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  • Mercoledì 17 gennaio 2024

Cosa ha smesso di funzionare tra José Mourinho e la Roma

In campo il gioco difensivo dell'allenatore portoghese aveva perso efficacia, fuori il suo stile comunicativo spregiudicato era diventato prevedibile

Foto di Romelu Lukaku in primo piano e Mourinho sullo sfondo
Romelu Lukaku e José Mourinho (AP Photo/Gregorio Borgia)

Martedì la dirigenza della Roma ha esonerato l’allenatore portoghese José Mourinho, due giorni dopo la sconfitta per 3-1 subita a San Siro contro il Milan. Al suo posto è stato assunto Daniele De Rossi, ex centrocampista e capitano della Roma. Mourinho era arrivato nell’estate del 2021, pochi mesi dopo essere stato esonerato dalla squadra inglese del Tottenham: in questi due anni e mezzo la Roma ha vinto nel 2022 la Conference League, il terzo trofeo europeo per importanza, e nel 2023 ha raggiunto la finale di Europa League (il secondo trofeo continentale). Ma se i risultati a livello europeo sono stati per certi versi esaltanti, nel campionato italiano di Serie A invece la Roma di Mourinho ha fatto molta più fatica, raggiungendo due sesti posti e senza quindi mai qualificarsi per la Champions League, la coppa europea più importante, a cui accedono solo le prime quattro squadre in classifica.

Nel campionato in corso le cose stavano andando ancora peggio: la Roma è nona con soli 29 punti ottenuti in 20 partite, 22 in meno della prima in classifica, l’Inter. La scorsa settimana inoltre la Roma era stata eliminata ai quarti di finale di Coppa Italia dai rivali cittadini della Lazio, una partita sempre molto sentita. Il derby perso per 1-0 era stato il quarto consecutivo in cui la squadra di Mourinho non era riuscita a segnare nemmeno un gol (ne aveva persi tre per 1-0, mentre il quarto, quello dello scorso 12 novembre, era finito 0-0). In Europa League invece la squadra è ancora in corsa, ma nel girone è arrivata seconda dietro un avversario meno quotato come lo Slavia Praga, squadra ceca.

 

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I risultati della Roma in questa stagione, insomma, sono stati finora al di sotto delle aspettative, soprattutto se si considera che Mourinho era l’allenatore più pagato della Serie A (con 7 milioni all’anno di stipendio, come l’allenatore della Juventus Massimiliano Allegri) e che la Roma ha il terzo “monte ingaggi” – cioè la somma di tutti gli stipendi percepiti dai suoi calciatori – del campionato: solamente l’Inter e la Juventus spendono di più, e sono rispettivamente prima e seconda in classifica. Naturalmente non esiste una corrispondenza esatta tra i soldi spesi per i contratti dei calciatori e i risultati sportivi, ma una discrepanza così evidente può essere un segnale di un rendimento non all’altezza.

Nelle ultime cinque partite di campionato, la Roma aveva ottenuto appena quattro punti, perdendo contro il Bologna, la Juventus e il Milan, pareggiando contro l’Atalanta e vincendo solamente contro il Napoli, un’altra squadra che sta attraversando un periodo molto negativo.

Negli scorsi due anni José Mourinho aveva creato le condizioni per riportare la Roma a vincere un trofeo, la Conference League ottenuta nel 2022: a livello nazionale non ne vinceva uno dal 2008, la Coppa Italia, e in Europa addirittura dal 1961, quando vinse la Coppa delle Fiere, all’epoca terzo trofeo europeo per importanza. Ci era riuscito creando una squadra molto solida, che rischiava poco e che sapeva difendersi anche per lunghi tratti della partita. Ma Mourinho, che è stato uno degli allenatori più importanti al mondo degli ultimi decenni e prima di arrivare alla Roma aveva vinto 25 trofei, aveva portato nella tifoseria soprattutto un entusiasmo eccezionale con la sua sola presenza, testimoniato dalla lunga serie di sold out registrati dallo stadio Olimpico quando la Roma giocava in casa.

