Perché le immagini della donna che lascia un neonato in un ospedale di Aprilia non andavano pubblicate
Violano la normativa sulla privacy e le regole deontologiche relative all’attività giornalistica, ha spiegato il Garante per la privacy
Venerdì 26 gennaio un bambino di circa sei mesi è stato lasciato da una donna al pronto soccorso dell’ospedale di Aprilia, in provincia di Latina. Nelle ultime ore il Tg1 e poi altri telegiornali e giornali online hanno trasmesso il video delle telecamere di sicurezza che mostrano la scena e il volto della donna. Il Garante della privacy, così come il coordinamento per le pari opportunità dell’Ordine nazionale dei giornalisti, hanno preso posizione contro la pubblicazione delle immagini.
Venerdì sera il personale sanitario dell’ospedale di Aprilia – dove non esiste la “culla per la vita”, cioè l’incubatrice riscaldata che permette di lasciare in modo anonimo e sicuro neonati e neonate – ha trovato il passeggino con un bambino all’interno nella sala d’aspetto del pronto soccorso. Dopo aver chiesto informazioni, non vedendo arrivare nessuno e avendo trovato una borsa con un cambio, qualche pannolino pulito e del latte in un biberon, il personale sanitario ha capito che il bambino era stato lasciato volontariamente e ha chiamato i carabinieri, che hanno avviato delle indagini e informato il tribunale per i minori.
Le indagini sono partite dall’analisi delle telecamere di sorveglianza e il video di quei momenti è stato poi trasmesso «in esclusiva», così si dice nel servizio, dal Tg1 e poi ripreso da altri telegiornali e giornali online. Nel video si vede una donna con la mascherina sul viso e un foulard scuro sulla testa entrare al pronto soccorso con un passeggino, sedersi per qualche istante nella sala d’aspetto e poi allontanarsi da sola. Le indagini per identificare la donna (che non è chiaro se sia la madre oppure no) sono ancora in corso. Il bambino, che è in buone condizioni di salute, è stato portato in una casa famiglia.
Nel frattempo il Garante della privacy, l’autorità italiana per la protezione dei dati personali, ha pubblicato un comunicato in cui critica la pubblicazione del video delle telecamere di sicurezza: «Le immagini si pongono in evidente contrasto con le disposizioni della normativa privacy e delle regole deontologiche relative all’attività giornalistica, le quali – pur salvaguardando il diritto/dovere di informare la collettività su fatti di interesse pubblico – prescrivono agli operatori dell’informazione di astenersi dal pubblicare dettagli relativi alla sfera privata di una persona».
Nel caso in questione le immagini erano state registrate per altre finalità e «non avrebbero dovuto essere trasmesse, in quanto lesive della dignità della donna, in un momento di particolare fragilità». Secondo il Garante, quindi, è «doveroso invitare gli organi di stampa, i siti di informazione e i social media al più rigoroso rispetto delle disposizioni richiamate, astenendosi dall’ulteriore diffusione delle immagini e si riserva comunque gli eventuali interventi di competenza nei confronti delle testate che hanno violato le regole deontologiche».
Sul caso è intervenuto anche il Coordinamento per le pari opportunità dell’Ordine nazionale dei giornalisti chiedendo ai consigli territoriali l’apertura di un procedimento disciplinare nei confronti delle testate che hanno diffuso il video: «Nelle immagini trasmesse dalla Rai si vede chiaramente il volto della donna. Le stesse immagini sono state poi pubblicate anche da altre testate. Così si contravviene a quelle che sono le basi della deontologia professionale e della privacy».
Insomma, le immagini trasmesse mostrano il volto della donna e la rendono riconoscibile, ed è per questo motivo che sono intervenuti il Garante della privacy e l’Ordine. Inoltre non aggiungono elementi sostanziali alla notizia e violano la privacy della persona in questione, cosa che potrebbe compromettere le indagini ed esporla a critiche e stigmatizzazioni. Le regole deontologiche relative al trattamento di dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica stabiliscono che «salva l’essenzialità dell’informazione, il giornalista non fornisce notizie o pubblica immagini o fotografie di soggetti coinvolti in fatti di cronaca lesive della dignità della persona».