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  • Venerdì 19 gennaio 2024

La grossa operazione antidroga in Sri Lanka

Dallo scorso dicembre sono state arrestate circa 45mila persone, ma varie organizzazioni umanitarie criticano i metodi usati dalle forze dell'ordine

un sacchetto di plastica in una mano
Un pacchetto sequestrato a una persona sospettata di aver commesso crimini legati alla droga a Colombo, in Sri Lanka (AP Photo/Eranga Jayawardena)
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In Sri Lanka, un paese insulare di 22 milioni di abitanti a sud dell’India, è in corso dallo scorso dicembre una grossa operazione delle forze dell’ordine contro il traffico di droghe illegali: finora sono state arrestate circa 45mila persone. Diverse associazioni per i diritti umani hanno però criticato le modalità con cui la polizia sta gestendo gli arresti, sostenendo che molti siano arbitrari e che stiano colpendo principalmente persone marginalizzate e in difficoltà economiche, dando luogo a varie violazioni dei diritti umani e delle garanzie del sistema legale del paese.

L’operazione è nota in Sri Lanka come Yukhtiya (che in singalese, una delle due lingue ufficiali, significa “giustizia”), è stata voluta dal capo della polizia, Deshabandu Tennakoon, ed è sostenuta dal ministro della Sicurezza pubblica, Tiran Alles.

Tennakoon ha detto che da dicembre a oggi è stato smantellato il 65 per cento della rete di distribuzione delle droghe nel paese, e che spera di eliminarla completamente entro la fine di gennaio. Lo Sri Lanka è da tempo noto come un centro per il traffico internazionale di droghe: l’operazione è nata a causa di un aumento preoccupante delle segnalazioni di uso di droghe illegali nel paese, in particolare fra gli adolescenti, e di reati collegati al narcotraffico.

La perquisizione di un passeggero di un autobus a Colombo (AP Photo/Eranga Jayawardena)

Il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha però criticato l’operazione, dicendo che gli arresti di massa non sono un metodo efficace per contrastare il traffico illegale di sostanze. Inoltre moltissime delle persone arrestate sono state sottoposte a perquisizioni, anche invasive, in pubblico, spesso senza che la polizia avesse il mandato di un giudice per eseguirle. Alcune persone sarebbero anche state torturate durante e dopo il loro arresto.

Secondo Human Rights Watch, una ong che si occupa della difesa dei diritti umani, dall’inizio dell’operazione al 9 gennaio scorso 1.600 persone sono state inviate in centri per la riabilitazione obbligatoria. Il trattamento in questi centri, spesso gestiti dall’esercito, si basa principalmente sull’astinenza dalle droghe: molti pazienti però stanno presentando complicazioni, e non hanno la possibilità di ricevere assistenza sanitaria né di esercitare il proprio diritto a sottrarsi alle procedure mediche. La ong ha evidenziato anche come un approccio militarizzato e punitivo al contrasto del traffico delle droghe illegali non protegga efficacemente la salute individuale e collettiva, e non aumenti effettivamente la sicurezza delle persone.

Alles, il ministro della Sicurezza pubblica, ha detto che l’operazione continuerà e ha invitato le ong a presentare degli esempi puntuali di situazioni in cui sarebbero stati violati i diritti umani. «Non fermeremo le operazioni, andremo avanti nello stesso modo perché sappiamo di stare facendo qualcosa di buono per i ragazzi e le donne di questo paese», ha detto.