La Corte internazionale di giustizia ha ordinato a Israele di prendere misure immediate per impedire un genocidio a Gaza
Ma non ha chiesto un'interruzione dei combattimenti come voleva il Sudafrica, cioè il paese che aveva avviato la causa di fronte al più importante tribunale dell'ONU
Venerdì la Corte internazionale di giustizia, il più importante tribunale delle Nazioni Unite, ha ordinato a Israele di intervenire immediatamente per prendere «tutte le misure in suo potere» per impedire al suo esercito di commettere atti di genocidio nella Striscia di Gaza. La Corte lo ha deciso come misura preliminare nell’ambito della causa presentata contro Israele dal Sudafrica, secondo cui la guerra nella Striscia di Gaza condotta dall’esercito israeliano costituirebbe un atto di genocidio contro il popolo palestinese. Allo stesso tempo, la Corte non ha ordinato a Israele di interrompere i combattimenti e non ha imposto un cessate il fuoco, come invece aveva chiesto il Sudafrica.
La decisione non riguarda nello specifico l’accusa di genocidio, che per la complessità dell’argomento potrebbe richiedere anni per arrivare a una sentenza. Accettando la richiesta del Sudafrica di applicare misure provvisorie, però, la Corte ha riconosciuto che l’accusa di genocidio è quanto meno «plausibile».
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha definito «oltraggiosa» l’accusa di genocidio, e ha detto che Israele continuerà a «fare ciò che è necessario per difendere il paese e i suoi cittadini».
La Corte, nel riconoscere che nella Striscia c’è una situazione umanitaria catastrofica, ha adottato cinque “misure provvisorie”. Nella prima, la più importante, ha ordinato a Israele di impedire che il suo esercito violi la Convenzione sul genocidio, un trattato internazionale approvato dall’Assemblea generale dell’ONU nel 1948 e ratificato tra gli altri da Israele e dal Sudafrica stesso: secondo la Convenzione si definiscono genocidio atti «commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso». In altre parole Israele dovrà evitare di uccidere civili palestinesi o di provocare loro danni fisici o mentali, e dovrà evitare di imporre misure che impediscano alle donne palestinesi di partorire.
Secondo le altre misure, Israele dovrà punire i cittadini israeliani che incitano al genocidio; dovrà consentire l’ingresso di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza, senza limitazioni; dovrà impedire la distruzione di prove che potrebbero essere usate nel processo sul presunto genocidio che seguirà; dovrà presentarsi davanti alla Corte tra un mese per verificare che le misure siano state applicate.
In teoria le decisioni della Corte sono vincolanti, ma in pratica il tribunale non ha davvero mezzi per farle rispettare. Potrebbe farlo con una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, ma è molto improbabile, visto che uno degli alleati più stretti di Israele, gli Stati Uniti, ha il potere di veto e può bloccare qualsiasi decisione.
Il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant ha criticato la decisione della Corte: ha definito «antisemita» l’accusa del Sudafrica e ha scritto su X (Twitter) che «lo stato di Israele non ha bisogno di ricevere lezioni sulla morale per riuscire a distinguere i terroristi dai civili nella Striscia di Gaza». Al contrario Sami Abu Zuhri, un portavoce del gruppo radicale palestinese Hamas, ha descritto la decisione della Corte come uno «sviluppo importante» che «mette in luce i crimini compiuti da Israele a Gaza».
Il caso per genocidio contro Israele era stato presentato dal Sudafrica a fine dicembre ed era stato sostenuto anche da altri paesi, soprattutto arabi. Secondo l’accusa del Sudafrica, le operazioni militari di Israele nella Striscia di Gaza violerebbero la Convenzione sul genocidio.
Nel diritto internazionale il crimine di genocidio ha caratteristiche specifiche e stringenti: indipendentemente dal merito del caso, è molto difficile provare in un tribunale internazionale che una guerra come quella di Israele a Gaza costituisce anche un crimine di genocidio. La Corte internazionale di giustizia, fino a oggi, non ha mai condannato uno stato per genocidio.
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