Podemos ha cambiato la Spagna
Il partito della sinistra radicale spagnola nacque 10 anni fa e da allora ha rivoluzionato parte della politica nazionale ed europea, nonostante la crisi attuale
Il 17 gennaio del 2014, dieci anni fa, un gruppo di professori e ricercatori universitari spagnoli organizzò un grosso evento al Teatro del Barrio, in centro a Madrid, per presentare un nuovo partito. Podemos, questo il nome del partito, era una nuova formazione di sinistra che aveva l’ambizione non soltanto di portare avanti istanze classiche di giustizia sociale, ma di cambiare in maniera radicale la politica spagnola. Dieci anni dopo si può dire che almeno in parte l’intento di quei professori e ricercatori è riuscito: Podemos ha cambiato la politica spagnola, anche se non con la forza e la profondità che i suoi fondatori avrebbero sperato.
A dieci anni di distanza dalla sua fondazione Podemos ha perso gran parte della carica rivoluzionaria che aveva al tempo, e anche dal punto di vista politico si trova nel momento di maggiore difficoltà per la sua storia. Nonostante questo, è difficile sottovalutare la sua importanza per la politica spagnola e per la sinistra europea, di cui è stato uno degli elementi più influenti e innovatori dell’ultimo decennio.
Podemos nacque in un momento molto particolare per la Spagna. Dapprima la crisi finanziaria globale del 2008-2009 e poi la crisi europea dei debiti sovrani del 2011-2012 avevano lasciato l’economia spagnola in pessime condizioni, con un enorme debito pubblico, alti livelli di disoccupazione e un aumento della povertà e delle diseguaglianze. Le politiche economiche di austerità adottate dal governo di centrodestra del Partito Popolare di Mariano Rajoy, sebbene corrispondessero a quelle consigliate dalle istituzioni finanziarie internazionali, non fecero che aumentare la sensazione di rabbia e impotenza di una parte consistente della popolazione.
Allo scontento economico si univa lo scontento politico, provocato soprattutto da grossi casi di corruzione che avevano coinvolto proprio il Partito Popolare. In quegli anni, in Spagna come in Italia, la classe politica tradizionale veniva definita «casta» (la parola è uguale in spagnolo) e c’era una forte richiesta di rinnovamento politico.
La prima reazione a questa rabbia fu il Movimento 15-M (chiamato così perché la prima grande manifestazione si tenne il 15 maggio 2011), che è più noto in Italia come movimento degli Indignados e che fu un imponente movimento di protesta contro la crisi e contro la classe politica e finanziaria spagnola. Ma la risposta più importante arrivò qualche anno dopo, e fu la fondazione di Podemos.
Formalmente Podemos fu fondato da cinque persone: Pablo Iglesias, Íñigo Errejón, Juan Carlos Monedero, Carolina Bescansa e Luis Alegre. Tutti erano professori o ricercatori di Scienza politica, Sociologia o Filosofia all’Università Complutense di Madrid, la più importante della città, e tutti si muovevano nell’ambito dei movimenti anticapitalisti e di estrema sinistra attivi in quegli anni nell’ambiente accademico. Pablo Iglesias, che poi sarebbe diventato la figura più nota e carismatica del partito, era già abbastanza noto in Spagna, perché da circa un anno era spesso ospite di alcuni talk show televisivi.
Podemos si formò in un momento di grosso fermento per la sinistra europea, in cui nacquero o si affermarono vari movimenti e partiti più o meno radicali che poi sarebbero stati definiti, a torto o a ragione, “populisti”. Nel 2013 in Grecia, paese che viveva una situazione economica e politica ancora più grave di quella della Spagna, era stato fondato Syriza. Sempre in quegli anni stava conoscendo i suoi primi grossi successi nazionali il Movimento 5 Stelle in Italia, che nel corso del tempo si sarebbe allontanato dalla sinistra, ma che inizialmente nasceva da istanze e richieste sociali tutto sommato assimilabili.
Con i movimenti della sinistra populista del tempo, Podemos condivideva alcune istanze legate soprattutto al rinnovamento della politica e alle richieste di partecipazione dal basso: come successe in altri paesi europei, il successo di Podemos portò in parlamento una classe dirigente nuova che nel tempo cambiò molti dei modi di fare politica dei partiti tradizionali. In alcuni casi i membri di questa classe dirigente erano anche piuttosto inesperti.
Al tempo stesso, rispetto agli altri movimenti Podemos poggiava su una base teorica molto più solida e si fece portatore di alcune istanze molto sentite e che poi sarebbero diventate centrali nella politica degli anni successivi, come l’ambientalismo e il femminismo.
Soprattutto, Podemos aveva l’obiettivo ambizioso di non limitarsi a rappresentare soltanto gli elettori di estrema sinistra, ma di diventare un partito di massa, capace di soppiantare il Partito Socialista (PSOE), lo storico partito del centrosinistra spagnolo. Questo obiettivo non riuscì mai davvero, ma nei suoi anni di maggior forza, tra il 2015 e il 2017, ci andò molto vicino e per lungo tempo i media parlarono della possibilità del «sorpasso» di Podemos sul PSOE (i giornali spagnoli scrivevano proprio «sorpasso» in italiano, anche se la parola spagnola corretta sarebbe adelantamiento).
