto anni fa era osservatore elettorale nella squadra per la rielezione di Putin.
Dopo gli inizi nella politica locale di Mosca negli anni Novanta, nel 1999 fu eletto per la prima volta deputato, con l’Unione delle Forze di Destra. Lavorò come consigliere per Boris Nemtsov, diventato poi uno dei maggiori oppositori di Putin e ucciso nel 2015, e in seguito come assistente di Sergei Kiriyenko, che oggi si occupa di elaborare la politica interna del regime di Putin.
Fu a lungo considerato vicino a Sergei Mironov, leader di Russia Giusta, uno dei partiti di “opposizione sistemica”: sono formazioni politiche che svolgono un ruolo di opposizione “di facciata” all’interno del parlamento russo, ma che su tutte le questioni più importanti votano insieme al partito di Putin, Russia Unita.
Per le sue esperienze politiche passate, c’era un certo scetticismo sulla reale natura della sua opposizione a Putin: c’è chi lo considerava come una possibile espressione dello stesso governo russo, proposta per convogliare il dissenso verso uomini e partiti controllabili. È una cosa già avvenuta in passato in Russia, ad esempio con la creazione del partito Popolo Nuovo dall’imprenditore Aleksei Nechayev, proprietario di un’azienda di cosmetici.