L’ispezione all’ospedale Careggi di Firenze sui farmaci per minorenni con disforia di genere
L'ha ordinata il ministro della Salute dopo un'interrogazione parlamentare di Maurizio Gasparri, per verificare le modalità di prescrizione
Il ministro della Salute Orazio Schillaci ha ordinato un’ispezione all’ospedale Careggi di Firenze per verificare i «percorsi relativi al trattamento dei bambini con disforia di genere e all’uso del farmaco triptorelina». La triptorelina è un farmaco bloccante di alcuni aspetti dello sviluppo puberale utilizzato per accompagnare le esperienze di varianza di genere durante l’infanzia e l’adolescenza: per accompagnare, cioè, chi non si sente a suo agio nel genere assegnato socialmente alla nascita sulla base degli organi genitali, oppure non si conforma con le regole sociali che quell’assegnazione implica.
L’ispezione, iniziata lunedì 23 gennaio e in corso anche oggi, è arrivata a seguito di un’interrogazione parlamentare presentata il 18 dicembre dal capogruppo di Forza Italia al Senato Maurizio Gasparri. Nel testo dell’interrogazione Gasparri scrive di aver avuto notizia che all’ospedale Careggi di Firenze la triptorelina venga somministrata senza rispettare le procedure individuate dall’Agenzia italiana del farmaco (AIFA).
Intorno ai tre anni la maggior parte dei bambini e delle bambine è consapevole del sesso assegnato alla nascita sulla base degli organi genitali, del genere corrispondente a quel sesso e delle aspettative che il mondo intorno a loro ha sul modo di esprimerlo. A volte succede che alcune bambine e alcuni bambini non si sentano a loro agio nel genere atteso o che manifestino il desiderio persistente di identificarsi in un genere diverso.
Questo disagio e questo desiderio si esprimono, spesso, attraverso alcuni comportamenti e preferenze considerati opportuni per un genere e non per un altro: questi comportamenti possono avere a che fare con il voler indossare abiti socialmente associati al genere opposto, con la preferenza per colori o giochi diversi da quelli che ci si aspetterebbe o, ancora, con l’insoddisfazione nei confronti dei propri genitali e, successivamente, delle mestruazioni, dell’abbassamento della voce o della crescita di barba e tette.
In altri casi la questione è un po’ più complessa e riguarda l’identità di genere, cioè quel processo intimo che permette l’identificazione rispetto alle categorie del genere socialmente disponibili. Alcune persone minorenni con varianza di genere possono identificarsi, con più o meno persistenza, con il genere opposto rispetto alla nascita, altre con nessuno dei due generi, altre ancora con entrambi i generi.
Nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (Dsm) e nella Classificazione internazionale delle malattie dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) questo tipo di esperienza rientra rispettivamente nelle categorie diagnostiche della disforia e dell’incongruenza di genere: la prima descrive il disagio legato al rapporto con un corpo che non si riconosce, la seconda ha una definizione più neutra. Tuttavia oggi chi si occupa professionalmente della salute delle persone trans parla soprattutto di «varianza di genere». È un’espressione pensata per includere una più ampia complessità di vissuti e prendere le distanze dal modello medico che li considerava come una patologia, e che storicamente ha dominato gli approcci psicoterapeutici alla varianza di genere nell’infanzia e nell’adolescenza.
In Italia, dal 2008, a occuparsi in modo integrato e coordinato di varianza di genere durante l’infanzia e l’adolescenza è l’Osservatorio nazionale sull’identità di genere (ONIG) che ha prodotto delle linee guida specifiche. L’ONIG è legato a diversi centri per persone minorenni con varianza di genere in cui lavorano psicologi, neuropsichiatri infantili, psichiatri, endocrinologi, pediatri. Sono otto e tra questi c’è anche l’Ambulatorio per le identità di genere atipiche in età evolutiva di Careggi.
Le linee guida dell’ONIG prevedono una certa flessibilità a seconda della situazione e dicono che è necessario procedere con una valutazione multidisciplinare di ogni singolo caso, per una “presa in carico” graduale e in armonia con le tappe di sviluppo. Con “presa in carico” in ambito medico ci si riferisce all’inizio del percorso di assistenza da parte del servizio sanitario. Gli approcci di presa in carico cambiano dunque a seconda dell’età e dei singoli casi: al di sotto dei dodici anni la presa in carico è centrata su accoglienza, comprensione, inserimento sociale, e sulla possibilità che queste persone vivano la loro varianza di genere senza interferenze esterne. Non è previsto, dunque, alcun intervento di tipo medico.
Con l’arrivo della pubertà (cioè la transizione dall’infanzia all’età adulta che porta al conseguimento della maturazione sessuale) tutto si complica. Lo sviluppo puberale rende il corpo ancora più centrale nella propria costruzione dell’identità: un corpo che in un’adolescenza con varianza di genere si sviluppa nella direzione opposta alle aspettative rischia di generare una sofferenza molto intensa. L’opportunità di bloccare temporaneamente l’avanzamento delle modifiche puberali assumendo farmaci appositi concede dunque il tempo di esplorare in modo più sereno la propria identità e di maturare una decisione sulle diverse possibilità future.
