Cioè, un vecchio giornale per giovanissime
Assecondava le mode e raccontava gli idoli del momento, influenzando la formazione sentimentale e sessuale di generazioni di ragazzine
di Giulia Siviero
Nel 1980, mentre al cinema davano il Tempo delle mele, su alcune televisioni locali veniva trasmesso per la prima volta il cartone animato giapponese Candy Candy e le sale giochi venivano invase dal videogioco Pac-Man, nelle edicole italiane uscì il primo numero di Cioè, il giornalino che con i suoi adesivi e i poster degli idoli del momento riempirà le Smemoranda, il retro dei Nokia e le camere di più di una generazione di ragazzine. Influenzandone, soprattutto, la formazione sentimentale e sessuale. Cioè esiste ancora oggi: non è più un settimanale, ma un quindicinale e, da allora, ha pubblicato quasi 2mila numeri.
Il 7 ottobre del 1980 era un martedì: «Eccovi Cioè» scriveva nell’editoriale di apertura il direttore Paolo Cavallina, conduttore dello storico programma radiofonico di Radio 2 Chiamate Roma 3131: «Da oggi, ogni martedì lo troverete nelle edicole. Il nostro settimanale si chiama Cioè che è la parola più usata dai giovani d’oggi… è un avverbio che anticipa una spiegazione, è quasi la molla di un discorso per il quale occorre un minimo di riflessione, ma è soprattutto un vocabolo facile da ricordare, che si dice bene, non banale, anche se un po’ estroso con quell’accento sulla è che vola come una farfalla…». La farfalla era il simbolo di Cioè, presente a mo’ di accento sul logo di copertina che, all’inizio, era dei colori dell’arcobaleno e che poi diventerà fucsia su fondo giallo.
Cioè è stata la prima rivista ad avere, a partire dal 1982, la copertina e poi anche la quarta di copertina interamente adesiva. Da lì si potevano staccare gli stickers che finivano su diari e armadi, lasciando sagome bianche a forma di Simon Le Bon sul numero appena acquistato. È stato tra i primi giornali a offrire i grandi poster con attori e cantanti che finivano per tappezzare i muri delle camerette di migliaia di adolescenti. Ed è stato il primo giornale ad avere, dal 1986, un gadget infilato nel cellophane. Il primo fu una gomma per cancellare rossa a forma di cuore con la scritta bianca “I ♡ You”. Poi arrivarono gli anellini, i braccialetti, le penne un po’ strane, gli smalti, i rossetti, le matite delle Spice Girls, le pochette e i peluche. Andava Fabio Piscopo in giro a cercare questi oggetti.
Piscopo, morto nel marzo del 2022, fu il fondatore e il primo editore di Cioè. Da ragazzo aveva velleità da pilota automobilistico, proveniva da una famiglia di imprenditori che nel dopoguerra aveva fondato la Ultragas, una delle principali società italiane di distribuzione di gas. Dopo la laurea in economia e commercio alla Luiss di Roma lavorò per qualche anno alla banca Antonveneta finché decise, a 28 anni e con l’aiuto della famiglia, di acquistare la metà della casa editrice Le Muse, specializzata in testi concorrenti dei Bignami. Era stata fondata dal suo professore di greco e latino del liceo, Angelo Buononato. Quando il professor Buononato decise di fare solo l’autore, Piscopo acquistò anche l’altro 50 per cento della casa editrice. E quando, nel 1980, Paola Piscopo, sorella di Fabio, si sposò con Pierguido Cavallina, figlio del giornalista Paolo Cavallina, insieme decisero di pensare a un settimanale per adolescenti.
