Il caos della Royal Rumble, spiegato
Storie, regole e intrecci di uno degli eventi più apprezzati del wrestling, lo sport dove conta soprattutto la sceneggiatura
Nella notte tra sabato e domenica a St. Petersburg, nello stato americano della Florida, si terrà la 37esima edizione della Royal Rumble, uno degli eventi più famosi e seguiti a livello internazionale del wrestling, lo sport da combattimento che combina elementi della lotta libera con tecniche di sottomissione e prese e manovre delle arti marziali. Il wrestling è praticato da atleti professionisti e gli incontri sono predeterminati: si decide cioè prima come andranno a finire e spesso anche gran parte del loro svolgimento, per garantire una forma di intrattenimento e spettacolo.
Solitamente gli incontri avvengono tra due lottatori su un ring simile a quello della boxe: di forma quadrata (e per questo chiamato spesso anche “il quadrato”), con quattro pali agli angoli sorretti da tre corde che lo circondano interamente. La Royal Rumble è un evento piuttosto eccezionale e molto atteso perché ribalta questo schema: prevede la presenza simultanea di più lottatori sullo stesso ring, ma alla fine il vincitore è uno soltanto.
In sostanza è una contesa a cui prendono parte trenta lottatori, che però non entrano nel ring contemporaneamente: dopo l’ingresso dei primi due tutti gli altri raggiungono il quadrato a intervalli di tempo regolari, solitamente ogni novanta secondi. Per eliminare gli avversari bisogna buttarli fuori dal ring facendoli passare al di sopra dell’ultima delle tre corde che reggono i pali di sostegno, quella più in alto: vince l’ultimo lottatore che rimane sul ring. Il nome “Royal Rumble” indica sia questo speciale combattimento di gruppo, sia l’evento che gli viene organizzato intorno, dove la vera Royal Rumble è preceduta da diversi incontri e spettacoli.
L’evento arriva in un momento particolare per il futuro dirigenziale della federazione che organizza la Royal Rumble, ossia la World Wrestling Entertainment (WWE). Sabato il presidente della compagnia Vince McMahon ha infatti annunciato le sue dimissioni dal consiglio d’amministrazione del gruppo TKO, società fondata lo scorso settembre in seguito alla fusione della WWE con la UFC (Ultimate Fighting Championship), il principale circuito professionistico di arti marziali miste al mondo. In settimana McMahon era stato accusato di abusi sessuali da Janel Grant, una sua ex dipendente.
La Royal Rumble è un evento importante per la stagione della WWE, soprattutto a fini narrativi. Per il modo in cui è programmato, il wrestling è infatti del tutto simile a una serie tv: i risultati degli incontri, l’inclinazione morale dei vari lottatori (che a seconda delle opportunità del caso possono diventare “face”, ossia buoni, o “heel”, cattivi) e gli sviluppi delle rivalità vengono decisi preventivamente da un gruppo di sceneggiatori (i “booker”). All’atletismo i lottatori affiancano una certa teatralità sia nei gesti che nei discorsi.
Solitamente le svolte narrative più importanti avvengono in occasione dei cosiddetti “Premium Live Events” (gli eventi che possono essere visti soltanto abbonandosi al network ufficiale della WWE), come per l’appunto la Royal Rumble. Durante i “Premium Live Events” succedono cose che normalmente non accadono nelle puntate settimanali: vengono messi in palio i titoli, vecchie glorie del wrestling ricompaiono dopo anni di inattività, si verificano “turn face” (termine che indica il cambio di caratterizzazione di un personaggio da cattivo a buono) e “turn heel” (il contrario), o si concludono rivalità portate avanti per mesi.