I farmaci in questione, come la triptorelina, sono detti bloccanti della pubertà e agiscono sul sistema endocrino: fermano lo sviluppo delle mestruazioni, la crescita delle tette e dei peli, lo sviluppo dei testicoli e l’abbassamento della voce. Sono già ampiamente utilizzati per il trattamento della pubertà precoce, che avviene prima degli otto o nove anni, e anche contro il tumore al seno e alla prostata. La loro azione è temporanea e reversibile. La terapia con i bloccanti non è, insomma, una riassegnazione di genere: non modifica il corpo, ma lo lascia neutrale, e può essere sospesa dopo al massimo quattro anni, consentendo la ripresa dello sviluppo puberale nella direzione del genere assegnato alla nascita. In generale, nella letteratura scientifica, la disforia di genere delle persone minorenni non adeguatamente trattata è associata a più alti livelli di ansia e depressione, e a un più alto rischio di suicidio, oltre a disturbi gastrointestinali legati all’angoscia di utilizzare i bagni pubblici.
Si considera dunque che nella condizione delle persone trans astenersi da qualsiasi intervento, posticipandolo eventualmente all’età adulta, possa essere una scelta dannosa, più dei rischi sulla salute che l’uso di quei farmaci comporterebbe (che sono la mineralizzazione delle ossa e il rischio di fratture, comunque estremamente basso secondo la letteratura scientifica più recente).
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Fino al 2018 in Italia la triptorelina era utilizzata per la sospensione della pubertà in modalità off-label, cioè in modalità diverse dalle indicazioni di utilizzo di quel farmaco, e per questo era pagata dalle famiglie. Nell’aprile del 2018, a seguito della richiesta di alcune società scientifiche, l’AIFA aveva chiesto al Comitato nazionale per la bioetica (CNB) un parere in merito all’uso della triptorelina per il trattamento di adolescenti con disforia di genere.
Nel luglio del 2018 il CNB aveva pubblicato un documento concludendo che fosse opportuno giustificare l’utilizzo di tale farmaco «ispirandosi ad un approccio di prudenza, in situazioni accuratamente selezionate da valutare caso per caso» e tenendo conto di una serie di raccomandazioni: che la diagnosi e la proposta di trattamento provenissero da un’équipe multidisciplinare e specialistica, che il trattamento fosse limitato a casi dove gli altri interventi psichiatrici e psicoterapeutici erano risultati inefficaci, e che il trattamento prevedesse un consenso espresso in modo libero e volontario, con la consapevolezza delle informazioni ricevute.
In seguito al parere, nel febbraio del 2019 l’AIFA ha inserito la triptorelina nell’elenco dei medicinali erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale, suscitando molte critiche soprattutto da parte dei cattolici più conservatori. Nella determina dell’AIFA si parla della triptorelina per «l’impiego in casi selezionati in cui la pubertà sia incongruente con l’identità di genere (disforia di genere), con diagnosi confermata da una équipe multidisciplinare e specialistica e in cui l’assistenza psicologica, psicoterapeutica e psichiatrica non sia risolutiva».
Sarebbero queste le indicazioni che, secondo Gasparri, Careggi non rispetterebbe. Nella sua interrogazione Gasparri scrive che «ai bambini di età media di 11 anni» che si rivolgono alla struttura non viene «fornita assistenza psicoterapeutica e psichiatrica e che nello stesso ospedale il reparto di neuropsichiatria infantile proprio non esiste».
In vista dell’ispezione, da Careggi hanno già trasmesso una relazione dettagliata al ministero in cui si parla di numeri molto ridotti e di procedure comunque già complesse e supervisionate che vengono avviate dalle famiglie dei e delle minori coinvolti. La Regione Toscana ha a sua volta sintetizzato alcuni dati di questa relazione: nel 2022 al Centro regionale per l’incongruenza di genere (CRIG) si sono registrati 60 accessi e 18 prescrizioni per il trattenimento farmacologico; nel 2023 i numeri sono saliti rispettivamente a 150 e 26. Dunque in percentuale la somministrazione della triptorelina è diminuita. L’età media di chi accede al servizio è 14,8 anni, di chi riceve il farmaco 15,2.
Nella relazione si precisa dunque che la triptorelina viene somministrata solo a ragazzi già in pubertà, e non ai bambini, e si spiega che se a Careggi ci si occupa solo marginalmente della valutazione psicologica dei pazienti è perché a svolgere il servizio è l’ASL Toscana centro: «Lo psicologo valuta nel corso di varie sedute nell’arco di circa un anno se il paziente soddisfa i criteri diagnostici per la disforia di genere. Qualora l’adolescente soddisfi i criteri, l’utente e la famiglia continuano a ricevere regolari colloqui psicologici, con attivazione concomitante dell’équipe multidisciplinare e specialistica (con un neuropsichiatra, un endocrinologo, uno psicologo e uno specialista di bioetica). L’équipe, che si riunisce una volta al mese, ha il compito di confermare la diagnosi di disforia di genere analizzando ogni singolo caso».
Il ministero della Salute ha detto che l’ispezione «non ha alcun intento punitivo, bensì di conoscenza sul campo dei percorsi messi in atto», ma ha anche fatto sapere, così come richiesto nell’interrogazione di Gasparri, di aver sollecitato il Comitato nazionale di biotetica e l’AIFA a «rivalutare» l’uso della triptorelina per considerarne l’eliminazione dai farmaci dispensati a carico del Servizio sanitario nazionale.
Nel novembre del 2022 il governo di Giorgia Meloni aveva avviato una profonda riforma dell’AIFA che, tra le altre cose, prevede l’eliminazione del direttore generale e l’accorpamento di molte funzioni nella figura del presidente, che è di nomina politica. La riforma è stata molto criticata dalle opposizioni, ma non solo, perché rende l’agenzia più dipendente dal governo di turno. Dal gennaio del 2023 il nuovo presidente dell’AIFA è Giorgio Palù, scelto dalla Lega.
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