• Mondo
  • Domenica 21 gennaio 2024

Le nuove inchieste sugli stupri compiuti da Hamas il 7 ottobre

Diversi giornali hanno raccontato dettagli molto cruenti, dopo aver svolto decine di interviste e aver visionato foto e video di quel giorno

Sangue sul pavimento di una casa nel kibbutz di Kissufim dopo l'attacco di hamas del 7 ottobre (AP Photo/Francisco Seco)
Sangue sul pavimento di una casa nel kibbutz di Kissufim dopo l'attacco di hamas del 7 ottobre (AP Photo/Francisco Seco)
Caricamento player

[Attenzione: l’articolo contiene descrizioni molto esplicite]

***

Nelle ultime settimane diversi importanti media internazionali, tra cui New York Times, Guardian e NBC, hanno pubblicato lunghe inchieste che raccontano gli stupri, le violenze sessuali e le mutilazioni di cui sono state vittima decine di donne israeliane quando il gruppo radicale islamista Hamas ha attaccato improvvisamente il sud di Israele il 7 ottobre 2023. Già nei giorni seguenti all’attacco erano cominciate a emergere testimonianze che raccontavano come i miliziani coinvolti nell’aggressione non avessero soltanto ucciso molte delle donne in cui si erano imbattuti, ma che le avessero anche stuprate e violentate in modo particolarmente brutale.

Tuttora non è possibile affermare con certezza quante siano state le vittime di violenza sessuale, e probabilmente non lo sarà mai: salvo qualche sopravvissuta ancora traumatizzata che per questo non vuole parlare con i media, tutte le persone in questione sono morte e sono state sepolte senza che fossero fatte loro autopsie o test particolari.

In un contesto caotico come quello del 7 ottobre, in cui tra Hamas e l’esercito israeliano ci sono stati combattimenti che sono andati avanti anche per giorni, le operazioni di recupero dei cadaveri si sono infatti concentrate piuttosto sull’identificazione e su una rapida restituzione dei corpi alle famiglie. Per di più, gran parte dei volontari che hanno recuperato i corpi erano ebrei ortodossi molto religiosi: alcuni di loro hanno detto di «non aver proprio pensato alla possibilità [che fossero state stuprate]», altri hanno ammesso di aver spostato e ripulito corpi o tagliato le fascette che li legavano come segno di rispetto per i morti, senza rendersi conto di star distruggendo eventuali prove.

Questo crea ovviamente grosse incertezze, perché tutti i resoconti si basano sulle parole di testimoni oculari.

Le nuove inchieste giornalistiche contribuiscono però a fornire nuovi dettagli, e alcune stime, su quello che è accaduto a molte donne il 7 ottobre. Secondo il New York Times, che si è basato su riprese video, fotografie, dati GPS di telefoni cellulari e interviste con più di 150 persone tra sopravvissuti, medici, e soldati, le violenze sessuali sono state sistematiche, e sono avvenute almeno in sette posti diversi nell’arco della giornata. Ci sono state donne violentate e uccise in tre punti dell’autostrada 232. In due diversi kibbutz, nel luogo dove si teneva il festival musicale Supernova e nei suoi dintorni sono invece stati trovati almeno trenta corpi di donne e ragazze con i vestiti strappati, le gambe divaricate e segni di abuso nelle zone genitali.

«Molti resoconti sono difficili da sopportare e le prove visive sono inquietanti da vedere», ha scritto il New York Times. I giornalisti Jeffrey Gettleman, Anat Schwartz e Adam Sella hanno raccontato di aver visto fotografie del cadavere di una donna ritrovata tra le macerie di un kibbutz, con decine di chiodi conficcati nelle cosce e nell’inguine, oltre a un video fornito dall’esercito israeliano in cui si vedevano due soldatesse a cui sembrava fosse stato sparato direttamente nella vagina.