Marco Iafrate, caporedattore di Cioè dal 1981 al 1987 e direttore dal 2009, ci racconta tutta la storia dal proprio ufficio di Roma, nel quartiere Flaminio. I concorrenti di Cioè, spiega, «erano principalmente due: Dolly, edito da Mondadori, che si occupava soprattutto di tematiche adolescenziali, e Ragazza In, della Universo, che pubblicava anche l’Intrepido e Il Monello e che raccontava soprattutto gli attori, i cantanti e la moda. Avevamo tutti lo stesso target e con il nostro arrivo per un periodo ci fu un bel testa a testa. Cioè riuscì però a mettere insieme le cose arrivando a vendere, tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta, circa 300mila copie, convincendo di conseguenza Piscopo a fondare una casa editrice dedicata: le Edizioni Cioè».
Nella sua lunga storia Cioè ebbe solo per un breve periodo una direttrice responsabile, Monica Ciccolini (moglie di Fabio Piscopo, eletta negli anni Novanta al consiglio regionale del Lazio con Alleanza Nazionale e oggi in Fratelli d’Italia), mentre tutti gli altri direttori furono uomini. Tra loro, negli anni di successo del giornale, ci fu Giorgio Pacifici che oggi è nella redazione del Tg2. Per il settimanale una figura fondamentale, dalla fine dagli anni Ottanta e fino al 2009, fu poi la caporedattrice Marina Mannino che, con altre giornaliste, guidò Cioè in totale autonomia con Fabio Piscopo come referente.
Il giornalino, con il suo formato tascabile, parlava in modo scanzonato, confidenziale e con lo stesso linguaggio usato dalle adolescenti di musica, cinema, moda, televisione e cronaca rosa. E lo faceva quando non era così semplice seguire vita e imprese dei personaggi famosi in tempo reale e quando era obbligatorio attendere il nuovo numero in edicola per scoprire se Leonardo DiCaprio si fosse fidanzato. Ma parlava anche di sentimenti, amore e sessualità a un pubblico quasi interamente femminile che andava dai quindici ai diciott’anni circa. Divenne ben presto, dice Iafrate, una specie «di amico e confidente» e divenne, soprattutto per la sua funzione pedagogica sul sesso, un giornale «trasgressivo»: parlava in modo strutturato di cose di cui nessuno parlava, dando risposte a domande che né a scuola né a casa le ragazze osavano fare.
Sulla copertina del primo numero di Cioè (che costava 600 lire) compariva Franco Gasparri, il volto più famoso dei fotoromanzi degli anni Settanta, poi diventato attore di cinema e tivù. C’erano un servizio di Sandro Paternostro, storico corrispondente Rai da Londra, i testi di alcune canzoni di Edoardo Bennato e un articolo di Antonio Ricci e Beppe Grillo intitolato “Siamo nella fantascienza”: raccontava, in modo ironico, i feriti dell’estate appena trascorsa a causa degli sport da spiaggia che «solo nella prima settimana di agosto» erano stati «più del numero dei sottosegretari del governo Cossiga: un numero incredibile».
In quel primo numero erano presenti molte delle sezioni che sarebbero poi diventate caratteristiche e costanti di Cioè, come i fotoromanzi, all’inizio prodotti da Umberto Mazzarini, già produttore per la Universo e futuro direttore che aveva un cane che si chiamava Cioè. Fu lui a “scoprire” Massimo Ciavarro vedendolo passeggiare per le strade di Roma che nella prima storia del primo numero di Cioè era accanto a Isabella Fogliazza, sedicenne che aveva vinto il titolo di Miss Teenager e che dopo qualche anno scelse di chiamarsi Isabella Ferrari. Ciavarro e Fogliazza, allora giovani sconosciuti, finiranno entrambi per diventare popolari nel cinema italiano.
Dal 1982 i fotoromanzi divennero anche a colori, e cominciarono a essere commentati in una rubrica fissa tenuta da Maurizio Costanzo. E un fotoromanzo con Corinne Clery e Catherine Spaak, attrici già al tempo molto note, fu realizzato in diretta tivù durante la trasmissione Domenica In condotta da Pippo Baudo. La redazione di Cioè, spiega Iafrate, «era inizialmente composta da quattro persone e fra i primi collaboratori della rivista ci furono, tra gli altri, Anna Pettinelli, poi conduttrice radiofonica e televisiva, e Dario Salvatori, giornalista e critico musicale».
