I primi attacchi aerei statunitensi in Iraq e Siria
È l'inizio della risposta militare all'attacco contro la base statunitense in Giordania: sono stati colpiti almeno 85 obiettivi in sette località
Venerdì pomeriggio (sera in Italia) gli Stati Uniti hanno compiuto vari attacchi aerei contro almeno sette diverse località in Iraq e in Siria. È stata la prima parte della risposta statunitense all’attacco subìto domenica scorsa contro la base militare in Giordania “Tower 22”, nel quale erano stati uccisi tre soldati e circa 50 erano stati feriti. Il presidente Joe Biden aveva attribuito la responsabilità a milizie attive nella regione e finanziate dall’Iran, e l’operazione era stata poi rivendicata da Resistenza islamica, una milizia sostenuta dall’Iran e basata in Iraq.
In risposta, gli Stati Uniti hanno colpito almeno 85 obiettivi, tra cui depositi di armi e munizioni, basi operative e centri dell’intelligence legati sia alle milizie sostenute dall’Iran sia alle Guardie rivoluzionarie, la forza militare più importante dell’Iran. Non sono però stati compiuti attacchi in territorio iraniano.
L’operazione è iniziata quando in Iraq e in Siria era all’incirca mezzanotte, è durata 30 minuti e sono stati usati circa 125 tra missili, bombe e altre munizioni. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, una ong con sede nel Regno Unito, almeno 18 persone sono state uccise negli attacchi.
Il New York Times ha verificato due video pubblicati su Instagram in cui si vedono scene dell’attacco nella zona di al-Qaim, in Iraq, dove hanno sede un deposito di armi e varie basi operative delle milizie filoiraniane.
NY Times verified 2 videos filmed in Al Qaim, Iraq, showing a series of fires & explosions from U.S. airstrikes. pic.twitter.com/IO6mcoDnlo
— Ian Ellis (@ianellisjones) February 3, 2024
John Kirby, il portavoce per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, ha detto che i siti «sono stati scelti con cura per evitare vittime civili», e ha confermato che il governo iracheno era stato avvisato in anticipo degli attacchi.
Kirby ha ribadito che gli Stati Uniti non intendono iniziare una guerra con l’Iran, ma stanno colpendo in modo mirato gli ufficiali delle Guardie rivoluzionarie che hanno collaborato con le milizie. Negli ultimi giorni anche il segretario della Difesa, Lloyd Austin, aveva chiarito di voler evitare un ulteriore allargamento del conflitto nella regione: «Ci sono modi per gestire questa cosa senza che vada fuori controllo, e questo è stato il nostro obiettivo nell’elaborare una risposta», aveva detto.
Con tutta probabilità gli attacchi statunitensi in Medio Oriente continueranno nei prossimi giorni, come confermato da vari ufficiali e anche dal presidente Biden: «La nostra risposta è iniziata oggi, e continuerà nel momento e nel luogo che sceglieremo», ha detto.
La vicenda si inserisce nell’ambito della guerra in corso tra Hamas e Israele nella Striscia di Gaza, iniziata lo scorso ottobre. La guerra sta creando tensioni in tutto il Medio Oriente: tra le altre cose, negli ultimi mesi vari gruppi armati sostenuti dall’Iran hanno fatto almeno 166 attacchi con missili e droni contro le basi militari statunitensi in Siria e Iraq. Gli Stati Uniti sono tra i principali alleati di Israele, storico rivale dell’Iran.
Domenica le milizie filoiraniane avevano compiuto l’ultimo attacco contro una base militare statunitense in Giordania, in seguito al quale gli Stati Uniti avevano annunciato l’intenzione di rispondere militarmente.
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