Le accuse del padre di Ilaria Salis all’ambasciata italiana in Ungheria
Secondo Roberto Salis i funzionari italiani hanno partecipato ad almeno altre quattro udienze in cui sua figlia aveva mani e piedi incatenati
Martedì mattina Roberto Salis, il padre di Ilaria Salis, ha partecipato alla trasmissione Agorà su Rai 3. Salis era collegato da Budapest, in Ungheria, dove ieri si è tenuta la prima udienza del processo contro la figlia, un’insegnante e militante antifascista monzese di 39 anni che da quasi un anno si trova in detenzione preventiva in un carcere di massima sicurezza di Budapest, con l’accusa di aver aggredito alcuni militanti neonazisti.
Salis è stata portata nell’aula del tribunale in catene, con le manette ai polsi e i piedi legati da due cinturoni. Le catene erano unite tra loro con un sistema che terminava con una corda in metallo, tenuta in mano da un poliziotto ungherese per evitare che Salis potesse non solo scappare, ma anche muoversi liberamente. Le immagini di Salis ammanettata sono circolate molto e sono state diffuse da tutti i principali giornali e reti televisive italiane, con conseguenti indignazioni (in Italia tendenzialmente una persona imputata, anche se detenuta, assiste alle udienze in tribunale senza restrizioni di questo tipo).
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Roberto Salis ha detto che in realtà l’udienza di lunedì non era la prima alla quale la figlia era stata costretta a presenziare in quel modo, ma solo la prima che è stata ripresa da foto e video. «Io lo sapevo benissimo: abbiamo fatto in modo che questa evidenza drammatica e vergognosa fosse portata all’attenzione di tutti», ha detto ad Agorà.
Salis ha sostenuto anche che l’ambasciata italiana in Ungheria fosse a conoscenza della situazione da mesi: «L’ambasciata italiana ha partecipato credo ad almeno quattro udienze in cui mia figlia è stata portata in queste condizioni davanti al giudice». Salis ha detto che la famiglia è stata informata della situazione lo scorso 12 ottobre: prima di quel momento «gli unici che lo sapevano, e che non hanno detto nulla, sono le persone dell’ambasciata italiana in Ungheria, a Budapest». Salis aveva fatto affermazioni simili anche lunedì sera, partecipando al programma Quarta Repubblica su Rete 4.
Roberto, il padre di Ilaria Salis: «Gli addetti dell’ambasciata italiana hanno assistito a 5 udienze di mia figlia e lei aveva sempre le catene come oggi. Ma per 5 volte non hanno sollevato un dito. Lo hanno fatto solo oggi, dopo che ho portato la troupe televisiva». pic.twitter.com/nBHaZmXwpi
— Marco Fattorini (@MarcoFattorini) January 29, 2024
Già a fine novembre i giornali avevano pubblicato alcuni estratti di una lettera scritta da Salis, in cui la donna diceva che durante gli spostamenti verso il tribunale doveva indossare «un cinturone di cuoio con una fibbia a cui legano le manette», e anche i piedi erano legati con «un’ulteriore manetta a un solo polso a cui è fissato un guinzaglio di cuoio».
Martedì mattina è in programma un incontro tra Roberto Salis e l’ambasciatore italiano a Budapest, Manuel Jacoangeli. «Mi aspetto delle azioni, abbiamo fatto tante chiacchiere», ha detto ad Agorà. «Evidentemente in questi 11 mesi [Jacoangeli] ha avuto impegni molto più gravosi che occuparsi di mia figlia e della sua famiglia».
Dopo la diffusione dei video e delle foto di Ilaria Salis all’udienza, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha convocato l’ambasciatore ungherese in Italia e ha pubblicato su X (Twitter) un messaggio con cui chiede al governo ungherese di rispettare i diritti di Salis, come previsto dalle norme europee. Il primo ministro dell’Ungheria è Viktor Orbán, un politico di estrema destra con cui la presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni, ha sempre cercato di mantenere buoni rapporti. Orbán è al governo dal 2010: negli anni ha trasformato l’Ungheria in un paese semi-autoritario dove le violazioni dello stato di diritto sono assai frequenti.
Tajani ha commentato anche le catene che Salis è stata costretta a indossare all’udienza, descrivendole come una «violazione delle norme comunitarie»: «Questa volta mi sembra che si sia ecceduto», ha detto martedì in un’intervista con il programma Radio anch’io, su Rai Radio 1.
Salis è detenuta in Ungheria dallo scorso febbraio. È accusata di far parte di un’organizzazione estremista di sinistra e di aver aggredito alcuni militanti neonazisti fra il 9 e il 12 febbraio del 2023, nei giorni in cui migliaia di persone da tutta Europa erano andate in Ungheria per festeggiare il Giorno dell’onore (Tag der Ehre): una serie di cortei, concerti ed eventi con cui si celebra un battaglione nazista che nel 1945 tentò di impedire l’assedio di Budapest da parte dell’Armata Rossa. La procura ungherese ha chiesto 11 anni di carcere per Salis, ma la pena massima per i reati che le sono contestati è di 24 anni.
Salis si è dichiarata non colpevole, anche se i suoi avvocati hanno spiegato che non ha mai potuto leggere gli atti giudiziari, scritti in ungherese e mai tradotti. Non ha potuto nemmeno vedere le immagini su cui si basa l’accusa.
In alcune lettere scritte negli ultimi mesi Salis aveva detto di essere detenuta in condizioni «disumane», con topi e scarafaggi nella cella e senza i più basilari servizi igienici, come il sapone e gli assorbenti. La prossima udienza è in programma per il 24 maggio.