L’epidemia di dengue in Bangladesh è sempre più grave
I casi di contagio sono quintuplicati nel giro di un anno e sono morte 1.705 persone, ma si teme che i dati reali possano essere ancora peggiori
L’epidemia di dengue cominciata in Bangladesh la scorsa estate è la peggiore che il paese dell’Asia meridionale abbia mai affrontato. I casi rilevati nel 2023 sono il quintuplo rispetto a quelli accertati nel 2022, e il 2023 è stato l’anno con il maggiore numero di bangladesi morti a causa della malattia. Inizialmente i focolai erano circoscritti alla capitale Dacca, ma negli ultimi tempi si sono estesi al resto del paese, mettendo gli ospedali in grande difficoltà: a meno di interventi estesi, si teme che l’epidemia possa ulteriormente aggravarsi nei prossimi mesi.
La dengue è una malattia infettiva tropicale causata da un virus dengue e trasmessa da alcune specie di zanzare. In Bangladesh è stata rilevata fin dagli anni Sessanta, tuttavia negli ultimi due decenni le epidemie sono diventate sempre più gravi, anche per via del cambiamento climatico che rende più ospitale il clima per le zanzare. I nuovi focolai sono stati riscontrati nell’aprile del 2023: da allora sono stati accertati 321.179 casi di contagio e almeno 1.705 morti. Nel 2022 i casi accertati di dengue in Bangladesh erano stati 62mila e i morti 281, più di sei volte tanto quelli del 2023. Dall’inizio di gennaio il Direttorato generale per i servizi sanitari del Bangladesh ha segnalato 756 casi di contagio e dieci morti, tra cui 23 nuovi casi e due morti registrati il 17 gennaio.
Stando ai dati diffusi dall’Unicef, l’agenzia dell’ONU per l’infanzia, fra le persone contagiate nel paese nel 2023 più di 16.600 vivevano nel campo profughi di Cox’s Bazar per migranti di etnia rohingya. Secondo Save the children inoltre sono morti almeno 113 bambine e bambini, la maggior parte dei quali con meno di dieci anni. A detta del direttore regionale dell’organizzazione, Shamim Jahan, i bambini sono particolarmente vulnerabili dal virus perché il loro sistema immunitario non è ancora completamente sviluppato.
Lo scienziato Mohammad Shafiul Alam, che lavora nel centro di ricerca ICDDR,B di Dacca, ha detto al Guardian che quella in corso è «l’epidemia di dengue più letale che il paese abbia mai visto». A detta di Alam è probabile che i dati raccolti siano «una sottostima» della situazione effettiva, sia perché nei dati ufficiali non sono compresi i pazienti curati in tutte le strutture sanitarie del paese, sia perché moltissimi casi sono asintomatici e perché tante persone non possono permettersi di far ricoverare i propri familiari, che quindi curano a casa. Per questo secondo Alam è possibile che in realtà i dati reali siano «diverse volte superiori» rispetto a quelli comunicati dalle autorità sanitarie.
La dengue è provocata da quattro diversi tipi di virus – tutti riscontrati in Bangladesh dal 2000 – più un probabile quinto. Comporta febbre, mal di testa, dolori articolari e un esantema (cioè un’eruzione cutanea) che ricorda quello del morbillo; in rari casi può portare a febbre molto alta accompagnata da emorragie interne che possono arrivare a essere letali. Di solito per il suo completo decorso sono necessarie diverse settimane e, anche se c’è stato qualche progresso, a oggi non esistono vaccini sufficientemente efficaci per prevenirla.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha segnalato che dal 2000 al 2019 i casi di dengue documentati in tutto il mondo sono passati dai 500mila ai 5,2 milioni, più di dieci volte tanto, con persone contagiate in 129 paesi. Tra il 2020 e il 2022 c’era stato un leggero declino dovuto alla pandemia da coronavirus (4,2 milioni di casi): nel 2023 però i casi hanno cominciato di nuovo ad aumentare e la dengue è arrivata anche in zone in cui in precedenza non era diffusa, tra cui l’Italia, dove la scorsa estate è stata avviata una campagna di screening dopo la scoperta di un focolaio a Castiglione d’Adda, in Lombardia.
Nel 2023 la malattia ha provocato più di 5mila morti in decine di paesi tra Africa, Asia, Sud-est asiatico e le Americhe, soprattutto nel Sud: circa 4 milioni di casi, l’80 per cento del totale, sono stati riscontrati tra Brasile, Perù e Messico.
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Gli scienziati ritengono che l’aumento dei contagi di dengue sia favorito dagli eventi meteorologici estremi dovuti al cambiamento climatico, che oltre ad allungare il periodo in cui si può contrarre la malattia nelle aree in cui è già comune agevolano la sua diffusione anche in altre in cui prima non c’era.
Come avviene per la malaria, il virus della dengue viene trasmesso all’uomo attraverso la puntura di una zanzara, la Aedes aegypti, ma sono stati registrati diversi casi di trasmissione anche attraverso la Aedes albopictus, nota come zanzara tigre. Sono insetti che si riproducono nelle acque stagnanti e che – a differenza di altre specie di zanzare – si nutrono anche di giorno, aumentando sensibilmente le probabilità di contagio. Per quanto riguarda il Bangladesh, la crescita dei contagi è dovuta a periodi di piogge intense piuttosto insolite, all’aumento delle temperature e a un tasso di umidità più elevato, che hanno favorito la proliferazione di zanzare in tutto il paese.
Il legame tra il cambiamento climatico e i contagi da dengue nel paese era stato evidenziato anche da un rapporto della Banca Mondiale del 2021.
Solitamente in passato i contagi erano concentrati tra giugno e ottobre, nel periodo dei monsoni, ma adesso le Aedes depositano le proprie larve e si riproducono tutto l’anno a causa delle piogge abbondanti e dei ristagni di acqua, ha spiegato l’entomologo Kabirul Bashar. Questo ha anche fatto sì che i contagi abbiano cominciato a diffondersi in tutti e 64 i distretti del Bangladesh, anziché restare circoscritti nei centri di Dacca e Chittagong, come avvenuto in passato.
A luglio le autorità di Dacca hanno cominciato a multare chi, a causa della cattiva manutenzione, facilita la proliferazione delle zanzare nelle sue proprietà. Il governo locale ha anche minacciato di sospendere i cantieri in cui vengono trovate larve di zanzare per tre volte. Nel frattempo il Direttorato ha convertito sei ospedali usati per i pazienti malati di COVID-19 a Dacca in strutture per trattare la dengue e ha aumentato le scorte di medicinali e fluidi endovenosi, essenziali per curare i pazienti in stato di disidratazione.
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