Perché Sgarbi e Sangiuliano litigano da tempo
L'annuncio delle dimissioni da sottosegretario alla Cultura arriva dopo mesi di rapporti conflittuali e a dir poco anomali con il ministro per cui avrebbe dovuto lavorare
Venerdì durante un evento organizzato a Milano dal giornalista Nicola Porro, il critico d’arte Vittorio Sgarbi ha annunciato che comunicherà ufficialmente alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni le proprie dimissioni da sottosegretario alla Cultura, incarico che ricopriva dal 2 novembre 2022. Sgarbi, uno dei più popolari personaggi televisivi italiani, ha detto di aver preso questa decisione dopo aver ricevuto dall’Antitrust – cioè l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) – l’avviso di un’indagine in corso sull’incompatibilità tra la sua attività di sottosegretario e una serie di prestazioni autonome retribuite. La vicenda aveva portato a non pochi imbarazzi nel governo.
Come detto dallo stesso Sgarbi venerdì e come si evince dal testo della lettera dell’Antitrust, l’indagine è stata avviata dopo che il ministero della Cultura aveva ricevuto una denuncia anonima sui presunti illeciti del sottosegretario e l’aveva trasmessa a ottobre all’Antritrust stessa. Rispondendo ad alcune domande a margine dell’evento di venerdì, Sgarbi ha detto di non aver sentito il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e di non avere contatti con lui dal 23 ottobre. «Del resto non potevo sentire una persona che riceve una lettera anonima e la manda all’Antitrust. Le lettere anonime si buttano via, gli uomini che hanno dignità non le accolgono», ha detto Sgarbi.
Le attività oggetto di indagine sono una serie di partecipazioni a conferenze, inaugurazioni di mostre e presentazioni di libri. Il procedimento sarebbe già stato chiuso e le conclusioni dovrebbero essere rese note lunedì, ha scritto Repubblica, e Sgarbi ha già annunciato che farà ricorso al Tar contro il pronunciamento dell’Antitrust. Le sue dimissioni arrivano al termine di un periodo contraddistinto da molte polemiche per un’altra indagine che lo coinvolge, per autoriciclaggio di beni culturali, e da molti commenti sul suo rapporto conflittuale con il ministro Sangiuliano. Che è un’anomalia, rispetto alle relazioni di stima e collaborazione che si presume debbano intercorrere tra un ministro e una persona con cui dovrebbe collaborare strettamente.
Sebbene Sgarbi abbia ringraziato la presidente Meloni di non avergli chiesto le dimissioni e di aver detto di aspettare le indicazioni dell’Antitrust, parlando con Repubblica ha aggiunto di non essere stato chiamato ancora da nessuno: «La tolgo dall’imbarazzo e mi dimetto, avendo ricevuto prima il provvedimento».
Diversi giornali hanno descritto gli sviluppi recenti della vicenda come una prova delle crescenti difficoltà del governo e di Forza Italia nel difendere la posizione di Sgarbi, che già tra il 2001 e il 2002 aveva ricoperto la carica di sottosegretario alla Cultura nel governo di centrodestra guidato allora da Silvio Berlusconi. L’incarico gli fu revocato in seguito a una serie di contrasti con il ministro dei Beni e delle Attività culturali Giuliano Urbani, di cui aveva chiesto le dimissioni.
I dissidi tra Sgarbi e Sangiuliano erano emersi una prima volta a giugno del 2023, quando Sgarbi aveva fatto battute sessiste durante un proprio discorso a un evento pubblico organizzato dal MAXXI, il Museo nazionale delle arti del XXI secolo di Roma. Sangiuliano aveva scritto una lettera aperta al presidente del MAXXI, Alessandro Giuli, dicendosi «da sempre e categoricamente lontano da manifestazioni sessiste e dal turpiloquio».
Successivamente, a ottobre, il ministro aveva detto in un’intervista al Fatto Quotidiano di essere «indignato dal comportamento di Sgarbi», riferendosi alle inaugurazioni e alle mostre a cui continuava a partecipare anche da sottosegretario. «Mai avrei pensato che si facesse pagare per queste cose», aveva aggiunto, puntualizzando un aspetto da lui considerato centrale ma secondo Sgarbi non rilevante. In un’intervista data al Corriere dopo l’avviso ricevuto dall’Antitrust Sgarbi ha detto che «la questione non è se le attività sono a pagamento o sono gratuite» e che «l’incompatibilità vale in tutti e due i casi», chiarendo di aver ricevuto per le attività oggetto di indagine «circa 150mila, 200mila euro, tutti fatturati e regolarmente denunciati».
In base alla legge 215 del 2004 contro i conflitti d’interessi, che regola il comportamento che i titolari di cariche di governo possono seguire e stabilisce una serie di incompatibilità, un sottosegretario non potrebbe svolgere nessun altro impiego, pubblico o privato, né «esercitare attività professionali o di lavoro autonomo in materie connesse con la carica di governo, di qualunque natura, anche se gratuite». Sgarbi sostiene che le sue attività parallele siano occasionali, sebbene molto frequenti, e non possano essere inquadrate come professionali.
A ottobre Sangiuliano aveva detto di vedere Sgarbi molto raramente perché voleva «averci a che fare il meno possibile», e aveva chiarito che la decisione di nominarlo sottosegretario non era stata sua, e che i sottosegretari li nomina la presidente del Consiglio. Aveva criticato Sgarbi anche per altre ragioni: «Va in giro a promettere cose irrealizzabili» per conto del ministero, «che ha solo 20 milioni in bilancio per acquistare beni». In quella stessa occasione Sangiuliano aveva già reso noto di aver segnalato le presunte incompatibilità delle attività di Sgarbi all’Antitrust, l’autorità competente su queste questioni, e di averne informato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
Da allora Sgarbi è stato oggetto di altre critiche che hanno ulteriormente indebolito la sua posizione nel governo. È indagato in un’inchiesta avviata dalla procura di Imperia che riguarda un quadro attribuito al pittore senese del Seicento Rutilio Manetti, rubato nel 2013 dal Castello di Buriasco, in provincia di Torino. Un quadro identico intitolato “La cattura di San Pietro” era stato esposto nel 2021 in una mostra a Lucca, e presentato come un inedito di proprietà di Sgarbi, che sostiene che quello rubato sia una copia del suo.
In un’altra inchiesta parallela, avviata dalla procura di Macerata, Sgarbi è accusato di aver tentato di trafugare all’estero un quadro del pittore Valentin de Boulogne pur non essendo in possesso dell’attestato di libera circolazione o della licenza di esportazione. Inoltre, il 30 gennaio, Sgarbi è stato condannato al pagamento di una multa di 2mila euro per aver diffamato l’ex sindaca di Roma, Virginia Raggi, per un fatto risalente al 2018.