Ce sta ’o “Mare fuori”

Nel senso che sono usciti i primi 6 episodi della quarta stagione: è la serie Rai più di successo dell'ultimo periodo, ma ci ha messo vent'anni a essere realizzata

di Giuseppe Luca Scaffidi

(Rai)
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Da giovedì su RaiPlay, la piattaforma di streaming della Rai, sono disponibili i primi sei episodi della quarta stagione di Mare fuori, serie italiana che racconta la storia di un gruppo di adolescenti detenuti all’interno di un IPM (Istituto Penale per Minorenni) di Napoli e che nell’ultimo anno ha raggiunto una popolarità trasversale e inaspettata.

Mare fuori è stata distribuita in più di 20 paesi, tra cui Germania (dove va in onda su Disney+), Stati Uniti (MHz Choice), Israele (HOT) e tutta l’America Latina (HBO Max). Il suo universo narrativo è stato inoltre ripreso in un musical tratto dalla serie, diretto da Alessandro Siani e portato in scena in diversi teatri italiani, e a giugno il produttore Roberto Sessa aveva annunciato un film spinoff per il cinema, che dovrebbe uscire entro la fine del 2024.

Mare fuori è considerato un caso abbastanza eccezionale dalla maggior parte degli addetti ai lavori perché è un raro esempio di produzione italiana in grado di intercettare l’interesse di due tipologie di spettatori molto distanti per età e abitudini di fruizione.

Nell’ultimo anno la serie è stata vista da moltissime persone nate tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Dieci del Duemila (quelle che fanno parte della cosiddetta “Generazione Z”), che la considerano molto vicina a loro per linguaggio e temi trattati. Allo stesso tempo però Mare fuori è riuscita a farsi apprezzare anche da un pubblico più adulto e meno avvezzo alle piattaforme di streaming, che ha ancora la televisione come riferimento.

Cristiana Farina, l’ideatrice della serie, racconta che aveva in mente di realizzare una produzione simile a Mare fuori già agli inizi degli anni Duemila. «Quando lavoravo come sceneggiatrice di Un posto al sole, il direttore del carcere minorile dell’isola di Nisida, in provincia di Napoli, mi invitò ad assistere a uno spettacolo teatrale fatto dai detenuti». In quell’occasione Farina conobbe alcune delle persone che vivevano nella struttura, tra cui «una ragazza rom intelligente e socievole che si era fatta arrestare consapevolmente, per evitare di sposare l’uomo a cui era stata promessa dai genitori in cambio di una dote. Non era la prima volta che accadeva: a ogni arresto il suo prezzo diminuiva, e il suo obiettivo era svalutarsi completamente per riuscire a essere libera».

Più o meno vent’anni dopo quella ragazza sarebbe diventata Naditza, uno dei personaggi più apprezzati di Mare fuori, interpretato da Valentina Romani, che nella serie finisce in carcere proprio per sfuggire a un matrimonio combinato organizzato dal padre. Farina incontrò anche un’altra ragazza, che stava scontando la sua pena a Nisida per «uno di quei delitti senza spiegazione»: aveva ucciso una suora laica con decine di coltellate. Questa storia sarebbe diventata la base per la costruzione del personaggio di Viola (Serena De Ferrari).

Farina continuò a visitare il carcere di Nisida come volontaria, partecipando a diversi progetti e laboratori in cui era coinvolta anche Maddalena Ravagli, che avrebbe poi lavorato come sceneggiatrice alla serie Gomorra. Quell’esperienza culminò nella scrittura di un soggetto per una serie, Nisida, che nelle intenzioni avrebbe dovuto essere «una serie simile a Mare fuori per temi e toni, ma vent’anni prima». I diritti furono acquistati dalla Rai, e Farina scrisse anche la sceneggiatura del primo episodio. Alla fine però il progetto fu interrotto: «lo ripresi soltanto dopo molti anni, quando i diritti che la Rai deteneva sul soggetto scaddero», racconta.

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Nel 2018 il progetto fu ripresentato in Rai dal produttore Roberto Sessa per la società di produzione Picomedia, e Farina ricominciò a lavorarci con l’aiuto dello sceneggiatore Maurizio Careddu. «Per prima cosa abbiamo deciso di cambiare il titolo: non volevamo identificare la serie con un luogo preciso, così l’abbiamo chiamata Mare fuori, lasciandoci ispirare dallo stupendo panorama che si può vedere fuori dal carcere dell’isola di Nisida».

Il secondo passo fu lavorare sulla caratterizzazione dei personaggi per attualizzarli: «Volevamo parlare al presente, farli assomigliare il più possibile a degli adolescenti di oggi» facendo attenzione a vari dettagli, come il linguaggio, le modalità di interazione e i consumi culturali.

