Da cinque giorni un incendio costringe gli abitanti di Licata a stare in casa
Una densa nube di fumo si è sprigionata da cumuli di rifiuti speciali che continuano a bruciare: il comune siciliano ha chiuso le scuole e vietato le attività all'aperto
Dalla sera di sabato 20 gennaio i vigili del fuoco sono al lavoro per spegnere un incendio divampato in un deposito di rifiuti di Licata, un comune siciliano di circa 40mila persone in provincia di Agrigento. L’intervento è complicato perché le fiamme si sono alzate da grandi cumuli di rifiuti ingombranti, soprattutto mobili, materassi e inerti (calcinacci, ceramiche, cemento, macerie di vario tipo). I cumuli sono fatti quindi di materiale molto infiammabile, che brucia ininterrottamente da cinque giorni provocando una densa nube di fumo.
Passato l’iniziale ottimismo sulla possibilità di spegnere l’incendio in poche ore, il comune di Licata è stato costretto a chiudere le scuole almeno fino a sabato 27 gennaio e ad annullare i mercati. Gli abitanti sono stati invitati a evitare le attività all’aperto e a indossare le mascherine: la maggior parte non esce di casa se non per andare al lavoro.
L’incendio è divampato in un deposito di rifiuti della società Omnia, specializzata nella raccolta e nello stoccaggio di rifiuti speciali e pericolosi. L’azienda gestisce un’area di 20mila metri quadrati con piazzali e depositi nella zona di piano Bugiades. A poche decine di metri di distanza dai cumuli che hanno preso fuoco c’è un deposito in cui vengono stoccati rifiuti di amianto: un materiale che fino a circa trent’anni fa veniva utilizzato per le costruzioni, viste le sue proprietà ignifughe, e poi si è rivelato un potente cancerogeno.
Omnia è sotto sequestro da due anni per presunte violazioni delle norme regionali sulla gestione dei rifiuti. Nel 2022 i carabinieri accusarono l’azienda di mischiare rifiuti da trattare separatamente e di ammassare cumuli in modo non corretto, per un tempo superiore a quanto previsto e senza le dovute registrazioni.
I vigili del fuoco stanno lavorando con turni per coprire tutte le 24 ore della giornata. È un lavoro lungo e pesante perché i rifiuti vanno spostati dai cumuli in fiamme, portati nei piazzali e spenti con acqua e schiuma ignifuga. Le ruspe non riescono a muoversi facilmente nei piazzali e i vigili del fuoco devono fare attenzione al vento che sposta il fumo e le fiamme all’improvviso. Mercoledì è stato utilizzato anche un aereo Canadair, con scarsi risultati.
#Agrigento, prosegue l’impegno dei #vigilidelfuoco per l’#incendio della ditta specializzata nel riciclo dei rifiuti a Licata: dopo 3 giorni di lavoro è stato necessario anche l’impiego di un #canadair per le operazioni di spegnimento e bonifica#24gennaio pic.twitter.com/Q1ysuksWWD
— Vigili del Fuoco (@vigilidelfuoco) January 24, 2024
La causa dell’incendio non è stata ancora individuata. Le condizioni meteorologiche dei giorni scorsi hanno contribuito a spostare il fumo sprigionato dall’incendio nel centro abitato, con notevoli conseguenze per gli abitanti. La protezione civile ha emesso un’allerta per invitare le persone a tenere chiuse le finestre e a indossare le mascherine oltre a evitare di stendere i panni all’aperto.
Domenica, poche ore dopo l’inizio dell’incendio, l’associazione antimafia “A testa alta” ha fatto un esposto all’ARPA, l’agenzia regionale di protezione dell’ambiente, alla procura e alla prefettura per chiedere un controllo immediato della qualità dell’aria.
Il timore dell’associazione e della stessa amministrazione comunale è che l’incendio abbia fatto alzare i livelli di diossina. Con il termine diossina si indica generalmente un gruppo di sostanze tossiche e cancerogene prodotte in alcuni processi di combustione, in grado di rimanere a lungo sia nell’ambiente che all’interno degli organismi, compresi i tessuti grassi del corpo umano. «Se nel deposito c’è della plastica, questa combinata con altri materiali può produrre diossina: attendiamo i rilievi dell’ARPA», ha detto il presidente di Legambiente Agrigento, Daniele Gucciardo. «Di certo la nostra civiltà è assuefatta all’uso della plastica. Non è difficile ipotizzarne la presenza anche nel centro di stoccaggio».
Da lunedì i tecnici dell’ARPA hanno iniziato a raccogliere campioni di aria da analizzare in laboratorio. I risultati sono attesi nel pomeriggio di giovedì. Le zone potenzialmente più esposte sono Mollarella, Piano Cannelle e Bugiades, e via Palma. Da mercoledì il cambio di direzione del vento ha contribuito a spostare parte della nube verso il mare, ma il problema si risolverà definitivamente solo quando l’incendio sarà spento.