I pescatori di Viareggio rischiano di fallire per la sabbia
Sono rimasti senza lavorare – e senza guadagnare – per quasi tre mesi, perché l'imboccatura del porto viene ostruita dalle mareggiate sempre più frequenti
Sulla banchina del porto toscano di Viareggio, a poche decine di metri dal faro del Muraglione, alcuni operai si aggirano intorno allo scafo di un peschereccio lungo 22 metri, azzurro e bianco: il Vincenzo Milù. Si danno da fare per rimetterlo in sesto dopo l’incidente dell’8 gennaio. All’una e mezza di notte il peschereccio si è incagliato in un banco di sabbia proprio all’imboccatura del porto prima di andare a sbattere contro gli scogli. I quattro pescatori a bordo hanno rischiato molto, ma se la sono cavata con qualche ferita e un grande spavento. Quello del Vincenzo Milù è stato un tentativo forse troppo coraggioso di superare l’ostacolo che per tre mesi ha bloccato i pescatori nel porto: la sabbia, dicono, rischia di farli fallire.
Viareggio, in provincia di Lucca, è uno dei distretti della nautica più importanti in Italia. Sulla strada che porta al molo Marinai d’Italia, verso la darsena dove attraccano i pescherecci, si affacciano decine di cantieri. È facile riconoscerli perché da fuori si vedono le enormi chiglie sospese degli yacht in costruzione o in manutenzione. Il rumore continuo dei flessibili è interrotto soltanto dalle urla degli operai. I cantieri danno lavoro a quasi mille persone, il 10 per cento degli occupati nazionali in questo settore.
La prima darsena del porto fu costruita nel 1819. Negli ultimi 50 anni sono stati aggiunti moli, banchine, canali e massicciate che però non hanno fermato il movimento continuo della sabbia, anzi hanno peggiorato le cose.
Con il prolungamento del molo Marinai d’Italia il paesaggio è cambiato. Oltre il muro che protegge il porto si è via via allargata la spiaggia del Muraglione, che d’estate ospita migliaia di ombrelloni e dove nel 2022 c’è stato un concerto del Jova Beach Party. Alle sue spalle, sul moletto rivolto verso la città, si legge la scritta “Viareggio è il Carnevale” dipinta diversi anni fa. Nella prima banchina dell’avamporto, dove l’acqua dovrebbe essere profonda sei metri, si è formata un’altra piccola spiaggia e le barche non possono più attraccare. Ma il problema più grave riguarda l’imboccatura, cioè il passaggio di ingresso e di uscita dal porto, tra il vecchio faro e il molo principale: un po’ alla volta le correnti hanno portato tonnellate di sabbia, il fondale si è alzato e molte navi pesanti come i pescherecci non riescono a passare.
Succede anche perché non si era mai visto un inverno come questo. Dall’inizio di novembre ci sono state quattro mareggiate, due con onde alte cinque metri e due con onde di sette metri. In passato c’era stata al massimo una mareggiata all’anno con onde alte cinque metri. «Sono onde non arginabili: se ricapitano eventi di questa portata non c’è tecnologia in grado di fermare la sabbia», ha detto il commissario dell’autorità portuale, Alessandro Rosselli. «È una situazione eccezionale, senza precedenti».
Già dal 25 ottobre i pescatori avevano segnalato all’autorità portuale e alla capitaneria il restringimento dell’imboccatura. All’inizio di novembre si poteva passare da poco meno di un terzo dei 120 metri di larghezza del canale di accesso. Con le mareggiate il fondale si è riempito, è diventato sempre meno profondo e il passaggio si è ristretto ancora. Basta un’onda o una raffica improvvisa di vento per spostare la nave verso la sabbia, facendola finire contro gli scogli come è successo al Vincenzo Milù.
Non ci sono molti modi per evitare di incagliarsi. Il comandante del primo peschereccio che tenta di uscire di notte per raggiungere il mare aperto deve navigare molto lentamente e sporgersi per guardare il fondale. Se la manovra è troppo rischiosa torna indietro e avvisa gli altri di rimanere fermi in banchina. Va chiamata anche la capitaneria di porto che aggiorna le prescrizioni e invita tutti a fare attenzione. Una giornata fermi in banchina significa non pescare e quindi non guadagnare nulla: a Viareggio è successo per quasi tre mesi.
