La destra si è divisa anche in Sicilia
La Lega ha votato contro una norma voluta da Fratelli d'Italia per salvare tre suoi consiglieri regionali che non potevano essere eletti
Mercoledì la maggioranza di destra che sostiene la giunta regionale del presidente Renato Schifani ha perso tre votazioni in pochi minuti all’Assemblea regionale siciliana (ARS), che è il nome del Consiglio regionale dell’isola. La sconfitta è dovuta in particolare alla decisione di una parte della Lega e della Democrazia Cristiana (DC) – partito piuttosto forte a livello locale e guidato dall’ex presidente della Sicilia Totò Cuffaro – di votare insieme alle opposizioni contro l’approvazione di una norma che aveva l’obiettivo di regolarizzare l’elezione di quattro deputati (così si chiamano i consiglieri regionali siciliani), di cui tre di Fratelli d’Italia.
I deputati in questione erano stati eletti alle regionali di settembre del 2022, ma per gli incarichi extra politici che ricoprivano non avrebbero potuto essere eletti, e al momento è concreta la possibilità che vengano estromessi dall’ARS. La legge è considerata problematica perché agirebbe in modo retroattivo, cioè cambierebbe i requisiti per l’elezione del 2022, una pratica su cui ci sono dubbi di costituzionalità. Perdendo 3 deputati nell’ARS, inoltre, Fratelli d’Italia non sarebbe più il primo partito in Sicilia, ma lo diventerebbe Forza Italia (oggi hanno rispettivamente 13 e 12 deputati nell’ARS).
Una legge regionale del 1951, modificata più volte in tempi recenti, vieta a chi ha ruoli in società pubbliche controllate dalla regione di essere eletto all’ARS. Da mesi Fratelli d’Italia propone una norma che interpreta in senso molto più permissivo questa legge, così da trovare una soluzione per sanare la posizione di tre suoi deputati regionali che invece al momento della loro elezione avevano questo tipo di incarichi: Carmelo Nicotra, Giuseppe Catania e Nicola Catania. È la stessa situazione in cui si trova anche un deputato di opposizione, Davide Vasta, del partito Sud chiama Nord. Dati i motivi per cui è stata proposta, la norma è stata rinominata dai giornali e dall’opposizione “legge salva-ineleggibili”.
Nonostante la contrarietà della Lega e la perplessità di una parte di Forza Italia, partito che esprime il presidente della regione, Fratelli d’Italia aveva preteso e ottenuto che questa norma venisse discussa in via prioritaria, posticipando l’analisi di altri provvedimenti. La questione è particolarmente urgente perché due dei deputati di FdI, Nicola Catania e Giuseppe Catania, sono già stati dichiarati ineleggibili in primo grado da un tribunale, e hanno presentato ricorso contro le rispettive sentenze. Schifani, per non inimicarsi Fratelli d’Italia, che è il partito della presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il primo nel parlamento nazionale, ha accettato questa inversione dei lavori, ma nel farlo ha provocato il risentimento di Lega e DC.
Percependo le tensioni all’interno della maggioranza, mercoledì i gruppi di opposizione hanno chiesto che si procedesse col voto segreto: un modo per consentire di votare senza pressioni ai franchi tiratori, cioè a coloro che avessero avuto intenzione di dissociarsi dalle indicazioni ufficiali dei loro partiti. E in effetti, nei tre voti che ci sono stati sulla norma contestata voluta da Fratelli d’Italia, la maggioranza è venuta meno: la prima votazione è finita 31 a 31, la seconda 36 a 27 per i contrari e la terza 34 a 30. La legge è stata così respinta, e almeno per qualche mese sarà difficile che venga riproposta. Resta dunque un vincolo di incompatibilità che grava sui quattro deputati regionali, la cui permanenza all’ARS sarà ancora oggetto di ricorsi e contenziosi.
Ma le conseguenze maggiori sono probabilmente politiche e riguardano la tenuta della giunta di Schifani. Il presidente siciliano ha assistito alla seduta di mercoledì sperando che la sua presenza valesse a scongiurare delle rotture, ma ha infine abbandonato l’aula dell’ARS molto irritato al termine delle votazioni. Subito dopo la sconfitta subita, i deputati di Fratelli d’Italia si sono riuniti in assemblea, senza spiegare cosa intendano fare e se prenderanno decisioni nel breve periodo. Si sono consultati anche coi dirigenti nazionali del partito. In serata i quattro assessori di Fratelli d’Italia che fanno parte della giunta hanno deciso di non partecipare alla riunione che ha approvato le nomine dei direttori generali delle 15 strutture sanitarie regionali e dei 3 policlinici universitari siciliani.
Non è ancora chiaro se questo gesto di Fratelli d’Italia sarà isolato o determinerà l’effettiva apertura di una crisi per la giunta. I deputati siciliani del partito hanno fatto sapere che sono in attesa di ricevere indicazioni dai dirigenti nazionali, ma mercoledì sera hanno fatto avere una nota ufficiosa all’agenzia ANSA in cui si lamentavano della votazione sui direttori generali avvenuta senza di loro e minacciavano l’apertura di una crisi di governo in Sicilia.
Schifani, che è presidente della regione dal settembre del 2022 e ha già superato varie tensioni all’interno del suo partito e della sua maggioranza, finora non ha commentato pubblicamente la faccenda. La crisi siciliana arriva in una fase in cui le relazioni tra gli alleati di destra che sostengono il governo di Meloni sono piuttosto tese proprio nella definizione degli equilibri di potere a livello locale, anche per i conflitti legati alla scelta dei candidati presidenti per le regioni in cui si voterà nel 2024, e cioè Sardegna, Abruzzo, Umbria, Piemonte e Basilicata.
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