È morto Gigi Riva
Aveva 79 anni ed era considerato uno dei migliori attaccanti della storia del calcio: era stato appena ricoverato per un malore
È morto Gigi Riva, ex attaccante della Nazionale di calcio nonché il giocatore più famoso nella storia del Cagliari, per cui giocò per tredici anni tra gli anni Sessanta e Settanta, quasi tutta la sua carriera. Riva aveva 79 anni ed era stato ricoverato domenica nel reparto di cardiologia dell’ospedale Brotzu di Cagliari, la città in cui viveva: aveva una sindrome coronarica acuta e doveva essere sottoposto a una serie di controlli in vista di un intervento al cuore.
In una conferenza stampa fatta poco dopo la sua morte, i medici hanno detto che Riva ha avuto un arresto cardiaco. Al momento del ricovero le sue condizioni sembravano stabili: Riva aveva deciso di attendere a sottoporsi all’intervento di angioplastica coronaria consigliato dai medici, ma le sue condizioni di salute sono peggiorate nella serata di lunedì. È morto poco dopo le 19.
Riva, Luigi Riva alla nascita, era considerato uno dei migliori attaccanti della storia del calcio: nel 1999 la rivista specializzata World Soccer lo collocò al 72esimo posto nella classifica dei migliori calciatori del Ventesimo secolo. Nel 1970 il giornalista sportivo Gianni Brera lo soprannominò “Rombo di tuono”, come viene spesso chiamato ancora oggi. Giocò con la Nazionale italiana tra il 1965 e il 1974, segnando 35 gol su 42 presenze totali: un record a cui ancora oggi nessun giocatore italiano è riuscito ad avvicinarsi. Nel 1968 fu uno dei giocatori più importanti della nazionale che vinse i suoi primi Europei, giocati proprio in Italia: Riva segnò il primo dei gol con cui l’Italia vinse per 2-0 la finale contro la Jugoslavia.
Nel 1970 fu di gran lunga il giocatore più importante, decisivo e rappresentativo del primo e unico Scudetto vinto dal Cagliari, squadra di cui è tuttora considerato il calciatore più forte di sempre. Quell’anno Riva fu anche il capocannoniere della Serie A con 21 gol (in un campionato a 16 squadre) e per la terza volta in quattro anni. Nel 2005 la maglia numero 11, quella con cui giocava Riva, venne ufficialmente “ritirata” dal Cagliari: è una tradizione praticata da diverse squadre in occasioni speciali, che in sostanza impedisce a qualunque giocatore in futuro di usare quel numero perché considerato legato a un solo giocatore molto importante.
Dal 2019 Riva era il presidente onorario della squadra, un incarico che aveva ottenuto in occasione dell’anno del centenario del Cagliari e a cinquant’anni dalla stagione di Serie A della vittoria dello Scudetto (quella 1969-70).
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Sempre nel 1970 fu di nuovo tra i giocatori più rappresentativi della Nazionale che arrivò in finale ai Mondiali in Messico, perdendo poi contro il Brasile. In quel torneo segnò tre gol: due ai quarti di finale contro il Messico e uno contro la Germania Ovest in semifinale, in quella che è ricordata come “la partita del secolo”, vinta per l’Italia 4-3 ai tempi supplementari. Riva fece il gol del momentaneo 3-2 per l’Italia al 103esimo minuto, con un’azione particolarmente emblematica del suo modo di giocare: due controlli consecutivi del pallone con il sinistro, il secondo dei quali utile a liberarsi di un avversario, e poi un tiro incrociato rasoterra all’angolino, di nuovo col sinistro.
Riva era appunto di piede mancino, ma in un modo piuttosto radicale: non toccava quasi mai la palla col destro, nemmeno per controllarla e per portarla avanti. Manlio Scopigno, il suo allenatore nell’anno dello scudetto al Cagliari, diceva che a Riva il piede destro serviva «solo per salire sul tram». Con il sinistro controllava la palla, la passava, dribblava e tirava in modo eccezionalmente potente e preciso. Era un gran colpitore di testa. Era forte fisicamente, rapido e molto propenso al gioco acrobatico: sono molto ricordati certi suoi gol realizzati grazie a gesti atletici eccezionali e inusuali per un calciatore. Il primo allenatore che ebbe da giovane quando giocava nel Legnano, Luciano Lupi, descrisse così questa sua attitudine: «Riva mette la testa dove altri non osano mettere il piede».
