Perché si discute del nuovo direttore del Teatro di Roma
Il regista Luca De Fusco è stato nominato in modo molto inusuale e rapido tra decine di candidature, dando l'impressione che fosse stato scelto già prima delle votazioni
Sabato è stato annunciato il nome del nuovo direttore del Teatro di Roma, ovvero della fondazione che amministra quattro importanti teatri della città: l’Argentina, il Torlonia, l’India e, una volta finito il restauro al momento in corso, il Valle. Sarà Luca De Fusco, regista napoletano che negli anni è stato direttore del Teatro Stabile del Veneto, del Teatro Stabile di Napoli e di quello di Catania, oltre ad aver lavorato come regista lirico per teatri come il San Carlo, La Fenice, il Massimo di Palermo e l’Arena di Verona.
De Fusco era uno dei 42 candidati al ruolo di direttore del Teatro di Roma, ed era già noto per essere il nome favorito da Gennaro Sangiuliano, ministro della Cultura del governo Meloni, nonché dal deputato e presidente della commissione Cultura di Fratelli d’Italia Federico Mollicone e dal presidente della Regione Lazio Francesco Rocca, eletto da una coalizione di destra. La sua nomina sta facendo particolarmente discutere perché è avvenuta in circostanze molto insolite, durante un consiglio d’amministrazione in cui erano assenti Francesco Siciliano, presidente della fondazione, e Natalia Di Iorio, rappresentante del Comune di Roma, amministrato dal centrosinistra, che presumibilmente si sarebbero opposti alla nomina di De Fusco.
Siciliano e Di Iorio avrebbero preferito la candidatura di Onofrio Cutaia, dirigente di lungo corso del ministero della Cultura, per via della situazione delicata in cui si trova il Teatro di Roma. L’istituzione esce infatti da due anni di commissariamento, ed è stata trasformata in fondazione nel dicembre del 2022 per «dotarsi di un modello gestionale più efficiente e di una struttura giuridica più funzionale, per garantire stabilità e crescita sul piano artistico e consolidare il ruolo centrale dell’Istituzione nell’ambito delle politiche culturali». Secondo Siciliano, il nome di Cutaia era quindi preferibile per via della sua lunga esperienza da manager.
Secondo le ricostruzioni fatte da diversi giornali, Siciliano e Di Iorio si aspettavano che ci sarebbe stata una discussione e un tentativo di trovare un compromesso per nominare qualcuno che mettesse d’accordo sia la Regione, controllata dalla destra, che il Comune, guidato dalla giunta di Roberto Gualtieri, del Partito Democratico. Anche perché il Comune di Roma, pur essendo in minoranza nel consiglio d’amministrazione, è proprietario materiale di tutti i teatri gestiti dalla fondazione e fornisce da solo due terzi del budget.
Siciliano aveva disdetto la convocazione della riunione di sabato, non potendo essere presente, ma i consiglieri espressi dalla Regione Lazio e dal ministero della Cultura si sono riuniti lo stesso e hanno nominato De Fusco. Il presidente l’ha definita «una scelta preconfezionata che toglie ogni spazio di discussione (…) e che taglia fuori la città», e che rompe «il patto territoriale che è alla base di questo teatro».
Siciliano ha raccontato anche che l’intero processo di selezione si sarebbe svolto con una fretta eccessiva, dando l’impressione che fosse già stato identificato un candidato per cui si intendeva votare. Il consiglio di amministrazione ci avrebbe messo circa due ore e mezza a visionare 42 candidature lunghe tra le dieci e le venti pagine ciascuna, mentre durante il processo precedente ci erano volute due settimane per visionare 19 candidature.
A questo si aggiunge il fatto che la nomina del direttore non è stata comunicata subito in maniera ufficiale: la notizia è stata data dal quotidiano Il Messaggero, e tutte le persone che non erano presenti al consiglio d’amministrazione l’hanno scoperto così. In una conferenza stampa, Siciliano ha raccontato anche che durante la stessa riunione del consiglio d’amministrazione in cui è stato nominato De Fusco sarebbe stata affidata a uno dei presenti una delega in bianco per individuare la durata dell’incarico di De Fusco e il suo compenso.
La persona in questione avrebbe ipotizzato un contratto di cinque anni con 150mila euro di compenso, ovvero una cifra molto più alta rispetto a quella che il regista percepiva come direttore del Teatro Stabile di Catania, 68mila euro. «Una simile scelta implicherebbe una decisione oggettivamente esorbitante rispetto ad una normale progettualità triennale di qualunque teatro», ha detto il presidente.
Mollicone, il presidente della commissione Cultura di Fratelli d’Italia, ha detto che la nomina è però «assolutamente piena e legittima», «come potranno confermare gli organismi di vigilanza». De Fusco ha detto invece che la nomina «gli porta un misto di contentezza e dispiacere». Ma ha rigettato l’accusa secondo cui la sua nomina farebbe parte di un più ampio progetto della destra di assumere il controllo di varie grandi istituzioni culturali e ha detto che «in questi anni ho fatto lavorare tante persone e non ho mai chiesto cosa votassero».
Intanto un gruppo di attori e registi italiani che include Matteo Garrone, Elio Germano e Lino Guanciale ha scritto una lettera aperta contro la circostanze che hanno portato alla nomina di De Fusco. Nella lettera si legge che «questo modo di procedere rappresenta un grave colpo al rapporto di lealtà e al rispetto istituzionale che legano il teatro della capitale alla città, alle sue artiste e ai suoi artisti, al pubblico tutto e a chi ogni giorno si impegna per mandare avanti il Teatro stesso», a maggior ragione perché «dopo due anni di commissariamento la nomina del Direttore Generale era fortemente attesa ed è decisiva per il rilancio del Teatro della nostra città. Come artiste e artisti auspicheremmo una nomina ampiamente condivisa di figura competente che possa guardare al bene del Teatro e allo sviluppo culturale della città di Roma in tutte le sue componenti».
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