La Royal Rumble ha però una particolarità unica: chi vince l’incontro ottiene infatti l’opportunità di affrontare il campione (o la campionessa: da alcuni anni ne vengono organizzate due, una per gli uomini e una per le donne) di uno dei tre roster principali – SmackDown, Raw e NXT – a WrestleMania, la manifestazione più importante e conosciuta del settore, che quest’anno si terrà a Philadelphia in due serate, il 6 e il 7 aprile. Di conseguenza, il lottatore e la lottatrice che vincono le rispettive Royal Rumble hanno un ruolo centrale negli sviluppi della WWE, e nella maggior parte dei casi diventano nomi di punta della federazione.
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La prima Royal Rumble della storia si svolse il 24 gennaio 1988 a Hamilton, in Canada, anche se un incontro sperimentale di questo tipo si era già svolto due anni prima a Chicago, durante la seconda edizione di WrestleMania, quando erano stati coinvolti anche alcuni giocatori della NFL, la massima divisione del football professionistico statunitense. La vinse “Hacksaw” Jim Duggan, un wrestler molto popolare del periodo, eliminando per ultimo One Man Gang. Tuttavia, Duggan non fu mai preso in considerazione per un titolo importante, e inizialmente la formula della Royal Rumble non riscosse il successo sperato tra i fan, anche perché era un incontro fine a sé stesso e senza nulla in palio.
Le cose cambiarono a partire dal 1993, quando la dirigenza della WWE decise di apportare delle modifiche al regolamento, stabilendo che il vincitore della Royal Rumble dovesse ottenere un match per il titolo mondiale a WrestleMania. Il primo lottatore a sfruttare questa nuova formula fu Yokozuna, che nel 1993 vinse la contesa e successivamente sconfisse Bret Hart a WrestleMania, ottenendo la cintura di campione del mondo.
La modalità di svolgimento della Royal Rumble è particolarmente apprezzata dai fan, perché consente di stupire il pubblico con colpi di scena, ritorni inaspettati e siparietti divertenti. Uno degli espedienti più utilizzati è l’ingresso improvviso di celebrità non legate al mondo del wrestling, che di solito rimangono nel ring per pochi minuti prima di essere eliminate. Nel 2001 per esempio partecipò l’attore e conduttore televisivo Drew Carey, che si autoeliminò dopo avere interagito per pochi secondi con Kane. Nel 2022 fu invece invitato a partecipare il cantante e produttore discografico portoricano Bad Bunny, che stupì il pubblico per le sue inaspettate doti atletiche, eseguendo tra le altre cose una “canadian destroyer” (nome di una popolare mossa di wrestling) sul lottatore Matt Riddle.
Poi c’è la lotta in sé, che ha regole un po’ diverse dal solito perché l’obiettivo non è neutralizzare l’avversario sul ring, ma cercare di spingerlo fuori. Ciascuno può così usare espedienti di lotta inusuali ma magari efficaci, che contribuiscono a incuriosire ulteriormente il pubblico. Uno dei momenti di maggiore fantasia è quello in cui qualcuno prova a salvarsi da un’eliminazione: per il regolamento si viene eliminati soltanto nel momento in cui il pavimento all’esterno del ring viene toccato con entrambi i piedi, e così alcuni lottatori hanno sperimentato modi bizzarri per evitare di farlo. Il wrestler ghanese Kofi Kingston è diventato famoso anche così: nel 2012 per esempio camminò per alcuni metri sulle mani dopo essere stato spinto fuori dal ring e rientrò senza aver messo i piedi a terra, l’anno dopo si spostò goffamente su una sedia e riuscì di nuovo a scampare l’eliminazione. Ma sono successe cose simili diverse altre volte.
Un altro meccanismo narrativo tipico della Royal Rumble è quello dell’eliminazione impronosticabile: capita spesso che lottatori poco conosciuti e con scarsa presa sul pubblico eliminino colleghi di maggiore successo. In alcuni casi eliminazioni di questo tipo vengono programmate per effettuare un “push” (ossia generare interesse attorno a un determinato lottatore, per arrivare a portarlo ai vertici della federazione), mentre in altri hanno una funzione essenzialmente comica. Nel 2002 per esempio The Undertaker, uno dei wrestler più importanti e conosciuti di sempre, la cui presenza genera sempre una certa solennità, fu eliminato nella sorpresa generale dall’esordiente Maven, la cui carriera durò pochi mesi.
