L’idea dei riservisti nell’esercito italiano esiste da un po’
Il ministro della Difesa ne ha parlato di recente ma la formazione di una “riserva ausiliaria” era già stata decisa da una legge del 2022, mai attuata
Negli ultimi giorni si sta discutendo della possibilità di creare anche in Italia una “riserva militare”, ossia un corpo militare formato da persone che non lavorano nell’esercito a tempo pieno, ma che si offrono come volontari e potrebbero essere affiancati ai soldati regolari in caso di emergenza. L’intenzione è stata confermata anche dal ministro della Difesa, Guido Crosetto, in un’intervista pubblicata lunedì dal quotidiano La Stampa. In quell’occasione Crosetto ha detto che l’Italia non intende favorire l’inizio di nuove guerre, dato che «i riservisti non servono per fare la guerra, ma per difendersi, in supporto alle forze armate regolari e solo nel caso, poco probabile, di un attacco diretto».
In realtà l’idea di istituire un corpo di riservisti esiste già da tempo: la sua creazione fu stabilita da una legge del 2022, che però non è ancora stata attuata. Per questo nell’intervista Crosetto ha ricordato che «per la riserva esiste già una delega del parlamento».
La legge in questione fu approvata nell’agosto del 2022 e contiene varie disposizioni relative al personale delle forze armate e del ministero della Difesa. Tra le altre cose delegava il governo ad adottare, entro un anno dall’entrata in vigore, uno o più decreti legislativi per istituire una «riserva ausiliaria dello Stato», composta da un massimo di 10mila volontari suddivisi in vari gruppi operativi su base regionale.
I riservisti potranno essere chiamati in servizio in tempo di guerra o in caso di grave crisi internazionale, oppure quando viene deliberato lo stato di emergenza nazionale. Potranno anche fornire assistenza logistica o nella cooperazione tra civili e militari. La legge approvata nel 2022 non stabiliva i dettagli della riserva ausiliaria, ma delegava al governo il compito di definire la «struttura organizzativa» e le modalità di funzionamento, reclutamento e addestramento del nuovo corpo.
I decreti legislativi necessari a mettere in pratica la misura avrebbero dovuto essere approvati entro l’agosto del 2023, ma a novembre il parlamento ha approvato una proroga fino al 2026. Nei fatti, la «riserva ausiliaria» composta da 10mila volontari dell’esercito non esiste ancora. I decreti dovranno essere presentati dal presidente del Consiglio e dal ministro della Difesa, insieme ad altri ministeri e con l’approvazione della Conferenza unificata e del Consiglio di Stato. Per entrare in vigore in via definitiva dovranno anche essere approvati dal parlamento.
Negli ultimi mesi si è parlato varie volte della necessità di istituire rapidamente un corpo di riservisti, soprattutto in seguito all’attacco di Hamas contro Israele dello scorso ottobre e del conseguente inizio della guerra nella Striscia di Gaza, che sta creando tensioni in tutto il Medio Oriente. Crosetto ne parlò lo scorso 7 novembre, durante un’audizione alla Camera: «Probabilmente un ragionamento su una riserva attivabile in caso di necessità, di guerra tanto per capirci, stile Ucraina, andrebbe fatto se pensiamo a qualunque scenario futuro», disse.
L’intenzione di creare la riserva ausiliaria è menzionata anche nel “Documento programmatico pluriennale per la Difesa” per il triennio 2023-2025, ossia il testo che indica gli obiettivi e i piani relativi alle attività delle forze armate nel periodo in questione. Il Documento viene preparato dal ministero della Difesa, e deve poi essere approvato dal parlamento.
Secondo il ministero, la riserva ausiliaria dovrebbe integrare la riserva selezionata, un corpo che esiste già ed è composto da ufficiali in congedo oppure da liberi professionisti altamente specializzati, che in caso di necessità possono essere chiamati a lavorare per l’esercito per un massimo di sei mesi all’anno. Ogni forza armata italiana – Esercito, Marina, Aeronautica e Arma dei Carabinieri – ha la propria riserva selezionata, di cui possono fare parte medici, giuristi, ingegneri, informatici e chimici, tra gli altri, oltre agli ex ufficiali.
Esistono anche le Forze di completamento, composte dal personale delle forze armate in congedo che ha dato disponibilità al richiamo in servizio in caso di necessità. Possono aderire alle Forze di completamento non solo gli ufficiali, come accade per la riserva selezionata, ma anche sottufficiali e militari di truppa. Sono però persone che, una volta terminato il servizio, non hanno più fatto alcuna esercitazione né periodo di addestramento.
Il 15 novembre Giuseppe Cavo Dragone, il capo di Stato maggiore della Difesa, riferì in Senato in merito al Documento programmatico per periodo il 2023-2025. Citò anche la creazione della riserva ausiliaria, dicendo che sarà costituita da «personale proveniente dal mondo civile e da pregressa esperienza militare». Il percorso dei riservisti dovrebbe prevedere dei «periodi di addestramento non troppo invasivi»: i volontari potrebbero «non essere mandati necessariamente in prima linea», ma rimanere a coprire posizioni secondarie e permettere così ai militari di professione di operare nelle zone più a rischio. «È un’idea che dobbiamo sviluppare», disse.
Non è chiaro come il governo deciderà di istituire la riserva ausiliaria, né con quanti e quali fondi verrà finanziata l’iniziativa: i dettagli dovranno essere stabiliti attuando la legge del 2022. Sarà necessario anche trovare gli spazi adatti per formare i volontari, ed elaborare un piano che renda attrattiva la possibilità di diventare riservisti. L’idea è stata criticata da alcuni esponenti dell’opposizione. Il segretario di +Europa, Riccardo Magi, ha scritto su X (Twitter) che la riserva ausiliaria non sarebbe una «soluzione» adeguata.
Alcuni paesi occidentali hanno già dei corpi militari composti da riservisti. L’esempio principale è Israele: dopo l’attacco di Hamas, in pochi giorni l’esercito mobilitò circa 360mila persone, quasi il 4 per cento della popolazione. In Israele il servizio militare è obbligatorio, e i riservisti sono quindi cittadini già addestrati che possono essere convocati per tornare temporaneamente nell’esercito e svolgere esercitazioni, oppure in caso di crisi. Sono persone civili, che nella vita quotidiana svolgono professioni estranee all’ambito militare. Il sistema funziona piuttosto bene: le mobilitazioni hanno sempre ottenuto risposte immediate, le richieste di esenzione sono poche e ci sono anche molte adesioni volontarie.
Il sistema dei riservisti esiste anche in altri paesi. Nel Regno Unito per esempio possono diventare soldati riservisti tutti i cittadini che hanno tra i 18 e i 43 anni, ed è necessario completare almeno 19 giorni di addestramento all’anno: nel 2023 i riservisti volontari erano circa 30mila. Sistemi simili sono attivi anche in Svizzera, dove il servizio militare è obbligatorio per gli uomini a partire dai 18 anni (per le donne è volontario), in Francia e negli Stati Uniti.
– Leggi anche: Il sistema dei riservisti in Israele, spiegato