Il governo ha approvato un decreto per aiutare l’indotto dell’ex ILVA
Prevede prestiti garantiti dallo Stato e cassa integrazione per le aziende che dipendono dall'acciaieria di Taranto
Giovedì il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto-legge con alcune misure per aiutare le aziende che fanno parte dell’indotto di società poste in amministrazione straordinaria, ossia quella procedura del diritto fallimentare che permette alle aziende in crisi di restare operative concordando con un tribunale un piano di risanamento dei debiti.
Come nel caso del decreto sull’amministrazione straordinaria di metà gennaio, anche questo è stato approvato per gestire la grave crisi dell’impianto di Taranto di Acciaierie d’Italia, conosciuto come ex ILVA. Molte aziende dell’indotto infatti sono andate a loro volta in crisi perché lavoravano in gran parte per l’acciaieria di Taranto, che è una delle più grandi in Europa e da cui dipendeva buona parte dell’economia locale: soprattutto aziende di autotrasporto, fornitori di componenti e di semilavorati (quei prodotti che hanno bisogno di un’ulteriore lavorazione per diventare prodotti finiti).
Sono aziende di media e piccola dimensione, che da una parte hanno perso volume di lavoro per la riduzione dell’attività dell’acciaieria e che dall’altra non vengono pagate per il lavoro che fanno: Acciaierie d’Italia ha debiti verso i suoi fornitori per poco più di un miliardo, la metà dei quali scaduti da tempo. Ed è improbabile che saranno sanati a breve, soprattutto se l’azienda entrerà in amministrazione straordinaria, com’è probabile: in queste procedure si dà tipicamente la precedenza a chi ha un debito maggiore, che nel caso dell’ex ILVA sono soprattutto banche e società energetiche.
Aspettando i pagamenti le aziende dell’indotto devono però continuare a funzionare, quindi a produrre e a pagare dipendenti e fornitori. Nelle scorse settimane i rappresentanti di queste aziende hanno manifestato davanti alla sede dell’acciaieria di Taranto.
Il governo ha dunque predisposto una serie di misure per agevolarle nel reperire la liquidità necessaria, e restare così in attività, visto che la crisi in cui si trovano impedisce loro di farsi prestare soldi dalle banche.
Il decreto prevede la possibilità per le imprese che abbiano almeno il 70 per cento del loro fatturato collegato all’attività dell’ex ILVA di accedere a finanziamenti garantiti dallo Stato, tramite le sue strutture di SACE e del Mediocredito centrale, ossia quelle che erano state attivate per agevolare i prestiti durante la pandemia. In questo modo le banche potranno tornare a erogare loro finanziamenti: se non dovessero restituirli allora ne risponderà la garanzia statale. Mediocredito centrale potrà occuparsi anche dello sconto delle fatture, una modalità con cui le società finanziarie di solito anticipano il pagamento delle fatture dei fornitori dietro il pagamento di interessi. Anche questa modalità era risultata ormai inaccessibile per le aziende dell’indotto dell’ex ILVA.
Gli interessi da pagare su questi crediti saranno poi deducibili, cioè serviranno a ridurre la base su cui di solito si calcolano le imposte. Viene istituito anche un fondo con cui le imprese potranno chiedere contributi a fondo perduto per il pagamento degli interessi sui prestiti. Il decreto poi dispone anche la cassa integrazione fino a sei settimane per i dipendenti delle imprese che sospendono o riducono l’attività a causa dei legami con un’azienda in amministrazione straordinaria.