Dentro a Cioè si trovavano le classifiche musicali e le interviste «esclusive» alle cantanti e ai cantanti italiani e internazionali già famosi o che da lì a poco lo sarebbero diventati. Tra gli anni Ottanta e Novanta c’erano David Bowie e Claudio Baglioni, Bruce Springsteen ed Eros Ramazzotti che, reduce a 21 anni dalla vittoria a Sanremo nella sezione Nuove proposte nel 1984, raccontava «Sono ancora troppo giovane per saper riconoscere i miei difetti, e poi credo molto in me stesso». Sulla copertina di Cioè finirono Luis Miguel che quando aveva 14 anni a Sanremo diventò famoso con Noi, ragazzi di oggi, e poi gli Wham! di George Michael, gli Spandau Ballet, Joey Tempest e i suoi Europe (“Tempesta di sensi”, era il titolo di quel numero del 1987), Miguel Bosé, Boy George, Bon Jovi, Cindy Lauper, Madonna, le Spice Girls e le varie boyband. L’edizione del 1985 con i Duran Duran andò esaurita in poche ore tanto che molti edicolanti cominciarono a telefonare al distributore chiedendone altre copie.
Anche Lucio Dalla, nel 1981, finì in copertina: nell’articolo all’interno si diceva che «le ragazzine lo trovano bello, a volte bellissimo», che le «femministe gli perdonano la misoginia di Disperato erotico stomp», che aveva «la simpatia del PCI, ma anche del PSI» e che sembrava non dispiacesse «nemmeno all’on. Andreotti». Dal 1985 cominciò a essere regalata in allegato al giornale anche la fanzine “Eco dei sorcini” dedicata a Renato Zero e ai suoi fan, e il festival di Sanremo fu sempre un evento inevitabile per la rivista.
E poi c’erano dive e divi di cinema e televisione: Nick Kamen, protagonista di una famosa campagna pubblicitaria Levi’s in cui rimaneva in boxer in una lavanderia, Tom Cruise in smoking e papillon rosso al tempo della sua prima nomination per l’Oscar, Richard Gere a petto nudo e con le labbra socchiuse, John Travolta con la fascetta tra i capelli scompigliati, Patrick Swayze al momento dell’uscita di Dirty Dancing. Su Dallas e Dynasty venne indetto addirittura un referendum. Poi arrivarono le protagoniste e i protagonisti delle serie TV, come I ragazzi della 3ªC e Beverly Hills 90210, e le ragazze del programma televisivo Non è la Rai.
Per molte madri Cioè era una rivista per ragazze superficiali ed era spesso malvista anche dalle insegnanti a scuola. Ma racimolando le lire necessarie, comprandolo in condivisione o leggendolo di nascosto a casa di un’amica, quel che quelle generazioni di ragazzine cercavano in Cioè erano soprattutto i consigli su relazioni, sesso e sentimenti: «Ti sei innamorata di un boy che non si separa un attimo dal suo best friend. Come fare per dichiarargli ciò che provi senza che l’altro si intrometta?», «Stai insieme a un ragazzo che alle tue amiche non piace, e tu sei presa da mille dubbi… Non allarmarti, e impara a distinguere i consigli sinceri da quella che invece è soltanto gelosia!», erano alcuni dei temi sui quali venivano date indicazioni di buon senso.
Le lettrici, ricorda Iafrate, mandavano moltissime lettere e richieste alla redazione. Sfogliando i numeri degli almeno primi vent’anni di Cioè – che il direttore sparge sulla sua scrivania togliendoli dagli archivi – sembra di ritrovarsi davanti a un più moderno, ma non meno ingenuo, Le italiane si confessano di Gabriella Parca, il libro-raccolta degli anni Cinquanta che mise una accanto all’altra oltre trecento lettere mandate da donne italiane di diverse età alle rubriche della posta del cuore.
