La causa della compagnia petrolifera Exxon contro due azionisti ambientalisti

Due fondi etici vorrebbero imporre piani di riduzione delle emissioni più severi, ma l'azienda si sta opponendo

(AP Photo/Charlie Riedel, File)
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La compagnia petrolifera Exxon Mobil ha fatto causa a due suoi azionisti, Arjuna Capital e Follow This, entrambe società di investimenti etici e ambientali, per impedire loro di proporre agli altri azionisti una mozione che costringerebbe l’azienda a ridurre le proprie emissioni di gas serra molto più di quanto promesso finora.

Secondo la causa – depositata domenica in un tribunale del Texas, dove ha sede la società – i due fondi ambientalisti avrebbero l’obiettivo «di costringere Exxon Mobil a cambiare la natura del suo business o di farle cessare completamente l’attività». La «natura» del business di Exxon, in questo senso, è l’estrazione e la commercializzazione di petrolio, gas naturale e altri combustibili fossili. In pratica Exxon ha fatto causa a due suoi piccoli azionisti per impedire loro di mettere ostacoli alle attività petrolifere.

I combustibili fossili come gas e petrolio sono tra i maggiori responsabili di emissioni di gas serra, che portano poi al riscaldamento globale.

È piuttosto raro che le aziende intentino una causa per bloccare le mozioni degli azionisti. Di norma per farlo basta presentare una richiesta alla SEC, la Securities and Exchange Commission, ossia l’istituto che si occupa di vigilanza e regolamentazione dei mercati finanziari (l’equivalente statunitense della Consob italiana). La causa di Exxon è stata letta come un tentativo piuttosto insolito di aggirarla, ed è notevole perché è il segnale che esiste un crescente senso di frustrazione in alcuni ambienti aziendali verso l’operato della SEC, che viene spesso accusata di essere sempre più schierata dalla parte degli ambientalisti e degli investitori etici, soprattutto negli ultimi anni dell’amministrazione di Joe Biden.

La causa arriva poi in un momento di crescente opposizione politica agli investimenti etici da parte della destra statunitense e di personaggi anche di spicco del Partito Repubblicano, come l’ex candidato alle primarie del partito Ron DeSantis. Queste critiche hanno motivazioni soprattutto ideologiche, secondo cui gli investimenti finanziari che privilegiano aspetti dell’economia più rispettosi dell’ambiente e socialmente sensibili farebbero parte della cosiddetta cultura “woke”, e avrebbero quindi una connotazione progressista e di sinistra, in aperto contrasto con la logica del profitto.

È probabile che la vicenda sarà seguita con attenzione dalle grandi multinazionali statunitensi e, se Exxon vincesse, potrebbe in futuro avere un effetto dissuasivo sulle mozioni degli azionisti, diventate un modo piuttosto diffuso con cui i fondi etici cercano di influenzare le decisioni delle società.

Arjuna Capital e Follow This sono due società di investimento ESG, come si chiamano quei fondi che investono solo in attività che siano sostenibili a livello ambientale (Environment), sociale (Social) e manageriale (Governance). Si impegnano cioè a comporre il proprio portafoglio di titoli (cioè le azioni e gli altri prodotti finanziari che possiede) soltanto dopo aver valutato aziende e stati sulla base di queste tre caratteristiche – che hanno linee guida e punteggi specifici – oltre che dopo aver valutato il tradizionale rapporto tra il rendimento dell’investimento e il rischio che fa prendere all’investitore.

È ormai piuttosto frequente che questi fondi investano anche in aziende in aperto contrasto con i loro princìpi, proprio per tentare di avere un impatto etico sul loro business: assumono dunque il ruolo dei cosiddetti “investitori attivisti”. È questo il caso dell’investimento di Arjuna Capital e Follow This in una compagnia che vende combustibili fossili come Exxon Mobil.

Quando si investe in una società, soprattutto una società grande e quotata in borsa, i singoli azionisti non hanno modo di influire molto sulla gestione dell’azienda (a meno che non posseggano quote rilevanti). I piccoli azionisti possono però proporre delle mozioni in occasione delle assemblee annuali degli azionisti, cercando anche l’appoggio degli altri per fare in modo che vengano approvate: più ampia è la maggioranza più è probabile che la mozione avrà un impatto nelle decisioni della dirigenza.

Arjuna Capital ha presentato una mozione a dicembre chiedendo agli azionisti di Exxon di approvare alcune risoluzioni in occasione dell’assemblea degli azionisti del prossimo maggio. La mozione chiede di impegnare la società ad accelerare il ritmo nella riduzione di medio termine delle emissioni. Follow This si è unito alla proposta il giorno successivo.

La proposta di Arjuna Capital e Follow This chiede a Exxon di iniziare a calcolare tra le emissioni da ridurre anche quelle che in gergo vengono definite “emissioni indirette dalla catena del valore” (o emissioni Scope 3), come quelle derivanti dall’uso dei suoi prodotti da parte dei consumatori: nel caso di Exxon, per esempio, significa che l’azienda dovrebbe fare piani per ridurre le emissioni delle automobili che utilizzano la sua benzina. Exxon è l’unica tra le cinque maggiori società petrolifere del mondo a non aver fatto piani per la riduzione di questo tipo di emissioni.

Secondo Exxon la proposta di Arjuna Capital e Follow This viola le regole della SEC per la presentazione di questo tipo di mozioni: non rispetterebbe alcuni requisiti formali e in più violerebbe una regola che impedisce alle mozioni di pochi azionisti di intromettersi nelle principali scelte aziendali. Secondo Exxon i due fondi ESG le starebbero chiedendo di cambiare radicalmente i suoi prodotti, con l’obiettivo di «cambiare le sue operazioni quotidiane modificando – o addirittura eliminando – alcuni prodotti che vende». I prodotti in questione sono i combustibili fossili.

Dopo anni di negazioni, Exxon ha riconosciuto solo nel 2006 che l’uso di combustibili fossili contribuisce al cambiamento climatico, ma secondo il Wall Street Journal le resistenze interne all’azienda sono durate per molto tempo ancora: alcuni documenti interni mostrerebbero che i dirigenti hanno continuato per anni a mettere in dubbio la gravità della situazione.

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