L’idea di fondo, però, rimase la stessa che Farina aveva in mente vent’anni prima: «Volevamo puntare l’obiettivo sulle difficoltà che i giovani provano nel comunicare i propri disagi verso l’esterno, e sul potere degli educatori di cambiare qualche destino». Farina afferma che l’altro tema fondamentale di Mare fuori riguarda la concezione odierna dell’esperienza del carcere, che non andrebbe vissuto in un’ottica repressiva e punitiva ma rieducativa, come vorrebbe la Costituzione. «La detenzione viene rappresentata quasi sempre come un momento di grande sofferenza, quando in realtà dovrebbe rappresentare qualcosa di edificante, in un certo senso: un momento per riflettere sulle proprie azioni e tagliare i ponti con tutto ciò che c’è all’esterno».

L’introduzione fin dalla prima puntata del personaggio di Filippo Ferrari (Nicolas Maupas), che non era stato previsto nell’idea iniziale di vent’anni fa, ha consentito di allargare lo sguardo e rappresentare ulteriori fenomeni. A differenza della maggior parte degli altri detenuti, Ferrari è un diciassettenne milanese di buona famiglia con un promettente futuro da pianista, finito in carcere dopo la morte di un amico a causa di un gioco finito male. Gli altri ragazzi dell’IPM lo soprannominano chiattillo, cioè figlio di papà, sottolineando come sia cresciuto in un contesto sociale profondamente diverso dal loro, cresciuti a Napoli e spesso in contesti di criminalità. «Probabilmente funziona perché porta in sé diversi conflitti: quello tra il Nord e il Sud, tra il ricco e il povero, tra il colto e l’incolto. È il pesce fuor d’acqua, e restituisce uno sguardo simile a quello della maggior parte degli spettatori di Mare fuori, che non ha mai avuto l’occasione di conoscere da vicino la realtà del carcere minorile».

Un altro dei personaggi che Farina e Careddu hanno aggiunto all’idea iniziale è quello di Carmine Di Salvo (Massimiliano Caiazzo), figlio di un boss della camorra che cerca di distaccarsi dall’ambiente criminale in cui è cresciuto. Una parte importante delle storie raccontate nelle prime tre stagioni ruota proprio attorno all’amicizia tra Filippo e Carmine, «due personaggi che incarnano prospettive opposte e che riescono a unirsi nonostante le loro differenze, superando le loro fragilità».

Dopo l’uscita e il successo di Mare fuori Maupas ha cominciato a comparire un po’ dappertutto come protagonista di serie che rientrano nel cosiddetto genere “teen drama”, dove cioè i protagonisti sono soprattutto giovani adolescenti. Caiazzo ha invece recitato in Filumena Marturano, film diretto da Francesco Amato e tratto dall’omonima commedia di Eduardo De Filippo.

– Leggi anche: Nicolas Maupas è ovunque

Più in generale comunque Mare fuori ha avviato la carriera di molti giovani membri del suo cast, che si sono già visti in altre serie e film: come Valentina Romani, Giacomo Giorgio e Domenico Cuomo. Al di là degli impegni cinematografici, poi, molti membri del cast di Mare fuori hanno approfittato della loro fama per creare account su Instagram e TikTok molto attivi e seguiti. Un esempio è quello di Maria Esposito, che interpreta Rosa Ricci e ha più di un milione di follower, o di Artem Tkachuk, l’attore di origini ucraine che nella serie interpreta Pino, chiamato dagli altri detenuti “’o pazzo”. Sui social è piuttosto facile trovare video rubricati come “Le perle di Pino” che raggruppano le sue battute e le sue scene più celebri.

Inizialmente quasi nessuno credeva che Mare fuori potesse diventare il fenomeno che è oggi: le prime due stagioni, andate in onda tra il 2020 e il 2021 su Rai 2, ottennero un riscontro tutto sommato nella norma per gli standard della televisione pubblica. Questo perché gli spettatori che le guardarono erano perlopiù persone di una certa età, abituate ai ritmi degli sceneggiati televisivi in prima serata e a cadenza settimanale.

La formula era poco adatta per generare un interesse nel pubblico più giovane, che solitamente guarda le serie in una maniera molto diversa grazie alla libertà concessa dalle piattaforme di streaming. Non a caso, la popolarità di Mare fuori crebbe a partire dal giugno del 2022, quando Netflix inserì le prime due stagioni nel suo catalogo. La maggior parte delle persone venne a conoscenza della sua esistenza solo in quel momento: in poche settimane raggiunse il primo posto nella classifica delle 10 serie più viste sulla piattaforma e rimase nella sezione dei programmi più visti in Italia per più di venti settimane.

Grazie al passaparola diventò un argomento di discussione molto gettonato sui social, in particolare su TikTok, dove influencer e creatori di contenuti iniziarono a commentare gli episodi e a dedicare centinaia di video ai protagonisti della serie. La notorietà di Mare fuori aumentò ulteriormente durante la scorsa edizione del Festival di Sanremo, quando il cast fu invitato all’Ariston per presentare la terza stagione. Sempre in quei giorni Chiara Ferragni, l’influencer più seguita d’Italia e presentatrice a Sanremo, pubblicò alcuni video su Instagram in cui diceva di non riuscire a smettere di guardarla.