«Siamo due fans di 15 e 14 anni. Siamo fidanzate con due bellissimi ragazzi di 20 e 21 anni. Però c’è un problema: loro vogliono avere dei rapporti completi, ma noi non siamo ancora pronte. E poi, anche se lo fossimo, abbiamo paura di restare incinte. Aiutaci tu, perché se diciamo le nostre intenzioni ai nostri ragazzi, ci lasciano e noi non vogliamo perché siamo troppo innamorate.
Due pescioline innamorate pazze (1988)»Risposta di Cioè:
«Attente pescioline, a non cadere nella rete! (…) Per nessuna ragione al mondo un gesto d’amore come un rapporto completo dev’essere condizionato da un vile ricatto come quello dell’abbandono in caso di rifiuto. Se i vostri ragazzi dovessero lasciarvi perché voi – giustamente – non vi sentite ancora pronte, meglio così. Perché vorrebbe dire che quei ragazzi non vi amavano affatto, anzi non vi volevano neanche un po’ di bene».
Molto su Cioè aveva esplicitamente a che fare con il corpo e con la sessualità. E la rivista diventò, di fatto, lo spazio in cui intere generazioni di adolescenti poterono imparare qualcosa. Con la consulenza di psicologi, dietologi, ginecologi, sociologi e sessuologi Cioè aveva rubriche dedicate alla salute sessuale e riproduttiva, e pagine intere con le domande delle lettrici a cui venivano date risposte corrette e informate per quel tempo, ma forse anche per quello presente:
«Cara dottoressa, sono una ragazza di 17 anni e tra sei mesi mi sposo. Ho un grande problema, ora ti racconto: l’altro giorno, dopo essermi lavata le parti intime, ho notato delle perdite di sangue (però non avevo le mestruazioni!) ed adesso ho paura di non essere più vergine».
«L’imene dove si trova? Fuori o dentro la vagina?»
«Mia madre mi proibisce, quando sono indisposta, di frequentare durante l’inverno la piscina poiché è convinta che fare il bagno durante le mestruazioni sia pericoloso, è vero? Ed è vero che durante il flusso non si può stare al sole e non si possono toccare le piante?»
«Caro Cioè, se il mio ragazzo mi tiene per mano sulla strada di scuola posso restare incinta?»
«È possibile fare l’amore quando si è vergini?»
«È vero che per far crescere il seno bisogna mangiare molti funghi?»
«È vero che lo sperma ai ragazzi esce solo di notte?»
«Cara dottoressa, ho una curiosità: una ragazza vergine che fa l’inseminazione artificiale, rimane ancora vergine?»
«Io e una mia amica ci siamo sempre chieste: le donne primitive avevano il ciclo? E come facevano senza assorbenti?»
«Per fare l’amore bisogna essere nudi?»
«Cara dottoressa ho 15 anni e non ho ancora le mestruazioni. Poiché mi masturbo da quando ero molto piccola, non è che sono diventata sterile?»
«È vero che se una ragazza è vergine non può restare incinta?»
«È vero che durante le mestruazioni non ci si deve lavare?»
«Come ci si bacia appassionatamente, cioè come fanno gli adulti?»
Spesso al centro del giornale, fatti di una carta diversa e stampati a due colori, erano presenti degli inserti chiusi più approfonditi, da aprire proprio con le forbici solo “se te la sentivi” (questo era l’avviso per le lettrici). Lì dentro si potevano trovare informazioni sulle mestruazioni, sulla contraccezione, sui consultori, su come sono fatti e su come funzionano gli organi genitali e alcune pagine si rivolgevano direttamente ai maschi. Staccando questi inserti (uno dei quali si intitolava “La mela verde”) ne risultava un manuale completo di educazione sessuale.
