Nemmeno il freddo ha rallentato la diffusione del granchio blu
In Veneto anche in inverno ne vengono pescati diversi quintali ogni giorno, un pessimo segnale per la produzione di vongole già compromessa la scorsa estate
Ogni giorno nelle reti dei pescatori del consorzio del Polesine, che rappresenta 1.500 imprese ittiche della provincia veneta di Rovigo, finiscono ancora dai 40 ai 50 quintali di granchi blu. Sembrava che la proliferazione di questo animale potesse essere un problema soltanto dei mesi estivi, invece sembra andare avanti anche nella stagione fredda. Nelle ultime settimane i granchi hanno continuato a invadere le lagune del Veneto e dell’Emilia-Romagna, dove la scorsa estate hanno mangiato quasi tutte le vongole allevate. Con il passare dei mesi la situazione non è migliorata e ogni carico di granchi pescato alimenta il timore di una diffusione ancora maggiore nei prossimi mesi.
Il granchio blu, il Callinectes sapidus, è una specie originaria della costa orientale degli Stati Uniti, diffusa tra il Canada meridionale e l’Argentina settentrionale. Non si sa bene come sia arrivato nel Mediterraneo: una delle teorie più diffuse è che abbia viaggiato nelle acque di zavorra delle navi mercantili, cioè i carichi di acqua che vengono prelevati o rilasciati a seconda delle esigenze di stabilità che ha la nave durante la navigazione.
Viene chiamato granchio blu per le grosse chele colorate di blu, talmente forti da danneggiare le reti da pesca. Vive solitamente a 30-40 metri di profondità, ma tollera bene anche condizioni diverse, come i fondali bassi delle lagune salmastre e degli estuari dei fiumi.
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Negli ultimi anni il granchio blu si è diffuso in molte regioni italiane, in particolare nelle lagune. Tra l’Emilia-Romagna e il Veneto, dove si concentra la metà degli allevamenti di vongole, ha causato un calo significativo della produzione nazionale. Lo scorso anno nella zona di Porto Tolle l’allevamento delle vongole è diminuito del 95%. «Non molla: in inverno è meno vorace rispetto all’estate, però continua a diffondersi», dice Emanuele Rossetti, biologo del consorzio pescatori del Polesine. «L’unico modo per eliminarlo è pescarne il più possibile, anche quelli di taglia piccola per far abbassare la curva di crescita della popolazione. Però per farlo servono esche, carburante, forza lavoro. Insomma, serve un aiuto economico».
Edoardo Turolla è un biologo marino, responsabile del centro ricerche molluschi di Goro, sul delta del Po, in provincia di Ferrara. Turolla dice che le aspettative dei pescatori erano poco giustificate. Il mare, soprattutto nelle zone lagunari, è poco soggetto agli sbalzi termici, e la temperatura si abbassa lentamente: grazie all’azione delle maree e dei venti, le zone di pesca del Veneto e dell’Emilia-Romagna continuano a essere un habitat ideale per il granchio blu anche in inverno. «Il granchio blu ha ridotto la sua attività, cioè mangia di meno, ma per farlo calare di numero bisogna portarlo via», dice Turolla.
Non è semplice capire come intervenire. Gli studi scientifici sulla proliferazione del granchio blu nelle lagune sono iniziati pochi mesi fa e per questo è ancora presto per avere già qualche risultato. Secondo Turolla servono campionamenti continui per osservare gli spostamenti all’interno delle lagune e le eventuali migrazioni. Solo così, dice, si riuscirà a individuare il metodo migliore per portarne via il più possibile nel momento migliore, contenendo le spese: «Non esiste il manuale per debellare il granchio blu, bisogna intervenire con i metodi adatti in ogni singola zona anche per non buttare soldi inutilmente. È un problema economico, perché danneggia la pesca, ma anche ambientale perché sta azzerando la biodiversità delle lagune. Qui è sempre più raro trovare alcune specie di crostacei e pesci che c’erano fino a pochi anni fa».
Il 23 ottobre del 2023 il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida ha firmato il decreto per assegnare 2,9 milioni di euro alle imprese ittiche che nei mesi precedenti avevano pescato e smaltito tonnellate di granchio blu. Di fatto il decreto ha rimborsato le spese per l’acquisto di attrezzi da pesca sostenute nel periodo tra il 1° agosto e il 31 ottobre. Ai pescatori del consorzio del Polesine sono arrivati in totale 340mila euro a fronte di un danno da 60 milioni di euro stimato per il 2023. Sia il Veneto che l’Emilia-Romagna hanno messo altri fondi, ma i contributi finora sono stati insufficienti.
La maggior parte dei pescatori è senza lavoro e senza stipendio da diversi mesi. Per martedì mattina a Venezia è in programma una manifestazione dei pescatori del consorzio del Polesine: chiedono un incentivo al governo per pescare il granchio blu e in questo modo cercare di debellarlo dalla laguna. Luigino Marchesini, il presidente del consorzio, ha detto che la manifestazione non è contro la Regione, invitata a unirsi alla protesta per sollecitare il governo. «A oggi non è stato ancora firmato lo stato di calamità naturale per i danni che abbiamo subito», ha detto Marchesini. «Sono arrivati i primi 2,9 milioni di euro stanziati dal ministero, ma la questione più pressante rimangono i contributi previdenziali e i mutui».
Fino a quando non verrà pescata una quantità significativa di granchi blu molti pescatori non si fidano a seminare vongole e cozze. C’è il rischio che il granchio si mangi di nuovo tutto, crescendo e moltiplicandosi ancora di più. «L’ambiente delle lagune è già stato devastato», dice Rossetti, biologo del consorzio. «I 50 quintali pescati sono un cattivo segnale: il 2024 potrebbe essere perfino peggiore dello scorso anno».