Il governo italiano non vuole intercedere con quello ungherese per Ilaria Salis
Lunedì ha fatto sapere al padre dell'attivista antifascista detenuta in Ungheria che non farà pressioni per chiedere i domiciliari in Italia
Lunedì diversi membri del governo italiano fra cui il ministro degli Esteri Antonio Tajani e il ministro della Giustizia Carlo Nordio hanno incontrato a Roma il padre di Ilaria Salis, la 39enne italiana arrestata e detenuta in Ungheria in condizioni degradate da circa un anno con l’accusa di avere picchiato un militante neonazista durante un corteo a Budapest.
Il padre di Salis, Roberto, giudicava decisivi gli incontri per provare a trovare una soluzione al caso della figlia: in serata però ha fatto sapere che sono andati «molto peggio di quanto ci aspettassimo». «Non vediamo nessuna azione che possa alleviare la situazione di mia figlia. Siamo stati lasciati soli», ha aggiunto Salis parlando coi giornalisti. Un comunicato stampa diffuso poco dopo gli incontri da Tajani e Nordio ha confermato di fatto che il governo italiano non intende muoversi per liberare Salis, che per accuse teoricamente di poco conto (che continua a respingere, dichiarandosi innocente) rischia fino a 24 anni di carcere.
Salis era stata arrestata nel febbraio del 2023 e da allora si trova in un carcere di massima sicurezza a Budapest. La sua detenzione è diventata un caso politico soltanto un anno dopo, il 29 gennaio, quando è stata portata in catene davanti a un giudice per la prima udienza del suo processo. L’Ungheria è un paese semi-autoritario guidato dal 2010 dal primo ministro Viktor Orbán, di estrema destra, che negli anni ha smantellato il sistema giudiziario senza curarsi del rispetto dei diritti umani di persone imputate e detenute. Le carceri ungheresi in particolare sono in pessime condizioni: sovraffollate, infestate di cimici da letto e senza sistemi di riscaldamento.
Al contempo però il governo di Orbán è un importante alleato di quello di Giorgia Meloni in ambito europeo: i due leader si sono incontrati più volte, anche quando Meloni era una semplice parlamentare di opposizione. Il padre di Salis sperava che questo rapporto potesse facilitare una soluzione al caso della figlia, ma per il momento sembra che il governo italiano non voglia esporsi troppo con quello ungherese.
Lunedì gli avvocati di Salis avevano fatto alcune richieste al governo italiano. Avevano chiesto a Tajani e Nordio di fare pressione perché l’Ungheria conceda a Salis gli arresti domiciliari in Italia, oppure in alternativa nell’ambasciata italiana a Budapest, la capitale dell’Ungheria; e avevano chiesto che il governo fornisse all’Ungheria un documento di garanzia, una nota ufficiale, sul fatto che a Salis sarebbero state applicate le misure cautelari in Italia. I due ministri hanno fatto sapere che i domiciliari in ambasciata non sono possibili, per motivi tecnici e giuridici, mentre fare pressione sull’Ungheria sarebbe «irrituale e irricevibile».
Tajani e Nordio hanno scritto che «i principi di sovranità giurisdizionale di uno stato impediscono ogni interferenza nella conduzione del processo e nel mutamento dello status libertatis dell’indagato»: in sintesi sostengono che il sistema giudiziario ungherese sia indipendente, anche dal proprio governo, e che quindi un governo straniero non può interferire nel suo processo decisionale.
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Salis ha commentato così la posizione dei due ministri: «Sulla nota che avrebbe fornito garanzie sull’applicazione delle misure per i domiciliari in Italia, ritengono che dallo Stato italiano sarebbe mostrata come una excusatio non petita. Mi dicono che ci sono 2.500 italiani in queste situazioni e che non si può fare un’azione preferenziale nei confronti di nessuno. Ma se lasciamo tutti lì siamo uno Stato che difende i cittadini? Ricordiamoci che mia figlia è stata torturata senza carta igienica e senza sapone, e non è uscita neanche una nota di protesta dal nostro ministero degli Esteri».
I due ministri hanno chiesto nuovamente agli avvocati di Salis di insistere per chiedere gli arresti domiciliari in Ungheria. Da giorni i suoi avvocati hanno fatto sapere che le autorità ungheresi hanno già rifiutato tre volte di concedere gli arresti domiciliari a Salis, sostenendo che esista un “pericolo di fuga” dell’imputata. Repubblica scrive che la famiglia e gli avvocati dei Salis avrebbero definito questa proposta «una provocazione».
Sia nel comunicato sia nelle dichiarazioni pubbliche Tajani e Nordio hanno parlato del caso di Salis in termini giuridici, ma diversi commentatori sostengono che la questione possa essere risolta con un accordo politico fra Meloni e Orbán. Meloni però al momento non sembra intenzionata a fare molto di più. Salis fra l’altro è un’attivista antifascista, quindi molto lontana dalle posizioni della presidente del Consiglio e della maggioranza. Nei giorni scorsi è stata più volte attaccata sia da membri del governo, come il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini, sia dai giornali di destra vicini alla maggioranza.