Questa esaltazione collettiva aveva portato a diversi risultati anche nelle partite a eliminazione diretta, quelle europee, giocate con un’eccellente applicazione difensiva e un livello di concentrazione altissimo, soprattutto in trasferta. Negli ottavi di finale della scorsa Europa League, contro la squadra spagnola della Real Sociedad, dopo aver vinto 2-0 in casa la Roma aveva pareggiato 0-0 in Spagna pur subendo 22 tiri (e facendone appena 3). In semifinale contro i tedeschi del Bayer Leverkusen aveva invece vinto 1-0 all’Olimpico per poi resistere nella partita di ritorno con un altro 0-0 nonostante i 23 tiri fatti dalla squadra tedesca (la Roma ne aveva fatto uno solo).

La miglior Roma di Mourinho è stata insomma una squadra a cui era molto difficile fare gol e che sapeva sfruttare i pochi momenti favorevoli che le capitavano in una partita, segnando spesso sui “calci piazzati”, cioè calci d’angolo e punizioni,  e negli ultimi minuti.

Quest’anno per alcuni infortuni la Roma era stata privata di giocatori importanti, su tutti il difensore inglese Chris Smalling, e aveva perso la sua solidità difensiva: Mourinho non è riuscito a trovare soluzioni alternative per recuperare uno dei punti di forza degli anni precedenti. Puntare su un gioco difensivo, con una proposta offensiva molto essenziale, alla lunga si è rivelata una scelta inefficace.

Nelle ultime due sessioni estive di calciomercato sono arrivati due attaccanti di grande talento e già decisivi in Serie A: l’argentino Paulo Dybala, acquistato nel 2022 dopo sette anni alla Juventus, e il belga Romelu Lukaku, che formalmente era arrivato la scorsa estate dagli inglesi del Chelsea ma aveva giocato l’ultima stagione in prestito all’Inter. Diversi giornalisti che seguono abitualmente la Roma in questi anni hanno fatto notare che probabilmente il carisma di Mourinho ha avuto un peso per convincere entrambi ad andare alla Roma, una squadra un po’ meno ambiziosa di quelle in cui avevano giocato prima. Nonostante il loro arrivo però la Roma non ha migliorato granché il suo gioco offensivo: ha provato più che altro a basarsi sulle azioni individuali di questi giocatori, senza però mai metterli nelle condizioni di rendere al meglio collettivamente.

Mourinho con Dybala (AP Photo/Petr David Josek)

Sicuramente gli infortuni hanno penalizzato la Roma in questi anni: lo stesso Dybala ha saltato diverse partite per vari problemi fisici. Il gruppo statunitense Friedkin, proprietario del club, ha dovuto inoltre spesso ripiegare su acquisti a “parametro zero”, cioè di giocatori in scadenza di contratto con altre squadre e il cui trasferimento non prevede quindi costi per la nuova squadra, oltre allo stipendio da pagare. La ragione dei parametri zero è che la Roma ha noti problemi di bilancio, ereditati soprattutto dalla gestione precedente a quella dei Friedkin, che stanno impedendo di spendere cifre elevate per acquistare nuovi calciatori. Sono problemi comuni anche ad altre squadre però, e le aspettative nei confronti della Roma erano comunque più alte dei risultati ottenuti in questa stagione.

È la quarta volta consecutiva che il rapporto tra Mourinho e la squadra che allena finisce con un esonero, dopo quelli subiti al Chelsea, al Manchester United e al Tottenham, tutte squadre inglesi. Dei 26 trofei vinti in carriera, solamente due li ha ottenuti dopo il 2015, l’Europa League del 2017 con il Manchester United e la Conference League 2022 con la Roma: un segno che probabilmente Mourinho ha fatto sempre più fatica ad adeguarsi ai cambiamenti che il calcio ha attraversato in questi anni.

