Le divisioni nel governo israeliano sulla guerra a Gaza
Il primo ministro Benjamin Netanyahu non ha intenzione di fare nuovi accordi con Hamas, ma un importante ministro non è d'accordo e lo ha criticato duramente
La guerra nella Striscia di Gaza condotta da Israele in risposta all’attacco di Hamas del 7 ottobre va avanti ormai da più di tre mesi, e non sembrano esserci al momento segnali di una distensione o di una possibile fine a breve termine. Quando ne parla il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu dice sempre in modo molto convinto che Israele non ha nessuna intenzione di fare passi indietro finché non avrà distrutto completamente Hamas. Eppure nel governo israeliano non tutti la pensano come lui, e negli ultimi giorni sono emerse per la prima volta posizioni critiche nei suoi confronti.
Lo ha fatto pochi giorni fa Gadi Eisenkot, ex capo di stato maggiore dell’esercito, che da ottobre è entrato a far parte del governo di unità nazionale che si è formato dopo l’alleanza tra Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Benny Gantz, leader di uno dei partiti di opposizione (il centrista Blu e Bianco). Eisenkot, che fa parte del partito di Gantz, è ministro senza portafoglio ma è anche membro del gabinetto di guerra, l’organo operativo che prende le decisioni riguardanti le operazioni militari in corso a Gaza.
– Leggi anche: La causa del Sudafrica contro Israele per genocidio, spiegata
Eisenkot ha 63 anni e una lunga esperienza militare, e un mese fa suo figlio è stato ucciso dall’esplosione di un ordigno nel corso di un’operazione nel campo profughi di Jabaliya, nel nord della Striscia di Gaza. Giovedì nel corso di un’intervista al canale televisivo israeliano Keshet 12 ha implicitamente criticato molto duramente la strategia di Netanyahu: «Chi dice che c’è stata una distruzione delle capacità di Hamas nel nord della striscia sta dicendo la verità. Ma chiunque parli di sconfitta assoluta non sta dicendo la verità. Ecco perché non dovremmo inventare storie. Oggi la situazione nella Striscia di Gaza è tale che gli obiettivi della guerra non sono ancora stati raggiunti».
Alla domanda se l’attuale leadership di Israele stia dicendo la verità alla popolazione israeliana, Eisenkot ha risposto semplicemente «No». Ha poi aggiunto, sempre riferendosi implicitamente a Netanyahu, che non si sta facendo abbastanza per discutere dei piani sul futuro di Gaza quando la guerra finirà. «Devi mostrare leadership nella capacità di dire la verità alle persone, nella capacità di tracciare un percorso. […] Devi pensare a cosa succederà dopo». Ha anche aggiunto che in Israele si dovrebbe tornare a breve a nuove elezioni, per valutare se gli elettori hanno ancora fiducia nel governo attuale. «È necessario, nel giro di alcuni mesi, riportare gli elettori israeliani alle urne e tenere elezioni per rinnovare la fiducia, perché in questo momento non c’è fiducia».
Ha poi parlato della situazione dei circa 130 ostaggi che sono ancora detenuti da Hamas a Gaza. In tutto erano state rapite 240 persone: circa la metà era stata liberata in cambio della liberazione di centinaia di prigionieri palestinesi nel corso di una breve tregua lo scorso novembre, ma secondo il governo di Israele ci sono ancora almeno 132 persone tenute in ostaggio e si stima che 25 siano morte. Da novembre Netanyahu ha più volte detto che non ci sarebbe stata una nuova tregua e che Israele non avrebbe accettato di fare con Hamas nuovi accordi per la liberazione degli ostaggi.
Secondo Eisenkot, invece, è necessario tornare a discutere con Hamas, perché ritiene impossibile che l’esercito israeliano possa liberare gli ostaggi in operazioni militari dentro Gaza. È probabile che gli ostaggi siano tenuti nei tunnel sotterranei di Hamas sparsi in tutta la Striscia, e cercare di liberarli assediando i tunnel provocherebbe con molta probabilità la loro uccisione nel corso dei combattimenti, secondo Eisenkot. «È necessario dire, coraggiosamente, che non è possibile restituire gli ostaggi, vivi, a breve termine, senza un accordo», ha detto, criticando «chiunque cerchi di vendere fantasie al pubblico». Eisenkot ha quindi concluso dicendo che l’unica strada da percorrere al momento è una nuova tregua e un nuovo accordo con Hamas. «Per me non c’è dilemma: per me la missione per salvare i civili arriva prima di uccidere il nemico. Il nemico può essere ucciso in seguito».
Al momento non ci sono state reazioni alle parole di Eisenkot da parte di altri membri del governo israeliano, né tantomeno da Netanyahu, che poche ore prima giovedì aveva tenuto una conferenza stampa in cui aveva detto in sostanza tutto l’opposto. Aveva respinto l’ipotesi di tenere nuove elezioni prima della vittoria contro Hamas, e aveva anche parlato del futuro della Striscia di Gaza in termini molto diversi da Eisenkot. Tra le altre cose aveva escluso la possibilità della creazione di uno stato palestinese autonomo nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania nel prossimo futuro. «In qualsiasi soluzione che potrà essere trovata nel prossimo futuro, con o senza un accordo, Israele manterrà il controllo su tutti i territori a ovest del fiume Giordano», aveva detto.
– Leggi anche: Non ci sarà alcuno stato palestinese dopo la fine della guerra a Gaza, secondo Netanyahu