Meloni non è d’accordo con Netanyahu sulla creazione di uno stato palestinese
Alla Camera ha ribadito di essere favorevole alla “soluzione dei due stati”, a cui il primo ministro israeliano si è sempre opposto
Mercoledì la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha partecipato a un question time alla Camera, ossia una sessione in cui i parlamentari possono rivolgere al governo domande specifiche e ricevere una risposta immediata. In realtà le domande vengono depositate alcuni giorni prima dell’incontro, per dare modo ai ministri e agli altri esponenti del governo di studiare la questione e preparare una risposta adeguata, che poi viene letta in aula.
Durante la sessione Meloni ha replicato a una domanda fatta dal segretario di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, sulla guerra in corso tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza, che ormai va avanti da più di tre mesi e mezzo. Fratoianni ha chiesto a Meloni cosa pensa il suo governo della ferma contrarietà del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu alla nascita di uno stato palestinese, una possibilità sostenuta invece da gran parte della comunità internazionale. Netanyahu ha ribadito la sua contrarietà alla creazione di uno stato palestinese anche la settimana scorsa, durante una conferenza stampa.
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Meloni ha risposto piuttosto chiaramente alla domanda di Fratoianni, dicendo di non condividere «la posizione recentemente espressa dal primo ministro israeliano», e di sostenere invece la cosiddetta “soluzione a due stati”, che prevede appunto la creazione di uno stato israeliano e di uno palestinese. Meloni ha sottolineato però che il riconoscimento di uno stato palestinese «non può essere richiesto unilateralmente», e che quindi anche i palestinesi dovranno riconoscere «il diritto all’esistenza di uno stato ebraico».
In passato Meloni ha coltivato un rapporto piuttosto amichevole con Netanyahu, che oggi guida il governo più di destra della storia di Israele. I due si sono incontrati più volte, anche dopo l’insediamento di Meloni: lo scorso 10 marzo per esempio Netanyahu era andato a Roma e aveva incontrato la presidente del Consiglio, proprio mentre in Israele erano in corso grosse proteste contro una riforma giudiziaria proposta dal suo governo e considerata molto controversa.
Negli ultimi mesi Meloni ha avuto vari colloqui telefonici con Netanyahu, per esempio ad aprile e anche l’8 ottobre, il giorno successivo al violento attacco di Hamas contro Israele che ha dato inizio alla guerra ancora in corso a Gaza. In quell’occasione Meloni aveva assicurato «piena solidarietà» al governo israeliano, e poche settimane dopo l’Italia si era astenuta dal votare una risoluzione delle Nazioni Unite che chiedeva una tregua umanitaria nella Striscia di Gaza, insieme a molti altri paesi europei. Il 22 ottobre Meloni era andata a Tel Aviv, in Israele, dove aveva incontrato Netanyahu e ribadito il sostegno dell’Italia al paese.
In generale, nei giorni e nelle settimane immediatamente successive all’attacco di Hamas gran parte della comunità internazionale si era mostrata molto solidale con Israele. Il governo di Netanyahu ha risposto duramente all’attacco, iniziando prima a bombardare e poi a invadere via terra la Striscia di Gaza, dove finora sono state uccise più di 25mila persone, in gran parte civili. Con il passare del tempo e l’intensificarsi dei combattimenti alcuni paesi occidentali hanno iniziato ad adottare posizioni più caute nei confronti di Israele, tra cui alcuni paesi europei e anche gli Stati Uniti, che in più occasioni hanno chiesto al governo di Netanyahu di evitare di colpire le zone della Striscia densamente popolate, per evitare di uccidere civili (cosa che non sta succedendo).
Anche Meloni sembra aver cambiato almeno parzialmente atteggiamento nei confronti di Netanyahu, come confermato anche dalla sua risposta al question time di mercoledì. Rispondendo a Fratoianni, Meloni ha condannato l’attacco di Hamas e le violenze compiute dai suoi miliziani, ma ha anche ricordato che l’Italia ha sempre sostenuto il diritto del popolo palestinese ad avere «uno stato indipendente, sicuro ed economicamente prospero», e ha detto che questa è una posizione condivisa anche dal suo governo.
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