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  • Domenica 4 febbraio 2024

Gli attacchi contro i ribelli Houthi continuano, senza molti progressi

Sabato una coalizione guidata da Stati Uniti e Regno Unito ha colpito 36 obiettivi in Yemen, ma il gruppo non sembra voler fermare gli attacchi nel mar Rosso

Ribelli Houthi
(AP Photo)
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Sabato sera una coalizione militare guidata dagli Stati Uniti e dal Regno Unito ha compiuto una nuova serie di attacchi in Yemen contro vari siti dei ribelli Houthi, un gruppo armato sciita che controlla il nord ovest del paese ed è alleato dell’Iran.

Secondo un comunicato diffuso dalla coalizione, gli attacchi hanno colpito 36 obiettivi in 13 siti nel nord dello Yemen, tra cui depositi di armi e munizioni e sistemi radar, missilistici e di difesa aerea. L’operazione è stata sostenuta da Australia, Bahrein, Danimarca, Canada, Paesi Bassi e Nuova Zelanda.

È stato il secondo attacco più grande dopo quello dello scorso 11 gennaio, quando furono colpiti più di 60 obiettivi in 16 diversi luoghi dello Yemen. Fu il primo attacco di questo tipo: da quel momento gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno compiuto varie operazioni simili, tra cui una piuttosto importante il 22 gennaio.

– Ascolta il podcast: Globo – Che cosa vogliono questi Houthi, con Luca Nevola

Le operazioni della coalizione di paesi occidentali sono da intendersi come una risposta contro gli attacchi che da mesi gli Houthi stanno compiendo contro le navi commerciali che transitano nel mar Rosso: il gruppo sostiene che siano una ritorsione per l’invasione israeliana di Gaza e per la guerra contro Hamas, gruppo sunnita sostenuto dall’Iran.

Inizialmente gli Houthi avevano dichiarato di colpire solo navi collegate a Israele, ma in realtà hanno preso di mira principalmente imbarcazioni britanniche o statunitensi. Secondo un’analisi di BBC News, tra fine novembre e inizio febbraio il gruppo ha colpito 28 navi, di cui sette collegate in qualche modo a Israele.

Gli attacchi degli Houthi stanno causando molti danni e disagi ai commerci internazionali, costringendo le navi a evitare di transitare nel mar Rosso e a percorrere una rotta molto più lunga, che circumnaviga l’Africa e richiede fino a due settimane in più di viaggio. Le conseguenze finora sono state significative e hanno provocato un aumento dei prezzi di molti beni.

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Con le loro risposte militari gli Stati Uniti e il Regno Unito non intendono distruggere gli Houthi, bensì indebolire le loro capacità militari e soprattutto convincerli a fermare i continui attacchi alle navi. Allo stesso tempo gli Stati Uniti vogliono evitare l’inizio di un nuovo conflitto in Medio Oriente, dove la situazione è già molto precaria.

Per ora però sembra che questa strategia non stia funzionando, dato che gli attacchi degli Houthi vanno avanti più o meno regolarmente dallo scorso novembre e il gruppo continua a ripetere di non avere intenzione di fermarsi. In risposta agli ultimi attacchi statunitensi e britannici di sabato, un portavoce degli Houthi ha detto che le operazioni militari continueranno finché Israele non fermerà la sua «aggressione contro Gaza», e quindi fino al raggiungimento di un cessate il fuoco nella Striscia.

Secondo diversi analisti ed esperti di Medio Oriente, è improbabile che la strategia degli Stati Uniti possa avere conseguenze concrete: «Non vedo come questi attacchi aerei possano aiutare gli Stati Uniti a raggiungere i loro obiettivi ed evitare una escalation nella zona», ha detto al New York Times Stacey Philbrick Yadav, una studiosa esperta della regione.

Gli attacchi di sabato seguono una serie di attacchi aerei compiuti venerdì dagli Stati Uniti contro vari siti in Iraq e Siria, controllati da milizie affiliate all’Iran o direttamente dalle Guardie rivoluzionarie, la forza militare più importante del paese. Il 28 gennaio una milizia affiliata all’Iran aveva rivendicato la responsabilità di un attacco contro una base militare in Giordania, nel quale erano morti tre soldati statunitensi.

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