Los Angeles sta pensando di rinunciare alle sue palme
Sono un simbolo della città, ma molte di quelle piantate tra Ottocento e Novecento verranno sostituite con altre piante per motivi ambientali
Anche se non sono piante autoctone, le palme sono tra gli elementi più riconoscibili del paesaggio di Los Angeles e un po’ un simbolo di ciò che rappresenta. La gran parte di quelle che si vedono oggi in città fu piantata tra fine Ottocento e inizio Novecento, ma adesso che molte di loro stanno morendo a causa della vecchiaia o delle malattie l’amministrazione locale sta valutando di non sostituirle con nuove palme. Los Angeles è una delle città più inquinate degli Stati Uniti e si prevede che nei prossimi decenni la sua temperatura media continuerà ad aumentare: le palme tuttavia non sono efficienti come altre piante nell’alleviare gli effetti del riscaldamento globale prodotto dalle attività umane.
In California c’è solo un tipo di palma nativa, la Washingtonia filifera, mentre la gran parte delle decine di migliaia riprese nei film ambientati a Los Angeles o stampate sulle cartoline sono di altre specie. Le palme alloctone furono portate in California dai missionari francescani spagnoli alla fine del Settecento e si diffusero dalla fine dell’Ottocento, perlopiù a scopo ornamentale. Come ha osservato Donald Hodel, ex consulente di orticoltura e paesaggistica della University of California, con il loro aspetto «esotico, teatrale e tropicale» servivano per attirare abitanti dalle altre parti degli Stati Uniti in un periodo di grande sviluppo, favorito soprattutto da Hollywood. Solo nel 1931 ne furono piantate 25mila per abbellire la città in occasione delle Olimpiadi dell’anno seguente.
Nel tempo le palme trasformarono un paesaggio naturale che era stato fin lì prevalentemente arido e desertico, e caratterizzarono i quartieri e i viali più celebri della città, da Venice Beach a Beverly Hills al Sunset Boulevard. Al contempo, la loro presenza contribuì a definire l’idea che Los Angeles fosse un posto caldo e accogliente, ricco e prospero: le palme diventarono insomma parte dell’identità culturale della città, nonché risorse importanti anche per il turismo e quindi per l’economia locale.
Di recente il numero di palme a Los Angeles è calato: molte (non è chiaro quante) sono morte per via della vecchiaia, oppure a causa di un parassita simile a un coleottero e di un fungo che sono letali per quel tipo di pianta. Hodel ha stimato che diverse tra quelle piantate in occasione delle Olimpiadi del 1932 possano resistere ancora tra i trenta e i cinquant’anni (alcune specie vivono fino a 150), ma in generale le ha definite ormai «pensionate». Vista l’esigenza di sfruttare sempre di più le aree verdi per avere più ombra e contrastare il caldo e l’inquinamento, comunque, l’amministrazione locale prevede di rimpiazzarle con altre piante.
Il tipo di palma più diffuso nella contea di Los Angeles è la Washingtonia robusta, che è tipica del nord-ovest del Messico, può crescere fino a 25-30 metri di altezza e ha una chioma con foglie lunghe anche più di 5. Però per crescere ha bisogno di grandi quantità di acqua e fa molta poca ombra, quantomeno se confrontata con alberi come la quercia o i ficus tipici della California. Nelle parole di V. Kelly Turner, ricercatrice di geografia e pianificazione urbanistica all’UCLA, le palme non fanno molto in termini di mitigazione del calore durante il gran caldo estivo: «Un palo sul ciglio della strada non offre molta ombra. Una palma è un po’ lo stesso». In più, non contribuiscono ad assorbire quantità significative di anidride carbonica, cioè il principale gas serra responsabile del riscaldamento globale.
In California le temperature medie estive sono aumentate di circa 1,8 °C dal 1896, e si stima che entro il 2040 saranno superiori di oltre 2 °C rispetto al periodo preindustriale. In queste circostanze secondo gli esperti bisognerà tra le altre cose investire nella tutela delle foreste e nello sviluppo delle aree verdi urbane, in particolare piantando piante che siano da un lato in grado di resistere alla crisi climatica e alla siccità, e dall’altro di rinfrescare l’ambiente, migliorando la qualità dell’aria e rendendo più vivibili i quartieri. In parte Los Angeles si è già attivata in questa direzione.
Il dipartimento dell’ambiente della città ha chiarito che nel suo programma per piantare nuovi alberi non sono comprese le palme. Nemmeno il dipartimento per le foreste e la tutela dagli incendi permette ai vincitori dei suoi bandi di piantare palme perché richiedono molta manutenzione e non comportano molti benefici: «Il rapporto costi-benefici non è positivo», ha detto al Los Angeles Times il responsabile del dipartimento, Walter Passmore.
Il piano per la gestione del verde urbano di Beverly Hills, preparato dall’azienda Dudek, raccomanda che le palme che non hanno importanza storica o non comportano benefici per il turismo vengano «valutate e selezionate per essere rimosse e sostituite con alberi che procurano più ombra». Tra le altre cose, il dipartimento di scienze forestali di Los Angeles ha fatto sapere che sta collaborando con gli altri uffici dell’amministrazione per capire come creare più spazio per sostituire le palme con alberi che garantiscono più ombra e siano possibilmente autoctoni.
Come ha detto al Los Angeles Times l’arborista Ryan Allen, tra gli esperti della Dudek che hanno contribuito a valutare le condizioni della città, «tra una palma o una pianta che fa ombra, piantare una palma è come perdere opportunità».
– Leggi anche: Non basta piantare più alberi per salvare il mondo
È comunque improbabile che il paesaggio di Los Angeles subisca grossi stravolgimenti, almeno per i prossimi tempi.
Il Los Angeles Times sostiene che probabilmente in città le palme continueranno a esistere a lungo, sia perché è facile che le persone continueranno a piantarle nelle proprietà private, sia perché alcuni quartieri stanno comunque sostituendo alcune di quelle morte con altre palme per questioni di uniformità paesaggistica. Anche Elizabeth Skrzat, la direttrice del programma dell’amministrazione locale per piantare nuovi alberi (City Plants), dubita «sul serio che le palme scompariranno completamente». Secondo Jared Farmer, professore di storia e autore del libro Trees in Paradise, «la grande morìa delle palme» di Los Angeles potrebbe invece diventare una delle tipiche storie distopiche del cinema di Hollywood: «un esperimento americano finito male».