Gli esperti intervenivano direttamente anche con articoli dedicati ai pericoli dell’eroina (“Sconfiggiamo la strega”, era uno dei titoli degli anni Ottanta, e «paura, orgoglio e amore» erano le tre parole chiave per uscirne) o alle questioni più complicate da affrontare durante l’adolescenza, come il suicidio.
Su Cioè c’erano dei referendum (a quello del 1983 sul monokini, cioè sul topless, le lettrici si dissero favorevoli), c’erano i test dai quali potevi capire se credevi alla fortuna o se invece la vita te la determinavi da sola, se eri «una tipa da serata romantica o da avventura tra le stelle», se eri sensibile al «colpo di fulmine» o se «prima di lasciarti andare» volevi «essere sicura al 100% dei tuoi sentimenti». C’erano l’oroscopo, la pagina delle poesie delle lettrici, la bacheca con richieste di corrispondenza e vari annunci di scambi o vendite di poster e spille. E c’era anche lì, così come su altri giornali simili del tempo, la pagina delle offerte speciali di prodotti che si potevano ordinare “tramite apposito tagliando” in cui non mancavano mai quella crema «usata con grande successo in America» per farsi crescere «un seno superbo in soli 15 giorni» e gli occhiali a raggi X per «vedere attraverso le cose creando le più divertenti situazioni».
C’erano, infine, fumetti, racconti a puntate da staccare per comporre alla fine un intero romanzo, e c’era il Giallo il cui l’obiettivo era trovare il colpevole: la soluzione andava scritta e spedita su una cartolina e il premio, per alcune, era un Commodore 64 «completo di registratore». C’era, insomma, molto da leggere su Cioè, a differenza delle edizioni più recenti dove il testo scarseggia e il linguaggio si è adattato a quello dei social.
Grazie al successo di Cioè, Fabio Piscopo si inventò anche altri giornali per bambine e adolescenti, come il settimanale Pop’s, e fondò un’altra casa editrice che pubblicò tra l’altro la versione italiana della rivista erotica Penthouse, Vip e il mensile di calcio Goal. Con il tempo Cioè cambiò formato, modificò il proprio logo e dal 2009 è di proprietà dell’editore Panini. Oggi è un quindicinale, ha dei canali social, non ha più il successo di un tempo e l’età delle sue lettrici si è abbassata. La componente testuale si è ridotta, le ragazzine invece delle lettere spediscono mail, la copertina non è più adesiva «perché costerebbe troppo», dice Iafrate, mentre i gadget sopravvivono così come i grandi poster piegati al centro: «Quelli ancora nessuna riesce a scaricarseli dal telefonino».
Soprattutto, Cioè non parla più di sesso come un tempo e ha in qualche modo perso quella funzione che tante adolescenti tra gli anni Ottanta e Novanta ancora oggi gli riconoscono: «Oggi la trasgressione è di altro tipo, come ad esempio spiegare che l’alcol fa male», dice Iafrate: «Ma restiamo vicini alle nostre lettrici nello scoprire i loro primi sentimenti e nel dare loro dei consigli».
Nel numero uscito a metà gennaio la questione sentimentale riguarda ad esempio il come si fa ad attirare l’attenzione di uno che ci piace. La conclusione di Cioè – che ha comunque mantenuto una vicinanza al linguaggio giovanile – è che se lui non ti nota anche dopo averlo avvicinato provando a chiacchierare delle cose che gli interessano, non bisogna «diventare il tipo di ragazza che pensi a lui piacerebbe o, peggio ancora, la sua copia». Perché «nessun ragazzo merita che tu sia qualcosa di diverso da te stessa!». In copertina ci sono i vincitori di XFactor e gli attori del musical di Mare Fuori, diversi youtuber e naturalmente molti tiktoker.