Abbiamo decifrato un messaggio in codice trovato in un abito dell’Ottocento
L'aveva pubblicato online dieci anni fa un'archeologa e conteneva frasi apparentemente incomprensibili che avevano incuriosito molti appassionati di crittografia
Alla fine del 2013 l’archeologa statunitense Sara Rivers Cofield, che colleziona abiti antichi, fece una scoperta piuttosto bizzarra: in un abito da donna di fine Ottocento che aveva comprato in un negozio di antichità del Maine per 100 dollari trovò un biglietto stropicciato con una serie di combinazioni di parole scritte a mano, che a prima vista non avevano alcun senso. Cofield pensò subito che si trattasse di un qualche tipo di messaggio in codice e condivise le foto dell’abito e del biglietto sul suo blog, Commitment to Costumes, contando di riuscire a trovare una risposta con l’aiuto dei suoi lettori e di internet.
A poco a poco il contenuto del biglietto attirò la curiosità di molte persone appassionate di crittografia, cioè l’insieme dei metodi impiegati per rendere un messaggio non comprensibile a chi non sa come interpretarlo. Nell’estate del 2023, dopo dieci anni, è stato decifrato da un analista dell’Università canadese di Manitoba, che per farlo ha consultato circa 170 manuali di scrittura in codice.
L’abito in seta color bronzo risaliva più o meno al 1880. Il biglietto era stato riposto in una piccola tasca nascosta sotto alla tournure (o sellino), la struttura che serviva per rialzare e sostenere il drappeggio dell’abito in fondo alla schiena, all’altezza del sedere. Sulle sue due facciate c’erano 23 frasi che mettevano insieme nomi di persone o città nordamericane e parole difficili da interpretare, che apparentemente non avevano alcun legame tra loro.
Una per esempio diceva “Paul Ramify loamy event false new event”, che si potrebbe tradurre molto a spanne come “Paul si estende evento argilloso falso nuovo evento”; un’altra “Calgary, Cuba, unguard, confute, duck, fagan”, che con la stessa approssimazione risulterebbe “Calgary, Cuba, esporre, smentire, anatra, fagan”, dove quest’ultima parola sembrerebbe indicare un nome proprio, almeno in apparenza. Nella nicchia di appassionati di messaggi in codice il caso cominciò a essere conosciuto come il “Silk Dress cryptogram”, il crittogramma dell’abito di seta, tanto che nel 2017 il blog specializzato Cipherbrain lo incluse nella sua lista dei migliori 50 messaggi cifrati ancora irrisolti.
L’analista del Centro per le Scienze dell’Osservazione della Terra dell’Università di Manitoba Wayne Chan cominciò a interessarsi al caso nel 2018. Sapendo che alla fine dell’Ottocento si usavano messaggi cifrati sia in ambito bancario che nel settore dell’estrazione mineraria, così come nell’industria alimentare, Chan ipotizzò che le parole sul biglietto servissero appunto per raccogliere e sintetizzare informazioni in modo che non si potessero interpretare a meno che non si conoscesse la chiave per farlo.
Dopo poco tempo Chan abbandonò la ricerca, che però riprese alla fine del 2022, arrivando alla soluzione nel giro di alcuni mesi: erano dati sulle osservazioni del meteo in diverse aree degli Stati Uniti e del Canada. Per arrivare a questa conclusione Chan ha consultato decine e decine di libri che parlano di codici e linguaggi in codice per cercare corrispondenze con le parole scritte sul biglietto.
Il primo indizio glielo aveva fornito un libro del 1880 sulla storia del telegrafo, in cui si spiegava che codici simili venivano usati per scambiare informazioni a distanza anche dai corpi di comunicazione dell’esercito degli Stati Uniti e dallo US Weather Bureau, l’antenato del National Weather Service, l’agenzia meteorologica nazionale. In seguito Chan si era rivolto ai bibliotecari della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), l’agenzia statunitense che si occupa degli studi meteorologici e oceanici, che lo avevano aiutato a risolvere il mistero grazie a un libro di codici telegrafici del 1892.
Confrontando le interpretazioni delle frasi con le informazioni raccolte sui registri dell’epoca è stato inoltre possibile capire che le osservazioni meteo risalivano al 27 maggio del 1888.
In estrema sintesi, ciascuna frase cominciava con il nome di una stazione meteo e proseguiva con parole in codice che indicavano la temperatura, la direzione del vento e tutta una serie di osservazioni legate a nuvole, precipitazioni e così via. “Bismark Omit leafage buck bank” per esempio voleva dire che l’osservazione era stata effettuata nella stazione di Bismarck, nell’attuale North Dakota. Oltre a fornire dati sulla pressione atmosferica, “Omit” indicava una temperatura di circa 13 °C, mentre “leafage” il punto di rugiada a 0 °C alle ore 22. “Buck” voleva dire tempo sereno, senza piogge, e vento proveniente dal nord; “bank” invece un vento di circa 19 chilometri all’ora, con tramonto sereno.
«È probabilmente uno dei codici telegrafici più complicati che io abbia mai visto», ha detto Chan in un’intervista data a inizio gennaio al New York Times. Chan, che ha illustrato le sue ricerche in un articolo pubblicato sulla rivista Cryptologia ad agosto, ha spiegato che nonostante ogni giorno venissero trasmesse «centinaia di messaggi telegrafici relativi al meteo, è raro che questi venissero archiviati», e che siano arrivati fino a noi. Per questa ragione a suo dire il biglietto è un documento «inestimabile» di un aspetto poco ricordato della storia della meteorologia.
Quello che non si è ancora scoperto, e che forse non si scoprirà mai, è a chi apparteneva l’abito e come mai questa persona ci avesse nascosto quel biglietto.
Cofield ha notato che quello in cui è stato trovato il biglietto non era un abito da festa, ma più probabilmente usato per situazioni formali o per il lavoro. La NOAA ha ricordato che a fine Ottocento erano centinaia le donne e gli uomini che annotavano le condizioni meteo come volontari per conto dello Smithsonian, l’importante istituto di istruzione e ricerca amministrato e finanziato dal governo degli Stati Uniti. Tuttavia queste persone spedivano le loro note via posta, e inoltre non avrebbero usato codici come quelli trovati sul biglietto.
C’è un altro particolare dell’abito che potrebbe aiutare a capire di chi fosse, ma finora non ha portato a niente: una piccola etichetta con scritto “Bennett”.
Secondo le ricerche di Chan, tra le persone che lavoravano per i corpi di comunicazione dell’esercito degli Stati Uniti non c’era nessuna donna che si chiamasse Bennett di cognome. La NOAA fa notare che all’epoca in cui fu scritto il biglietto in effetti c’era un impiegato che si chiamava Maitland Bennett, ma sua moglie era incinta di otto mesi, e quindi era improbabile che il vestito in cui è stato trovato il biglietto le andasse bene.
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