I Verdi sono in crisi un po’ ovunque
Anche nei paesi dove sono storicamente forti stanno perdendo consensi, e a meno di sorprese alle prossime elezioni europee avranno meno seggi di oggi
Le proteste degli agricoltori che nelle ultime settimane sono state organizzate in molti paesi europei riflettono un più consistente calo di consensi per le politiche legate alla sostenibilità ambientale: più o meno dall’inizio della guerra in Ucraina, che ha innescato fra le altre cose un aumento dei costi dell’energia e ha contribuito all’aumento dell’inflazione, sempre meno europei ritengono che il cambiamento climatico sia uno dei problemi più urgenti da affrontare. Secondo l’ultima rilevazione dell’Eurobarometro, un sondaggio annuale commissionato dall’Unione Europea, la preoccupazione nei confronti del cambiamento climatico è inferiore a quella nei confronti dell’inflazione, della migrazione e della stabilità politica interna.
Negli ultimi 12 anni c’è stato un unico momento in cui il cambiamento climatico era in cima alle preoccupazioni degli europei, secondo l’Eurobarometro: la primavera del 2019. Le ultime elezioni europee si tennero proprio in quel periodo, e diversi partiti affiliati con il Partito dei Verdi europei ottennero percentuali notevoli e in certi casi insperate. Nell’attuale parlamento europeo il gruppo parlamentare dei Verdi conta 72 seggi ed è il quarto più numeroso dietro a Popolari (centrodestra), Socialisti (centrosinistra) e Liberali (centro).
Nel prossimo parlamento, a meno di sorprese, il gruppo perderà parecchi seggi. Secondo una recente stima di Politico basata su una media degli ultimi sondaggi realizzati nei 27 paesi dell’Unione, i Verdi perderanno circa un terzo dei propri seggi. Una stima di fine gennaio dell’European Council on Foreign Relations (ECFR) invece prevedeva una riduzione più contenuta, intorno ai 10 seggi. Nessuno, al momento, ritiene che i Verdi possano invece guadagnare seggi.
Alle difficoltà trasversali legate a una maggiore diffidenza sui loro temi storici, diversi partiti Verdi stanno attraversando un periodo complicato nel proprio paese.
Il partito Verde storicamente più forte in Europa, quello tedesco, è lontano dal 20 per cento che ottenne alle elezioni del 2019 ed è in calo costante da circa due anni: al momento è dato intorno al 14 per cento. Con tutta probabilità stanno risentendo della scarsissima popolarità del governo che sostengono dalla fine del 2021, cioè quello guidato dal Socialdemocratico Olaf Scholz.
In Francia alle scorse elezioni europee i Verdi ottennero un sorprendente 13,48 per cento, che equivalse a 12 seggi. Un anno e mezzo fa aderirono al cartello di sinistra NUPES, che però nel frattempo è stato di fatto sciolto: i Verdi francesi si presenteranno alle elezioni europee con una lista autonoma, ma nel frattempo hanno perso un po’ della loro centralità nel dibattito pubblico e l’ECFR stima che riusciranno ad eleggere 8 membri, 4 in meno rispetto al 2019.
In diversi paesi del Sud Europa i partiti Verdi continuano a faticare parecchio, per via di una sensibilità sulla transizione ecologica meno sviluppata rispetto ai paesi del Nord. Alle ultime elezioni politiche in Grecia, nell’estate del 2023, si sono presentati due partiti Verdi, ma in tutto hanno ottenuto meno dell’uno per cento dei voti e non sono nemmeno riusciti a entrare in parlamento. In Italia da un paio d’anni i Verdi hanno una collaborazione stabile con Sinistra Italiana ma da allora galleggiano intorno al 3-4 per cento.
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Gli unici due paesi in cui un partito Verde potrebbe aumentare i propri consensi rispetto al 2019 sono Spagna e Lituania. In Spagna il cartello di sinistra Sumar ha fatto capire che dopo le elezioni europee del 2024 potrebbe aderire al gruppo parlamentare dei Verdi europei, mentre in Lituania il nuovo partito dell’ex primo ministro Saulius Skvernelis si giocherà il secondo posto dietro al Partito Socialdemocratico, e ha già annunciato di avere aderito al Partito europeo dei Verdi.
Avere a disposizione meno parlamentari europei significherà contare di meno, inevitabilmente: nella legislatura in corso è capitato su certi temi si formasse un’alleanza trasversale di centrosinistra che andava dalla sinistra radicale ai Liberali, e di cui i Verdi erano una componente importante. Un loro eventuale ridimensionamento li renderebbe meno centrali e decisivi in caso di voti in bilico. Cosa che potrebbe succedere spesso, dato che in base ai sondaggi di oggi il prossimo parlamento europeo sarà estremamente frammentato e potrebbe non avere una netta maggioranza.
Nei Verdi sta anche avvenendo una sorta di ricambio generazionale delle figure dirigenziali. Lo storico capogruppo dei Verdi al Parlamento Europeo, il belga Philippe Lamberts, non si ricandiderà. L’ex vicepresidente della Commissione Europea nonché responsabile del Green Deal Frans Timmermans è tornato a fare politica nei Paesi Bassi.
Parlando con Politico, Lamberts ha ammesso le recenti difficoltà ma ha lasciato intendere che anche con un numero inferiore di seggi i Verdi potrebbero diventare l’ago della bilancia di una eventuale maggioranza guidata dalla presidente uscente Ursula von der Leyen. «La scelta è molto chiara: noi o ECR», cioè il gruppo parlamentare di estrema destra di cui fa parte Fratelli d’Italia, che stando a tutte le stime dovrebbe aumentare sensibilmente i suoi parlamentari (oggi ne ha 67).