Negli anni migliori con il Cagliari e la Nazionale Riva era unanimemente considerato uno dei giocatori più forti al mondo: nel 1969 arrivò secondo al Pallone d’oro dietro a un altro italiano, Gianni Rivera del Milan, nel 1970 terzo dietro il tedesco Gerd Müller e l’inglese Bobby Moore.
Riva era nato il 7 novembre del 1944 a Leggiuno, in provincia di Varese. Ebbe un’infanzia difficile: la famiglia era povera, il padre morì per un incidente sul lavoro quando aveva nove anni e lui fu cresciuto in un collegio. La madre morì per un tumore poco prima che diventasse maggiorenne. Cominciò a giocare a calcio a 15 anni nella squadra locale del Laveno Mombello, per poi entrare a 17 anni nel Legnano, che giocava in serie C. Passò al Cagliari solo un anno dopo, nel 1963, e ci restò fino alla fine della sua carriera nel 1977, conclusa soprattutto a causa di una serie di infortuni.
Al Legnano Riva era promettente ma era difficile prevedere che diventasse così forte: era molto giovane e nelle 23 partite di quell’unica stagione aveva segnato 6 gol. Arrivò al Cagliari per una serie di fattori concomitanti e casuali. In quegli anni il Cagliari giocava spesso due partite consecutive in casa e due partite consecutive in trasferta, e quando doveva stare per due settimane nell’Italia continentale senza tornare in Sardegna la squadra si stabiliva spesso a Legnano, dove venne notato Riva.
C’era comunque una certa concorrenza e il Cagliari lo acquistò per 38 milioni di lire, una cifra notevole per una squadra che in quel momento giocava nel campionato di Serie B. Come avrebbe ammesso lui stesso più volte in futuro, Riva inizialmente non fu particolarmente convinto di trasferirsi al Cagliari e ci andò controvoglia, con l’idea di tornare se non si fosse trovato bene: com’è noto, anche dopo essersi ritirato dal calcio Riva ha poi vissuto sempre a Cagliari, fino agli ultimi anni e alla morte.
Nel suo primo anno al Cagliari la squadra venne promossa in Serie A, e negli anni successivi divenne una delle più ambiziose del campionato fra quelle non di primissima fascia, riuscendo sempre a fare campionati di alto livello. Nel 1967 però la crescita della squadra si interruppe per via di un grave infortunio di Riva al perone, procurato durante un’amichevole con la Nazionale. Dopo il suo ritorno dall’infortunio però il Cagliari arrivò prima secondo nella stagione 1968-69, e infine vinse il campionato l’anno successivo.
Fu un momento storico per tutta la Sardegna, che molti descrissero come un evento di riscatto sociale davanti al resto d’Italia: il giornalista Gianni Brera arrivò a dire che lo scudetto «rappresentò il vero ingresso della Sardegna in Italia» e permise alla regione «di liberarsi da antichi complessi di inferiorità».
Negli anni successivi allo scudetto ancor più che in quelli precedenti Riva ricevette molte offerte dalle più grandi e ricche squadre italiane, che puntualmente rifiutò pur di restare al Cagliari, anche rinunciando a stipendi molto maggiori: chiese anche alla società di non cederlo nonostante le molte offerte (all’epoca i giocatori avevano molto meno peso di oggi nelle contrattazioni, e spesso non ne avevano proprio), tra cui si ricorda spesso quella della Juventus, che per l’acquisto di Riva arrivò a offrire al Cagliari un miliardo di lire.
Nel 1976 subì l’ennesimo grave infortunio dopo un contrasto con Aldo Net, difensore del Milan, e non riuscì a recuperare. Si ritirò dalla carriera di calciatore abbastanza giovane, a 32 anni, con 156 gol realizzati in 289 partite di Serie A, una media di più di un gol ogni due partite: eccezionale in assoluto ma soprattutto per l’epoca. In tutto con il Cagliari segnò 208 gol. Dopo il ritiro entrò nella dirigenza del Cagliari, rimanendoci fino al 1986. Dall’anno successivo fu chiamato nella dirigenza della Nazionale, dove restò per molti anni con ruoli diversi, ma sempre molto a contatto con i giocatori, fino al 2013.
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