Una delle funzioni della Royal Rumble è quella di consentire la creazione di statistiche che contribuiscono a rafforzare lo status di un determinato lottatore. Negli altri sport il raggiungimento di vari record statistici avviene in modo naturale e si ricava da dati empirici, analizzando l’effettivo rendimento di un atleta. Nel wrestling, in cui i risultati degli incontri sono predeterminati, le prestazioni sportive contano fino a un certo punto: i lottatori che competono per i titoli massimi non sono necessariamente i più dotati atleticamente. Per diventare un nome di punta delle federazione bisogna soddisfare requisiti diversi, come il carisma, la bravura al microfono, la presa sul pubblico e la vendita di merchandising. Di conseguenza, l’unico modo che gli sceneggiatori hanno a disposizione per consentire ai commentatori di citare statistiche sulle prestazioni sportive di un wrestler è programmarle in anticipo, magari proprio in un evento rilevante come la Royal Rumble.
Il lottatore che ha resistito per più tempo in una Royal Rumble, per esempio, è l’austriaco Gunther, che nell’edizione dello scorso anno entrò per primo e rimase sul ring per un’ora, undici minuti e quaranta secondi, senza tuttavia riuscire a vincere l’incontro. Nel corso dell’edizione del 2020 Brock Lesnar stabilì invece il record per il maggior numero di eliminazioni (13), superando quello fissato da Roman Reigns sei anni prima, nonché quello del maggior numero di eliminazioni consecutive (13), cioè compiute tutte dallo stesso wrestler senza che nel mezzo altri riescano a eliminare avversari. Ques’ultimo record in precedenza apparteneva al noto wrestler e attore Hulk Hogan (8).
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Con la vittoria ottenuta nell’edizione del 1995, Shawn Michaels diventò invece il primo wrestler a vincere una Royal Rumble match entrando per primo sul ring. Questo record fu poi eguagliato da Chris Benoit (2004) ed Edge (edizione 2021). Nel 1992, per la prima volta, durante la Royal Rumble fu messo in palio anche il titolo mondiale della WWE, che ai tempi si chiamava WWF: in quell’occasione vinse Ric Flair, che eliminò per ultimo Sid Justice. Accadde nuovamente nel 2016, con la vittoria di Triple H.
Il record per il maggior numero di Royal Rumble vinte appartiene invece a Stone Cold Steve Austin, uno dei nomi di punta della cosiddetta “Attitude Era” (il periodo tra la fine degli anni Novanta e l’inizio degli anni Duemila, quando la WWE si caratterizzò per una proposta più violenta e meno per famiglie rispetto al passato). Nel corso della sua carriera, Austin ha vinto tre Royal Rumble (1997, 1998 e 2001), superando le 2 vittorie ottenute da Randy Orton (2009, 2017), John Cena (2008, 2013), Triple H (2002, 2016), Batista (2005, 2014), Shawn Michaels (1995, 1996) Hulk Hogan (1990, 1991) ed Edge (2010, 2021).
Nel 2018, nel contesto della cosiddetta Women’s Revolution (la strategia adottata dalla WWE per aumentare l’interesse del pubblico nei confronti del wrestling femminile) fu organizzata la prima Royal Rumble indirizzata esclusivamente alle donne. Da allora si è svolta ogni anno: la prima vincitrice fu Asuka, cui sono seguite Becky Lynch (2019), Charlotte Flair (2020), Bianca Belair (2021), Ronda Rousey (2022) e Rhea Ripley (2023).
