L’economia tedesca va peggio di tutte
Nel 2023 si è contratta dello 0,3 per cento, registrando il risultato peggiore tra tutte le economie avanzate: è un problema per tutti i paesi europei
Lunedì l’ufficio nazionale di statistica della Germania ha certificato che nel 2023 l’economia tedesca si è contratta, per la prima volta da molti anni escludendo il periodo della pandemia. Il Prodotto Interno Lordo (PIL) tedesco è calato dello 0,3 per cento rispetto all’anno precedente. Il dato era atteso da tempo, ma è stato comunque molto commentato perché certifica che mentre l’anno scorso la maggior parte delle economie avanzate cresceva, quella tedesca si è ridimensionata. Secondo il Fondo Monetario Internazionale il dato sul PIL tedesco è il peggiore registrato tra le economie avanzate.
Una riduzione del PIL di qualche decimo di punto può sembrare una cosa di poco conto e senza effetti negativi così concreti, ma è un dato notevole per la Germania. Oltre a essere uno dei paesi più influenti dell’Unione Europea, è anche la prima economia europea per dimensioni del PIL, con un’industria forte e molto integrata con quelle degli altri paesi. Una recessione tedesca rischia di avere conseguenze anche nel resto dell’Unione: sia per questi rapporti industriali, sia perché tutti i paesi europei esportano molto in Germania. Il dato è inoltre in controtendenza rispetto agli ultimi decenni, nei quali la Germania era stata definita da molti economisti la «locomotiva d’Europa», ossia il paese che dava una spinta propulsiva a tutta l’economia europea.
Secondo l’ufficio di statistica tedesco il calo è dovuto soprattutto ai rincari del costo della vita: nonostante l’inflazione sia comunque in calo dallo scorso anno, i prezzi sono ancora molto alti e gli stipendi non hanno recuperato il potere d’acquisto. Ha avuto un serio impatto anche l’aumento dei tassi di interesse deciso dalla Banca Centrale Europea per contrastare l’inflazione: prendere a prestito il denaro è diventato molto più costoso, il che ha avuto effetti negativi sul mercato immobiliare, sulle costruzioni e in generale per tutte le attività produttive che fanno molto affidamento sui prestiti bancari.
In più la Germania ha risentito molto della crisi energetica iniziata con la guerra in Ucraina. La sua industria è fortemente energivora, ossia ha bisogno di molta energia per funzionare, e dipende dai combustibili fossili più di quelle degli altri paesi dell’Europa occidentale: anche in questo caso, nonostante i prezzi dell’energia siano in calo da vari mesi, il costo per le aziende è ancora molto alto. La produzione industriale tedesca faceva molto affidamento sulle forniture di gas naturale a basso costo proveniente dalla Russia, e con la sua interruzione o quasi decisa a livello europeo è stata messa molto in difficoltà.
La Germania ha risentito anche di una certa incertezza a livello internazionale, determinata dal prosieguo della guerra in Ucraina, dall’inizio della guerra a Gaza e infine dal fortissimo rallentamento dell’economia cinese, da anni un mercato di riferimento per le esportazioni tedesche.
Sono le stesse difficoltà con cui ha avuto a che fare la maggior parte delle economie avanzate, ma sulla Germania hanno avuto un impatto maggiore: secondo le stime di ottobre del Fondo Monetario Internazionale nel 2023 le economie avanzate sono cresciute in media dell’1,5 per cento. Tra queste la Germania ha avuto il risultato peggiore, con una contrazione prevista dello 0,5. La stima dell’ufficio di statistica tedesco di una contrazione dello 0,3 per cento è dunque più ottimista, ma il risultato del paese resta comunque il peggiore tra le economie avanzate. Se si guarda solo ai paesi che hanno adottato l’euro la crescita media è stata dello 0,7 per cento: per l’Italia le stime sono di una crescita dello 0,7 per cento, per la Francia dell’1 per cento e per la Spagna del 2,5 per cento.
Non si sa fino a che punto le difficoltà tedesche condizioneranno le economie degli altri paesi europei, anche perché negli ultimi anni la Germania sembra aver perso una parte della sua forza economica all’interno dell’Unione Europea per una serie di ragioni legate alle caratteristiche e all’evoluzione della sua economia. Sta facendo fatica ad avviare una vera transizione energetica e l’industria è fortemente penalizzata da un costo dell’energia troppo alto, e non solo per la crisi energetica. Il sistema energetico tedesco era inadatto a soddisfare in modo sostenibile il fabbisogno energetico dell’industria già prima della guerra in Ucraina e l’energia tedesca era tra le più costose delle economie avanzate.
Resta comunque il fatto che l’economia tedesca vale quasi il 30 per cento del PIL dell’Unione Europea e la Germania è il più importante partner commerciale per più della metà dei paesi membri. Per l’Italia è il primo mercato di destinazione delle esportazioni: nel 2022 le ha venduto merci per circa 77 miliardi di euro e ne ha importate per 90 miliardi. Un calo persistente dei consumi in Germania potrebbe quindi nuocere molto alle aziende esportatrici italiane: nel 2023 i consumi tedeschi si sono ridotti dello 0,8 per cento rispetto all’anno prima e sono ancora inferiori dell’1,5 per cento rispetto al 2019, prima della pandemia da coronavirus.
Oltre che dai consumi, l’integrazione economica tra i paesi europei e la Germania passa anche per l’industria, ossia il pezzo più importante dell’economia tedesca. I settori più rilevanti e strategici sono la meccanica, la siderurgia, la chimica e la farmaceutica. Il settore delle auto vale da solo un quinto dell’industria tedesca, che per funzionare fa ricorso a semilavorati e componenti provenienti da altri paesi europei. Per esempio l’Italia le fornisce ogni anno tra i 4 e i 5 miliardi di componenti per il settore delle auto, cioè un quinto di tutte le esportazioni italiane di componentistica nel mondo.
Un calo persistente della produzione industriale tedesca significherebbe per le aziende europee consistenti cali di ordini. Una tendenza del genere si è osservata in parte già sui dati sulla produzione industriale europea, piuttosto negativi da mesi: gli ultimi sono relativi a novembre del 2023, quando è risultata più bassa del 6,8 per cento rispetto a novembre dell’anno precedente. In Germania si è ridotta del 4,9 per cento e in Italia del 3,1 per cento.
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