Anche a livello comunicativo gli espedienti di Mourinho hanno perso efficacia con il passare del tempo, fino a diventare prevedibili e ripetitivi. Sin dal suo arrivo in Italia, quando nell’estate del 2008 diventò l’allenatore dell’Inter, e ancor prima nelle sue esperienze di successo al Porto e al Chelsea, Mourinho si era distinto tanto per i suoi risultati sportivi quanto per il suo stile comunicativo molto diretto, furbo, in grado di sfruttare i media a proprio vantaggio. Erano gli anni in cui Mourinho era stato soprannominato Special One (“quello speciale”) e riusciva a ottenere il massimo da tutte le squadre e i giocatori che allenava.

In particolare, nel rapporto con l’esterno era molto bravo a individuare di volta in volta bersagli comunicativi precisi (gli arbitri, gli avversari, i giornalisti) e ad attaccarli nelle conferenze stampa e nelle interviste per distogliere l’attenzione dagli eventuali problemi della squadra. Allo stesso tempo questo atteggiamento creava nei giocatori la sensazione di essere un gruppo solo contro tutto e tutti, vincente nonostante le avversità, rendendoli più affiatati.

Negli anni alla Roma, però, queste sue uscite sono diventate soprattutto un modo di difendere se stesso, respingendo le critiche sul suo gioco e i risultati deludenti della squadra. Per la prima volta l’allenatore portoghese è arrivato ad attaccare in diverse occasioni direttamente i suoi giocatori e il club, accusandoli più o meno esplicitamente di non essere all’altezza delle sue ambizioni. Nell’ottobre del 2021 per esempio la Roma perse in modo piuttosto clamoroso contro la modesta squadra norvegese del Bodø/Glimt per 6-1, in una partita in cui Mourinho aveva messo in campo calciatori fino a quel momento poco utilizzati e che erano abitualmente riserve. Mourinho disse: «Abbiamo perso contro una squadra che ha più qualità di noi. Se potessi giocare sempre con gli stessi lo farei, ma penso che sia rischioso perché abbiamo una differenza significativa di qualità tra un gruppo di giocatori e un altro».

In questa stagione questo modo di fare ha portato a uscite molto controverse. Prima della partita di campionato contro il Sassuolo dello scorso 3 dicembre, per esempio, Mourinho si era detto dubbioso sulla stabilità emotiva dell’arbitro designato, Matteo Marcenaro, secondo lui non adatta «a una gara di questo livello». Non aveva dato troppe spiegazioni al riguardo, e la procura della federazione calcistica italiana aveva aperto un’indagine sportiva per dichiarazioni lesive nei confronti dell’arbitro. Dopo quella partita poi aveva risposto alle domande di un giornalista italiano dell’emittente sportiva DAZN in portoghese, dicendo provocatoriamente che forse il suo italiano non era abbastanza buono per farsi capire.

Nell’ultimo periodo Mourinho aveva attaccato spesso la sua stessa dirigenza, accusandola implicitamente di non avergli messo a disposizione una squadra all’altezza: queste critiche potrebbero aver contribuito alla decisione della società di esonerarlo.

La continua ricerca di “nemici”, inoltre, potrebbe aver influito sul crescente nervosismo dei giocatori e di tutte le persone legate al suo lavoro: nei due anni e mezzo da allenatore della Roma Mourinho è stato espulso ben sette volte, un numero notevole, e in totale i componenti del suo staff hanno ricevuto 28 cartellini rossi, un record negativo in Serie A.

Nonostante tutti questi problemi gli ultras della Roma, cioè i tifosi più accaniti che guardano le partite dalla curva Sud dello stadio Olimpico, non hanno mai criticato l’allenatore: nemmeno nell’ultimo periodo, quando buona parte dei tifosi cominciava a lamentarsi del gioco e dei risultati della squadra. La contestazione degli ultras aveva coinvolto i giocatori e la proprietà della squadra, ma mai l’allenatore. Il 10 dicembre del 2023, in occasione di Roma-Fiorentina, la curva Sud giallorossa aveva esposto uno striscione con scritto: «Gli occhi inebriati di giallorosso, l’anima pervasa dal romanismo: José Mourinho romanista a vita».

In ambito sportivo l’esonero non equivale a un licenziamento: il contratto di Mourinho con la Roma scadrà il prossimo 30 giugno del 2024, a meno che nel frattempo non si accordi per un contratto con una nuova squadra.