Questa strategia ambiziosa si tradusse anche in una tattica aggressiva. Nel suo discorso di presentazione di Podemos, dieci anni fa, Pablo Iglesias disse: «Il cielo non si conquista con il consenso, si conquista con l’assalto».
Soprattutto nei primi anni, Podemos utilizzò tecniche di marketing politico estremamente combattive, contribuì a suscitare polemiche e usò in maniera molto sapiente i social network: in particolare Twitter, che divenne il principale mezzo di comunicazione del partito e di Iglesias. Queste tattiche contribuirono a rendere Podemos estremamente popolare, ma anche ad attribuire al partito le definizioni di “populista” e “antisistema”.
A loro modo, entrambe sono corrette: Podemos, almeno all’inizio, era un partito populista, cioè demagogico e antielitario, ed era anche un partito antisistema, nella misura in cui uno dei suoi obiettivi espliciti era di rivoluzionare profondamente la classe politica spagnola, giudicata corrotta e inadeguata. Rispetto ad altri movimenti europei populisti, però, Podemos ha sempre mantenuto un’anima solidamente di sinistra, e un programma piuttosto concreto basato sulla giustizia sociale, la riduzione delle disuguaglianze, il femminismo, l’ambientalismo.
Podemos si presentò alle elezioni europee del 2014 e ottenne un buon risultato: l’8 per cento del voto nazionale e cinque europarlamentari. Da quel momento la sua influenza ha continuato a crescere, fino a diventare per anni il terzo partito spagnolo, dietro a Partito Popolare e PSOE. Il massimo successo elettorale arrivò alle elezioni del giugno del 2016, quando Podemos – in coalizione con altri partiti di sinistra e con il nome di Unidas Podemos – ottenne più del 21 per cento dei seggi e arrivò a meno di un punto percentuale dal «sorpasso» sul PSOE.
Podemos è stato anche un partito estremamente litigioso: dei cinque fondatori iniziali soltanto due (Iglesias e Monedero) hanno mantenuto legami con il partito, benché entrambi si siano ritirati dalla politica attiva. Nel 2019, per esempio, fu particolarmente complicata e burrascosa l’uscita dal partito di Iñigo Errejón, uno dei fondatori e il più importante dirigente dopo Iglesias.
L’ascesa politica di Podemos fu anche caratterizzata da gravi accuse giudiziarie che però si rivelarono quasi sempre pretestuose. In particolare, per anni la dirigenza del partito fu accusata di ricevere finanziamenti illeciti da governi autoritari come quello del Venezuela, ma nessuna di queste accuse si è mai rivelata fondata.
Il declino politico di Podemos cominciò con le elezioni del 2019, quando il partito – sempre dentro alla coalizione Unidas Podemos – prese circa l’11 per cento dei voti. L’anno successivo, tuttavia, per la prima volta nella sua storia Podemos riuscì a entrare nel governo della Spagna, grazie a un accordo con il Partito Socialista guidato da Pedro Sánchez. Quello tra Podemos e PSOE fu il primo governo di coalizione della storia della Spagna, in cui Iglesias divenne vicepresidente del governo, affiancando Sánchez, e Podemos espresse numerosi ministri di peso.
Sotto certi punti di vista, l’ingresso di Podemos nel governo è stato il suo più grande successo politico: il governo Sánchez con dentro Podemos fu il più di sinistra d’Europa, che approvò numerose riforme economiche e sociali molto ambiziose a cui la sinistra puntava da molto tempo. Al tempo stesso, per molti l’ingresso in un governo di coalizione costituì la prova della normalizzazione di Podemos: nato con l’obiettivo di soppiantare il PSOE, il partito ne era diventato il partner minoritario.
La permanenza al governo ha danneggiato Podemos dal punto di vista elettorale: con i sondaggi in calo, alle elezioni del 2023 Podemos accettò di entrare all’interno di Sumar, un cartello elettorale creato dalla ministra del Lavoro Yolanda Díaz con l’intento di raccogliere i voti delle formazioni a sinistra del PSOE. Sumar ha ottenuto alle elezioni un risultato discreto, circa il 12 per cento dei voti e 31 deputati. Ma Podemos è crollato: dei 31 deputati di Sumar, soltanto cinque seggi sono andati a rappresentanti di Podemos.
Questo ha portato a una divisione tra Podemos e il resto della coalizione. I pochi deputati del partito sono usciti da Sumar e dalla maggioranza, e attualmente fanno parte del gruppo misto. Oggi l’obiettivo di Ione Belarra, la segretaria del partito che ha sostituito Iglesias nel 2021, è di rifondare Podemos, e di riportarlo ai vecchi successi.