Le regole per produrre il Barolo e il Barbaresco potrebbero cambiare
Lo ha deciso il consorzio che ne tutela la produzione, ma alcuni agricoltori non sono d'accordo
Recentemente il Consorzio di tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani, l’organizzazione che regola la produzione di alcuni noti vini dell’area delle Langhe, in Piemonte, ha presentato ai suoi soci alcune modifiche ai metodi e ai vincoli produttivi necessari per vendere il vino con il nome di Barolo o Barbaresco (ma non quelli degli altri vini tutelati dallo stesso consorzio).
Tra le altre cose, le nuove proposte amplierebbero l’area dei terreni in cui è possibile coltivare l’uva e imporrebbero regole più stringenti su dove debba essere vinificata l’uva e imbottigliato il vino con una certa denominazione. Alcuni produttori però hanno già espresso la propria contrarietà. Affinché le modifiche vengano approvate, dovranno essere raccolte le firme degli agricoltori che possiedono in tutto almeno il 66 per cento dei terreni in cui vengono coltivate le uve per il Barolo e per il Barbaresco, e allo stesso tempo i terreni che insieme hanno prodotto almeno il 51 per cento di quelle uve.
Fra le varie proposte l’unica che sembra essere sostenuta da quasi tutti gli agricoltori è l’imposizione di un vincolo al luogo in cui viene imbottigliato il vino: potrà chiamarsi Barolo o Barbaresco solo il vino imbottigliato all’interno dell’area geografica in cui è possibile coltivare l’uva che finisce in quelle bottiglie. Secondo il consorzio questo vincolo sarebbe necessario «per la salvaguardia delle denominazioni, da un punto di vista tecnico e commerciale».
Altre misure hanno avuto un consenso minore, e non è ancora chiaro se saranno approvate al momento della raccolta firme. Una di queste riguarda l’intercambiabilità delle zone di vinificazione e imbottigliamento del Barolo e del Barbaresco: se sarà approvata, quindi, la vinificazione e l’imbottigliamento del Barbaresco potranno avvenire nella zona del Barolo o viceversa, mentre l’uva potrà essere coltivata solo nelle rispettive zone. Sempre in base a questa proposta non potrà essere usata l’uva coltivata nella zona del Barbaresco (o da qualsiasi altra parte) per produrre il Barolo o viceversa.
La vinificazione è il processo tramite cui l’uva diventa vino: include una serie di operazioni, fra cui la pigiatura dell’uva e la sua fermentazione, il momento in cui lo zucchero della frutta diventa alcol per effetto dei lieviti. Una volta prodotto il vino, solitamente in grandi recipienti che contengono migliaia di litri, viene trasferito nelle bottiglie in cui lo si consuma comunemente: questo è l’imbottigliamento.
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Altre misure proposte sono quella di aggiungere anche al Barbaresco la denominazione del Comune in cui viene prodotto, come già avviene per il Barolo, e la possibilità di vendere bottiglie di grosso formato, fra i 6 e i 18 litri, che al momento sono utilizzabili solo a scopi promozionali.
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La proposta che ha suscitato più polemiche però è quella di estendere la possibilità di coltivare le viti da cui si ottiene l’uva per i due vini anche ai versanti nord delle colline. Infatti al momento per legge le viti del Barolo e del Barbaresco si possono impiantare solo sui versanti esposti a sud, che ricevono più sole e sono quindi più caldi. Ma per effetto del cambiamento climatico il consorzio ritiene che anche i lati a nord, un tempo inadatti a produrre vini di qualità, ora possano farlo.
Il consorzio ha chiarito che questa misura non allargherà la zona dove è possibile coltivare l’uva per fare il Barolo o il Barbaresco, che è vincolata da bandi specifici non modificati dalla proposta. Ciò avrebbe potuto comportare un aumento della produzione e quindi abbassare il prezzo del vino: una possibilità che naturalmente non è vista favorevolmente dagli agricoltori. La nuova misura punta invece a dargli la possibilità di decidere di impiantare le viti anche sui versanti nord delle loro proprietà.
Maurizio Rosso, viticoltore intervistato dal Sole 24 Ore, ha sostenuto che la proposta sia comunque «pericolosa» perché comunica l’idea che il consorzio voglia ampliare il territorio di coltivazione (talvolta la proposta è stata presentata così). Rosso sottolinea inoltre che entrambi i vini hanno un mercato prospero e in crescita: e il buon successo attuale lo porta a chiedersi «perché cambiare?».
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