Quando l’Irlanda fece a meno delle banche
A causa di tre grossi scioperi dei bancari tra gli anni Sessanta e Settanta: contro ogni previsione le conseguenze sull'economia non furono granché
Tra il 1966 e il 1976 in Irlanda ci furono tre grossi scioperi che coinvolsero le più grandi banche del paese, che nel complesso chiusero per quasi un anno per protestare contro alcune regolamentazioni restrittive per l’intero settore. Quando ci fu il primo sciopero la preoccupazione fu molta perché le banche avevano un ruolo rilevante nell’economia: oltre che concedere prestiti e gestire vari servizi di investimento, erano essenziali per le operazioni quotidiane come fare bonifici e pagamenti, incassare assegni e distribuire contanti. Non c’erano ancora né bancomat né internet banking e per fare la maggior parte delle operazioni bisognava recarsi allo sportello. Le carte di credito non erano diffuse come ora e si usavano perlopiù per i grandi importi, insieme agli assegni, ed era ancora il contante il mezzo di pagamento principale.
Con la chiusura di moltissime filiali a causa degli scioperi gli economisti avevano poi previsto problemi assai gravi per l’economia del paese: le persone avrebbero presto finito i contanti e gli assegni a disposizione, le aziende non avrebbero saputo più come pagare i fornitori e i dipendenti, la borsa si sarebbe bloccata e così via. In realtà molte di queste cose non successero, e le conseguenze furono tutto sommato limitate, grazie a una buona dose di creatività e fiducia che si diffuse tra la popolazione e al ruolo importantissimo che ebbero i pub.
A scioperare furono le quattro banche più grandi e più diffuse in Irlanda: la Bank of Ireland, la Allied Irish Banks, la Northern Bank e la Ulster Bank. Furono coinvolte complessivamente 640 filiali, che rimasero chiuse durante tutta la durata dello sciopero e bloccarono di fatto circa il 60 per cento dei conti correnti di tutto il paese. Rimasero invece attive le piccole banche locali, che avevano solo poche filiali soprattutto concentrate a Dublino, e gli uffici postali, che però non offrivano tutti gli strumenti di pagamento delle banche.
Il primo sciopero iniziò il 1° maggio del 1966 e finì il 30 di giugno. Il secondo fu quello che durò di più e iniziò il 1° maggio del 1970 e finì il 17 novembre: prima dell’inizio ufficiale i bancari avevano già lavorato due mesi a orario ridotto e dopo la fine ci vollero mesi prima di riassorbire tutto il lavoro, col risultato che i ritmi tornarono normali solo a fine febbraio. Il terzo sciopero fu dal 28 giugno al 6 settembre del 1976. Complessivamente con tre scioperi in sei anni l’Irlanda dovette fare a meno per quasi un anno della maggior parte del sistema bancario.
Ci furono ovviamente problemi e disagi, ma l’economia non ne risentì poi molto: in quegli anni il Prodotto Interno Lordo crebbe lo stesso e le persone trovarono il modo di arrangiarsi.
I problemi principali furono relativi ai pagamenti: senza la maggior parte delle banche molte persone e aziende non avevano accesso al proprio conto corrente e dovettero dunque fare affidamento sui contanti e sugli assegni che avevano a disposizione. Le aziende iniziarono ben presto a pagare i dipendenti con i contanti che ricevevano dalle vendite, perché i classici assegni con cui pagavano gli stipendi non potevano essere incassati; i dipendenti a loro volta reimmettevano nel sistema gli stessi contanti.
Gli assegni ebbero comunque un ruolo fondamentale: a parte quelli per stipendi e pensioni (che erano personali e non potevano essere usati per pagare), gli assegni tradizionali divennero uno strumento molto utilizzato durante i periodi di sciopero. Diventarono diffusissimi anche per le piccole transazioni, ma come i contanti erano in quantità limitata e molte persone ben presto finirono i libretti che avevano. Fu così che si diffusero anche degli assegni artigianali, ossia dei pezzi di carta compilati con importo, data e firma e su cui venivano apposti dei francobolli per dargli una parvenza di ufficialità. In mancanza di altro le persone dovettero fidarsi e alla fine degli scioperi furono pochissimi gli assegni rigettati.
Questo perché gli assegni furono scambiati perlopiù tra persone che si conoscevano tra loro, e che quindi godevano di una certa fiducia reciproca. In un articolo sul Financial Times lo scrittore irlandese Peter Cunningham racconta di come questo sia stato merito anche dell’abilità dei baristi dei pub irlandesi di riconoscere i truffatori: siccome molto del denaro e degli assegni in circolazione passava dai pub, che soprattutto allora erano il centro della vita sociale in Irlanda, gli scaltri baristi riuscivano a distinguere le persone da cui potevano accettare con tranquillità gli assegni, anche quelli artigianali. Secondo Cunningham, i pub avrebbero fatto da filtro e molti assegni scoperti non sono neanche mai entrati nel sistema. È difficile tuttavia provare quanto questa teoria sia fondata.
Oltre che per la capacità di arrangiarsi degli irlandesi, gli scioperi hanno avuto un impatto limitato sull’economia anche per altri motivi. Innanzitutto non tutte le banche erano chiuse: nelle poche piccole banche locali che restarono aperte c’era sempre molta fila e non tutte le operazioni erano consentite, però furono una risorsa per assicurare un minimo di operatività. E quelli che operavano sui mercati finanziari che non potevano fare affidamento sulle piccole banche locali furono anche in grado di accedere ai servizi delle banche dell’Irlanda del Nord, che non furono coinvolte negli scioperi.
In più gli scioperi furono ampiamente preannunciati e i clienti delle banche non si fecero trovare sprovvisti di contanti e libretti degli assegni per far fronte al periodo di emergenza.
I disagi sull’operatività ci sono comunque stati, evidentemente, ma l’impatto sull’economia è stato attenuato dal fatto che allora il sistema economico e gli scambi si reggevano ancora molto sul denaro contante: con ogni probabilità se succedesse ora gli effetti sarebbero ben più notevoli.