Il calendario dei preti va ancora forte, 20 anni dopo
Che poi in realtà non sono quasi mai preti, ma modelli o uomini fotografati per strada da un archivista veneziano fotografo per passione
Sono passati vent’anni da quando in molte edicole di Roma, in particolare quelle intorno al Vaticano, fu messo in vendita per la prima volta il cosiddetto calendario dei preti. È difficile non notarlo perché tutti i preti ritratti sono piuttosto belli. Molti turisti pensano che sia un oggetto ufficiale del Vaticano, ma in realtà la Chiesa cattolica non c’entra nulla con la sua pubblicazione e soprattutto molti degli uomini fotografati con la tonaca nera e il collarino ecclesiastico bianco non sono preti per davvero, bensì modelli o persone fotografate per strada.
La fortuna del calendario è dovuta proprio a questo equivoco e al fatto che le fotografie fanno leva sull’attraenza e sull’aspetto fisico, caratteristiche solitamente non associate ai preti, obbligati al celibato dal sacerdozio. Anche se non sono disponibili dati ufficiali relativi alle vendite, il calendario romano (questo è il suo vero nome) continua a essere molto richiesto dai turisti: si stima che ogni anno ne vengano venduti a migliaia.
L’intuizione di realizzare questo souvenir insolito e poco costoso (nelle edicole i prezzi vanno da 6 a 25 euro) venne nei primi anni Novanta a un archivista di Venezia e fotografo per passione: Piero Pazzi. «L’ho fatto per dare al turista informazioni sulla città di Roma e sul Vaticano», dice. «Nelle pagine si trovano cose semplici, dalla storia della città fino a dove sono le farmacie. D’altronde i turisti sono sempre più primitivi e non sanno nemmeno dove si trovano: a Venezia mi hanno chiesto dove fossero gli affreschi di Pavarotti».
Pazzi ha una storia singolare. Nato a Venezia, si definisce archivista esperto di documenti risalenti alla Repubblica Serenissima e in generale di materiale storico relativo al Veneto. Per alcuni anni ha vissuto in molte città italiane e anche in Spagna, a Siviglia, dove ha scattato alcune delle fotografie pubblicate nel calendario.
L’uomo ritratto nella pagina dedicata al mese di marzo dell’edizione del 2004 e in diverse successive, per esempio, è proprio di Siviglia: si chiama David Ruiz Suárez e nella vita fa l’agente immobiliare. All’epoca aveva poco più di vent’anni e venne fotografato da Pazzi durante una processione: era vestito con una tunica nera, una cotta da chierichetto, aveva una croce al collo e stava mangiando un pezzo di torta. Non seppe di essere stato fotografato fino a quando un conoscente lo riconobbe in una foto del calendario comprato durante un viaggio a Roma.
Nemmeno Giovanni Galizia, il prete della copertina, è davvero un prete. Nel 2004, quando fu fotografato da Pazzi, aveva 17 anni. Ora ne ha 36 e fa l’assistente di volo a Palermo, la sua città. «No, non sono un prete. Lo posso confermare. Me lo ricorderei se lo fossi stato», ha detto in un’intervista a Fanpage. «[Pazzi] mi ha chiesto se mi andasse di fare quella foto e io ho detto: “Perché no”. Da lì è nata questa storia senza fine. Ma non ho mai fatto il modello, né ho mai avuto questo tipo di velleità».
Nonostante la sua faccia sia stata sfruttata per la copertina di più edizioni, Galizia non riceve compensi in virtù degli accordi presi all’epoca con Pazzi. Anche a molti anni di distanza, diverse persone che lo conoscono gli mandano foto del calendario con qualche battuta. «Per me era un gioco: non era prevedibile tutto questo seguito, però non l’ho mai vissuto come un problema. Si è trattato sempre di una visibilità discreta», ha detto Galizia.
Pazzi confessa: «È vero, non tutti sono preti, però l’intento era dare risalto ai preti in quanto simbolo di una città come Roma, che deve molto al Vaticano e alla Chiesa in generale». L’autore ammette anche di non conoscere molte delle persone finite nel calendario e di averne fotografate alcune per strada, soprattutto in Spagna durante cerimonie e processioni. Dice anche di non sapere quante copie vende ora il calendario, perché non si occupa di questioni amministrative, ma conferma che l’interesse è ancora notevole. Si occupa solo dell’aspetto artistico, cioè di scegliere le foto ogni anno, anche se molte vengono riutilizzate, e di cambiare di volta in volta le informazioni contenute nelle pagine con i testi.
Pazzi tiene però a smentire alcune informazioni che circolano da diversi anni, tra cui la presunta avversione del Vaticano nei confronti della pubblicazione: assicura di non aver mai ricevuto diffide o lamentele da autorità religiose. La seconda, invece, riguarda la presunta destinazione di parte dei ricavi a un’associazione che sostiene le persone vittime di abusi nella Chiesa, la SNAP (Survivors Network of those Abused by Priests). Non sono mai stati dati fondi alla SNAP o ad altre associazioni.
Oggi Pazzi non si occupa più di preti, ma di gatti. Ha aperto due sedi del museo del gatto: una a Cattaro, una città sulla costa adriatica del Montenegro, e una a Budapest, la capitale dell’Ungheria. I musei raccolgono documenti e cimeli che riguardano i gatti e la storia del loro rapporto con le persone. Ogni tanto torna a Venezia, ma per la maggior parte del tempo vive all’estero.