– Leggi anche: I massacri di civili nei kibbutz di Be’eri e Kfar Azza

Una donna che era al festival musicale al momento dell’attacco ha invece raccontato loro di essere riuscita a nascondersi e di aver visto, dal proprio nascondiglio lungo l’autostrada 232, un gruppo di uomini armati violentare pesantemente e uccidere almeno cinque donne. Ha detto al New York Times di aver visto una giovane donna con i pantaloni abbassati fino alle ginocchia venire tirata per i capelli, fatta piegare e poi penetrata a turno mentre le veniva conficcato un coltello nella schiena. Ha detto anche di aver visto un miliziano tagliare via la mammella di una donna con un taglierino: «uno di loro ha continuato a stuprarla mentre l’altro ha lanciato la mammella a qualcun altro, e ci hanno giocato, se la sono tirata fino a quando non è caduta sulla strada». Inoltre ha raccontato di aver visto i miliziani trasportare le teste mozzate di altre tre donne. I giornalisti hanno ritenuto di fidarsi del suo racconto dopo aver visto delle foto che dimostravano che lei si trovasse effettivamente nel punto in cui aveva detto di trovarsi.

Altre testimonianze vengono dai volontari e dal personale medico che sono stati nel luogo del festival subito dopo l’attacco. «Quattro di loro hanno affermato di aver scoperto corpi di donne morte con le gambe aperte e la biancheria intima mancante – alcune delle quali avevano le mani legate da corde e fascette – nell’area della festa, lungo la strada, nel parcheggio e nei campi aperti intorno al festival», si legge nell’articolo. Otto medici volontari e due soldati israeliani che hanno raccolto i cadaveri in due kibbutz, quelli di Be’eri e Kfar Aza, hanno detto ai giornalisti di essersi imbattuti in almeno 24 corpi di donne e ragazze nude o seminude, alcune mutilate, altre legate e spesso isolate.

L’inchiesta del Guardian si è invece concentrata sull’identificare i casi di stupro per i quali esistono un grande quantitativo di prove incrociate: ne hanno trovati almeno sei, tra cui due che riguardavano ragazze minorenni. Shari Mendes, riservista incaricata di lavare gran parte dei cadaveri femminili e prepararli per la sepoltura, ha raccontato loro che le vittime sarebbero però ben di più: «[i corpi di] molte giovani donne sono arrivati coperti solo da stracci insanguinati o con solo la biancheria intima, che era spesso molto insanguinata. Il comandante della nostra squadra ha visto diverse soldatesse colpite all’inguine, alle parti intime, alla vagina o al seno».

Per il momento nessuna persona sopravvissuta a uno di questi stupri ha parlato pubblicamente della propria esperienza, anche se si sa per certo che ce ne sia qualcuna che al momento sta attraversando un periodo di cura psicologica per il trauma subito. «Tutti stanno cercando la prova definitiva, una donna sopravvissuta che testimoni in pubblico su ciò che le è successo. Ma pensandoci, perché una persona che ha vissuto quel genere di trauma dovrebbe sottoporsi a tutto ciò?», ha detto Orit Sulitzeanu, direttrice dell’Associazione dei centri di crisi contro lo stupro israeliana. «Non penso che al momento sia nell’interesse dei sopravvissuti rivolgersi alla polizia, e penso che le indagini su tutte queste atrocità richiederanno molto tempo».

Le singole vittime potrebbero potenzialmente presentare una denuncia contro Hamas per crimini contro l’umanità presso la Corte penale internazionale dell’Aia, e ci si aspetta che la Corte apra un’indagine specifica sulle violenze sessuali da parte del gruppo islamista. Lo stupro e la violenza sessuale in contesti come quello del 7 ottobre sono considerati crimini di guerra e una violazione del diritto umanitario internazionale, e un gruppo di esperti nominato dalle Nazioni Unite ha recentemente detto che le molte prove di stupro e mutilazione genitale emerse dopo l’attacco potrebbero senza dubbio rientrare nella fattispecie dei crimini contro l’umanità. Hamas ha finora negato le accuse di violenza sessuale.

«Nei procedimenti penali, al contrario delle indagini internazionali, è necessario avere un individuo specifico e una vittima specifica e dimostrare ciò che è accaduto oltre ogni ragionevole dubbio», ha detto la professoressa e giurista Ruth Halperin-Kaddari, esperta di diritti delle donne. «Per condannare la portata complessiva delle atrocità e il grado di crudeltà [delle violenze di Hamas], però, abbiamo già abbastanza prove».

– Leggi anche: La causa del Sudafrica contro Israele per genocidio, spiegata