Alessandra Malfatti è la presidente della cooperativa “Cittadella della Pesca” che riunisce la maggior parte dei pescatori di Viareggio, una settantina di pescherecci. Negli ultimi mesi ha avuto contatti con l’autorità portuale e la Regione Toscana, responsabile del porto, e allo stesso tempo ha cercato di calmare i pescatori. La tensione costante rende la mediazione complicata. «Molte persone non capiscono che in queste condizioni i pescatori rischiano la vita», dice. «La barca si rovescia in pochi secondi: se riesci a salvarti hai comunque perso il lavoro di una vita. Però non possiamo rimanere nemmeno senza lavoro».
Tra novembre, dicembre e gennaio, i pescatori di Viareggio sono riusciti a lavorare circa dieci giorni. Il mercato del pesce è rimasto chiuso e anche l’indotto ha subito conseguenze: non hanno lavorato manutentori, meccanici di bordo, motoristi. I ristoratori si sono rivolti ad altri mercati del pesce e alcuni pescatori hanno perso le forniture della grande distribuzione conquistate dopo anni di lavoro. Molti hanno minacciato di lasciare Viareggio per andare in altri porti.
La cooperativa per acquistare la benzina e rivenderla a prezzi agevolati, la COPAV, ha dovuto rinunciare alla maggior parte delle entrate. «I pescatori non sanno come pagare gli stipendi di gennaio, i contributi, le rate dei mutui per gli investimenti fatti», continua Malfatti. «Se in un anno lavori tre mesi in meno è davvero dura andare avanti. La stessa cooperativa ha un mutuo da 550mila euro per la costruzione del nuovo mercato ittico. È un progetto molto impegnativo, ci crediamo molto».
Gli armatori degli yacht non hanno questi problemi. In inverno le enormi barche rimangono nei cantieri per la manutenzione e nei rari casi in cui devono uscire dal porto si fanno guidare dalla pilotina dei sommozzatori che indica la rotta da seguire per evitare il fondale troppo basso. Farsi guidare in questo modo è costoso, i pescatori non possono permetterselo.
Da dicembre l’autorità portuale ha messo in funzione una draga proprio all’imboccatura del porto. È una piccola barca bassa e larga, simile a una chiatta: a bordo ha potenti pompe idrauliche che aspirano la sabbia e la spingono al largo con un lungo tubo.
Dall’inizio di febbraio il borbottio dei motori ha dato qualche speranza ai pescatori, anche se per molti giorni la draga non ha potuto aspirare la sabbia, a volte per le onde troppo alte e a volte perché non funzionava: è capitato che si vedessero due alti zampilli nell’acqua intorno alla draga, segno di due perdite di pressione. Il commissario Rosselli comunque ha assicurato che è una delle migliori in Italia. «Purtroppo nella zona interna al porto si trovano anche detriti provenienti dalle banchine, che vengono aspirati dai tubi della draga danneggiandola, come è successo in un caso con un tronco d’albero», ha detto il commissario.
La mattina del 23 gennaio una cinquantina di pescatori esasperati si è presentata fuori dal palazzo del consiglio regionale, a Firenze, con cassette piene di sabbia e alcuni striscioni. «La sabbia non paga le bollette», hanno scritto i pescatori, che hanno chiesto al presidente della Toscana Eugenio Giani un intervento definitivo per risolvere il problema della sabbia nel porto.
Servirebbe per esempio una draga fissa pronta a liberare l’imboccatura dopo ogni mareggiata. Finora ne era stata prevista soltanto una a partire da marzo in vista dell’inizio della primavera, quando inizia il movimento dei cosiddetti diportisti. Quella entrata in funzione a dicembre è provvisoria, fatta arrivare solo per via della sabbia e comunque insufficiente. «Le infrastrutture del porto sono ferme agli anni Cinquanta, anche se siamo il primo polo della nautica in Italia», dice Malfatti. «Sappiamo che le mareggiate più frequenti sono il risultato dei cambiamenti climatici, però un amministratore deve esserne consapevole e intervenire con progetti di lungo periodo».
Giani ha garantito che presto inizieranno i lavori per la costruzione di un sabbiadotto, una conduttura che aspira costantemente la sabbia per riversarla in mare a un chilometro di distanza dalla costa. La sabbia potrebbe essere portata anche su alcuni tratti di spiaggia danneggiata dall’erosione, per estenderli con il cosiddetto “ripascimento”, per esempio nella zona di San Rossore. La regione ha previsto un investimento di circa 7 milioni di euro. Il cantiere dovrebbe durare un anno, almeno secondo le aspettative dei tecnici regionali. Fino a quando non entrerà in funzione, però, i pescatori dovranno arrangiarsi e sperare nel mare calmo, che negli ultimi giorni ha permesso loro di aggirare la sabbia senza troppi rischi.