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  • Mercoledì 7 febbraio 2024

A Zanzibar mancano gli alcolici

Ci sono problemi con le aziende che li importano e questo ha influito negativamente sul settore turistico, su cui si basa l'economia del paese

Una spiaggia affollata vista dall'alto a Nungwi, un villaggio nella parte settentrionale di Unguja, la principale isola dell'arcipelago di Zanzibar
Una spiaggia a Nungwi, un villaggio nella parte settentrionale di Unguja, la principale isola dell'arcipelago di Zanzibar (Nina R, Flickr)
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Nell’arcipelago delle isole di Zanzibar, in Tanzania, da qualche settimana non si trovano più alcolici e questo sta causando problemi all’economia locale: il 90 per cento dei ricavi è generato dal turismo, specialmente occidentale. La maggioranza della popolazione locale è musulmana e per questo motivo è vietato produrre l’alcol sulle isole, che viene quindi importato per essere venduto ai turisti. Negli ultimi vent’anni a rifornire le isole di alcolici erano state tre aziende, i cui permessi però non sono stati rinnovati, per ragioni che non sono ancora del tutto chiare.

Le isole di Zanzibar si trovano nell’oceano Indiano e sono da tempo destinazioni turistiche molto popolari: lo scorso anno i visitatori internazionali nell’arcipelago sono aumentati del 16 per cento, superando i 630mila turisti. Le isole sono molto frequentate da turisti francesi, polacchi e americani, ma negli ultimi anni sono aumentati in modo significativo quelli russi e indiani. L’interruzione della fornitura di alcolici ha fatto raddoppiare i prezzi della birra ed è praticamente impossibile trovare whisky o superalcolici nei bar e nei ristoranti, a meno che non si vadano a ordinare a Stone Town, la parte vecchia della capitale Zanzibar.

La carenza di bevande alcoliche è iniziata i primi giorni di gennaio quando l’Ente per il controllo dei liquori di Zanzibar non ha rinnovato i permessi dei tre storici importatori, le aziende One Stop, Scotch Store e ZMMI. Non è stato reso noto il motivo di questo decisione. Per ottenere la licenza, un importatore di alcolici deve essere residente a Zanzibar, dove deve provare di avere un magazzino e un veicolo per le consegne e non avere precedenti penali. Queste aziende devono anche pagare una tassa annuale di 12mila dollari all’Ente.

Poche settimane dopo le licenze sono state concesse a tre nuove aziende, Kifaru, Bevko e Zanzi Imports, che però sono sottoposte a un lungo processo di verifica che provi che nessuna persona straniera sia coinvolta nelle operazioni commerciali, cosa vietata dalla legge. Questo ha portato a un temporaneo blocco della fornitura di alcolici. Intanto, i vecchi importatori hanno presentato ricorso per capire perché i loro permessi non siano stati rinnovati.

A fine gennaio il ministro del turismo di Zanzibar, Simai Mohammed Said, si era dimesso sostenendo che non ci fossero le condizioni per poter proseguire nel suo lavoro, ma alcuni hanno ipotizzato che la scelta avesse anche a che fare con i problemi legati all’approvvigionamento degli alcolici: durante una conferenza stampa Said aveva accusato pubblicamente l’Ente per il controllo dei liquori di gestire male l’industria dei liquori ed era stato accusato di conflitto di interessi, dato che uno dei suoi parenti lavora per una delle società la cui licenza non è stata rinnovata. Queste accuse gli sono state dirette in maniera implicita anche dal presidente di Zanzibar Hussein Mwinyi, che la settimana scorsa ha detto: «Se avete un bar e scoprite che le autorità non hanno concesso il permesso per vendere gli alcolici al vostro bar, allora siate trasparenti e dite al pubblico che c’è un conflitto di interessi».

Frank John Kahamu, segretario dell’Amani Alcohol Merchants Union, ha detto al sito The Citizen che la dipendenza dell’economia dell’isola dal settore del turismo, che include anche il consumo di alcol da parte di turisti che lo richiedano, è tale che più di 3mila persone potrebbero perdere il loro lavoro se la situazione dovesse rimanere com’è.

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