Prendendo esempio dal successo riscosso su Netflix, nel febbraio del 2023 la Rai decise di mandare in onda la terza stagione in una modalità mai sperimentata prima. Scelse di distribuirla inizialmente su RaiPlay, pubblicando i 12 episodi in due sessioni (i primi sei il 1º febbraio, gli altri il 13), e di trasmetterla su Rai 2 con la tradizionale programmazione settimanale soltanto in un secondo momento, a partire dal 15 febbraio.

Prediligere una modalità di distribuzione (lo streaming) congeniale alle giovani generazioni, consentendo la visione consecutiva di più episodi messi online tutti nello stesso momento, si rivelò la scelta giusta: nelle due settimane di messa in onda, RaiPlay registrò 105 milioni di visualizzazioni, il numero più alto dalla sua nascita.

Mare fuori è l’ennesimo caso di prodotto culturale ambientato a Napoli a riscuotere un successo internazionale. Questa tendenza era iniziata nel 2011 con l’uscita di L’amica geniale, il primo libro dell’omonima tetralogia scritta da Elena Ferrante, diventato prima un caso editoriale in Italia e ancora di più nei paesi anglosassoni, dove è entrato nei primi posti delle classifiche di vendita ed è stato recensito con entusiasmo da autorevoli critici letterari, e poi una serie tv prodotta dalla Rai e dalla casa di produzione statunitense HBO. Tre anni dopo andò in onda la prima stagione di Gomorra, serie ispirata all’omonimo libro d’inchiesta scritto dal giornalista Roberto Saviano e incentrata sulla lotta per il potere dei clan della Camorra a Napoli. Gomorra ha vinto numerosi premi ed è diventata un successo internazionale: è stata anche esportata in più di 190 paesi, diventando una delle più famose produzioni italiane all’estero. Anche grazie a Gomorra, Napoli è diventata l’ambientazione di migliaia di produzioni cinematografiche, televisive e pubblicitarie, più che di qualsiasi altro capoluogo italiano.

Mare fuori, insomma, si è inserita in questo filone in un momento in cui l’immaginario napoletano è entrato stabilmente a far parte dei gusti del pubblico generalista. Secondo Farina, però, la centralità di Napoli per la letteratura e il cinema non è un fatto così recente: «Offre spunti di riflessione e racconto da sempre, probabilmente perché è una città piena di conflitti. Succedono un sacco di cose, puoi vedere persone con retroterra diversissimi che interagiscono quotidianamente: è la città in cui “mondo di sopra” e “mondo di sotto” si parlano di più. Osservando quello che succede a Napoli uno sceneggiatore riesce a trovare molti spunti, che spesso si tramutano in storie da raccontare».

L’esempio più immediato di quanto Napoli sia diventata familiare agli spettatori è l’evoluzione che ha interessato la lingua: se fino a una decina di anni fa il napoletano era quasi sconosciuto alla maggior parte delle persone, oggi è un dialetto che viene utilizzato regolarmente non soltanto nelle serie, ma anche nella musica. Da qualche anno è piuttosto frequente trovare brani scritti in napoletano nei primi posti delle classifiche musicali, e alcune delle canzoni più ascoltate su Spotify lo scorso anno sono tratte proprio dalla colonna sonora di Mare fuori.

«Per la scrittura dei testi mi sono lasciato ispirare dalla sceneggiatura, mantenendo un certo contatto con le storie che intendevamo raccontare», dice Gennaro Della Volpe, conosciuto come il nome d’arte Raiz, che nella serie interpreta il personaggio di Don Salvatore Ricci e che ha collaborato con Stefano Lentini alla realizzazione della colonna sonora della serie.

Oltre ad aver recitato in diversi film e serie tv italiane, Raiz è anche un cantautore in attività da più di trent’anni, voce del gruppo reggae partenopeo Almamegretta. Racconta che il successo riscosso dalle canzoni di Mare fuori ha contribuito a «un’operazione di sdoganamento della lingua napoletana che va avanti già da qualche anno, almeno dai tempi di Gomorra, ma che ha raggiunto il suo apice solo di recente». Quando Raiz ha iniziato a scrivere canzoni, i produttori discografici consideravano il napoletano un ostacolo alla diffusione della musica. Oggi le cose sono cambiate: «Ai tempi era inimmaginabile entrare in classifica scrivendo in napoletano. Oggi va quasi di moda: forse il pubblico ha apprezzato la sua musicalità e, in un certo senso, anche il suo lato più giocoso, dato che è sempre interessante scoprire il significato delle parole che non conosciamo».

La canzone largamente più conosciuta della serie è ’O mar for, quella che si ascolta nei titoli di testa. L’ha scritta Matteo Paolillo, l’attore che interpreta il personaggio di Edoardo Conte, che oggi ha più di 700mila ascoltatori mensili su Spotify. «Dato che ho partecipato all’arrangiamento, mi è stato chiesto di comparire come coautore del pezzo, anche se in realtà è stato scritto interamente da Matteo. Probabilmente pensavano che vedere il mio nome nel titolo del brano potesse renderlo più popolare. Alla fine è successo il contrario: la canzone è diventata un tormentone, e la menzione nel titolo è servita soprattutto a me».