Non sempre chi vince la Royal Rumble riesce poi ad avere successo negli altri eventi del wrestling, e le ragioni hanno sempre a che fare con esigenze di spettacolo. Nel 2018, per esempio, il vincitore Shinsuke Nakamura non riuscì a farsi apprezzare dal pubblico, e a WrestleMania fu sconfitto dall’allora campione in carica di SmackDown, AJ Styles.
Quest’anno, per via di alcuni ritorni inaspettati e di un nodo narrativo difficile da sciogliere, l’interesse verso l’evento è ancora più alto del solito. A settembre l’attore ed ex wrestler Dwayne Johnson, conosciuto con il nome d’arte The Rock, che negli anni Novanta era stato il nome di punta della compagnia, è comparso in una puntata di SmackDown dopo più di quattro anni dall’ultima apparizione in WWE.
The Rock è il cugino di Roman Reigns, l’attuale campione del mondo di SmackDown: discendono entrambi dagli Anoa’i, una stirpe samoana legata al mondo della lotta professionistica da generazioni, di cui fanno parte leggende del wrestling come Rikishi, Yokozuna e Peter Maivia. Reigns non viene sconfitto da più di tre anni: conquistò il titolo nell’agosto del 2020, quando gli sceneggiatori decisero di farlo diventare un lottatore di punta della federazione e di cambiare la sua inclinazione morale, facendolo diventare un cattivo.
Molti spettatori ritengono la lunghezza del suo dominio eccessiva, e sperano che gli sceneggiatori abbiano pianificato di fargli perdere il titolo proprio quest’anno a WrestleMania. Il problema è che nella finzione narrativa portata avanti dalla federazione Reigns non ha più avversari alla sua altezza: negli ultimi tre anni ha sconfitto praticamente tutti i principali lottatori sotto contratto con la WWE, in alcuni casi in più di un’occasione.
The Rock è considerato uno dei pochi nomi in grado di competere con Reigns per blasone: per questi motivi, alcuni addetti ai lavori sostengono che potrebbe partecipare alla Royal Rumble e vincerla, conquistando così la possibilità di affrontare suo cugino a WrestleMania. Se dovesse accadere, l’incontro acquisirebbe moltissima importanza e potrebbe far parlare di sé anche al di fuori della cerchia degli appassionati di wrestling. The Rock è uno degli attori più famosi al mondo, e la sua presenza a WrestleMania genererebbe un interesse nel pubblico con pochi precedenti nella storia recente della manifestazione.
Un’altra possibilità è che la federazione scelga di puntare nuovamente su Cody Rhodes, il lottatore che aveva vinto la Royal Rumble lo scorso anno, senza però riuscire a interrompere il dominio di Reigns a WrestleMania. Attualmente Rhodes è uno dei wrestler più amati e apprezzati dal pubblico: è stato costruito per essere il “baby face” (il buono tifato principalmente da un pubblico di bambini) della federazione, e fino a qualche mese fa la stampa specializzata e gli addetti ai lavori davano per scontato un secondo incontro con Reigns a WrestleMania. Tuttavia, negli ultimi giorni testate autorevoli come Sports Illustrated hanno scritto che la federazione potrebbe aver cambiato i propri piani, scegliendo per l’appunto di puntare su The Rock.
L’altro possibile vincitore è CM Punk, nome d’arte di Phillip Jack Brooks, tornato in WWE lo scorso novembre dopo dieci anni dalla sua ultima apparizione per via di lunghi contrasti con i vertici della federazione. Il ritorno di CM Punk aveva sorpreso il pubblico e una parte di stampa di settore, anche perché fino a pochi mesi prima era il campione della principale federazione concorrente della WWE, la AEW.
CM Punk inoltre durante il suo periodo di assenza aveva spesso criticato Vince McMahon, il presidente della società, e Triple H, il direttore operativo, accusandoli di concedere poca libertà creativa ai lottatori e di avere appiattito la proposta su un unico nome, ossia quello di Roman Reigns.