Charles Michel ha cambiato idea
Ha detto che non si candiderà alle elezioni europee: resterà quindi presidente del Consiglio europeo evitando che la carica passi a Viktor Orbán, primo ministro euroscettico dell'Ungheria
Venerdì sera Charles Michel, attuale presidente del Consiglio Europeo, ha detto di aver cambiato idea e che non si candiderà alle elezioni per il parlamento europeo. Se l’avesse fatto, come aveva annunciato qualche settimana fa, a luglio la sua carica sarebbe passata a Viktor Orbán, primo ministro dell’Ungheria, che ha un rapporto abbastanza ostile con l’Unione Europea.
Il Consiglio Europeo è la riunione dei capi di stato e di governo dei 27 paesi membri dell’Unione Europea, e il suo presidente ha il compito di coordinare le riunioni, e formalmente rappresenta l’Unione all’estero: è un ruolo di rilievo e piuttosto visibile, nonostante i suoi poteri non siano particolarmente ampi. Michel terminerà ufficialmente il suo mandato a novembre: se fosse stato eletto invece avrebbe dovuto dimettersi immediatamente.
In quel caso la presidenza del Consiglio Europeo sarebbe passata al presidente del Consiglio dell’Unione Europea (che è un’istituzione distinta), che da luglio sarebbe stato Orbán. La presidenza del Consiglio dell’Unione Europea passa a rotazione ogni sei mesi dal capo di un paese membro a un altro, e da luglio toccherà all’Ungheria. La candidatura di Michel era stata quindi piuttosto criticata, visto che sapeva di questo meccanismo: lui aveva minimizzato, sostenendo che ci fosse abbastanza tempo per nominare un suo successore prima dell’inizio del semestre di presidenza ungherese.
Dopo le elezioni, che si terranno fra il 6 e il 9 giugno (in Italia saranno l’8 e il 9), le istituzioni europee di solito impiegano mesi per occupare tutte le caselle degli incarichi politici, che devono essere bilanciati non solo fra i gruppi politici, ma anche fra i diversi paesi di provenienza. In caso di dimissioni di Michel, per evitare la presidenza di Orbán le trattative sarebbero dovute durare meno di un mese: un tempo considerato da molti insufficiente.
L’ipotesi di avere Orbán al vertice di uno degli organi più importanti delle istituzioni comunitarie è vista come particolarmente problematica: il leader ungherese guida il suo paese in modo semi-autoritario e il suo governo di estrema destra litiga con le istituzioni europee ormai da anni su temi come i diritti civili, quelli delle minoranze e il rispetto dell’indipendenza di giornali e magistrati. Su diverse questioni rilevanti Orbán ha fatto ostruzionismo in sede europea, dove per le decisioni più importanti serve sempre il voto all’unanimità di tutti i 27 Stati membri.
Il conflitto è arrivato a tal punto che la Commissione Europea ha sospeso gran parte dei fondi provenienti dal bilancio pluriennale dell’Unione che spetterebbero all’Ungheria.