La Corte d’Appello di Milano ha accolto il ricorso contro la trascrizione degli atti di nascita dei figli di tre coppie omogenitoriali

un gruppo di donne davanti a uno striscione con su scritto "famiglie arcobaleno"
Una manifestazione davanti al tribunale di Padova in occasione di un processo sulla trascrizione degli atti di nascita dei figli di alcune famiglie omogenitoriali (ANSA)

La Corte d’Appello di Milano ha accolto il ricorso presentato dalla procura contro la trascrizione dell’atto di nascita dei figli di tre coppie omogenitoriali femminili nati grazie alla fecondazione eterologa (la tecnica di procreazione assistita che prevede la donazione di gameti, in questo caso di spermatozoi). Nel giugno del 2023 il tribunale di Milano aveva invece stabilito che il loro certificato di nascita non andasse modificato, e quindi che venissero riconosciute automaticamente entrambe le madri, anche quella che non aveva portato avanti la gravidanza. La procura aveva presentato un ricorso contro la sentenza, che martedì è stato accolto.

La Corte d’Appello ha quindi stabilito che dal certificato di nascita debba essere tolto il nome della madre intenzionale, cioè appunto quella che non ha portato avanti la gravidanza (quella che l’ha fatto invece è definita madre biologica). La sentenza si basa sulla legislazione attuale e su sentenze simili emesse in passato, che stabiliscono che una persona non possa risultare all’anagrafe figlia di due genitori dello stesso sesso. La procura però ha anche sottolineato la necessità di un intervento legislativo che bilanci adeguatamente «i diritti dei soggetti coinvolti… ivi inclusi quelli del nascituro».

La sentenza, come altre simili, ribadisce insomma che il riconoscimento legale del genitore intenzionale come genitore non può essere automatico. Può comunque essere riconosciuto tramite la stepchild adoption, la procedura con cui il genitore non biologico può adottare i figli del proprio partner, dimostrando ad assistenti sociali e giudici di essere idoneo a essere considerato genitore. È però un procedimento molto contestato che può richiedere anche anni, durante i quali quel genitore è formalmente un estraneo.

Il tribunale di primo grado aveva respinto la richiesta della procura di rimuovere dai certificati il nome della madre non biologica, sostenendo che l’atto di nascita non potesse essere annullato tramite la procedura «di rettificazione» indicata dalla procura, e che servisse invece una procedura specifica di «rimozione dello status di figlio»: quest’ultima però è estremamente complicata, e con ogni probabilità la procura avrebbe fatto fatica ad attivarla (di solito la rimozione dello status di figlio avviene su iniziativa delle parti in causa, come un genitore o un parente).

– Leggi anche: Quanto è complicata la vita delle famiglie non tradizionali in Italia