L’eclettico populista Ko Wen-je ha idee ambigue sulla politica taiwanese, e molto potere
È arrivato terzo alle elezioni di sabato a Taiwan: ora i suoi deputati sono fondamentali per formare una maggioranza in parlamento
Alle elezioni di sabato a Taiwan la vittoria di Lai Ching-te, il candidato più progressista e più critico nei confronti della Cina, è stata complicata dal fatto che il suo partito, il Partito Progressista Democratico (DPP nell’acronimo inglese), non ha ottenuto la maggioranza in parlamento: il nuovo presidente Lai dovrà fare affidamento sui deputati di altri partiti, e questo aumenta di molto l’importanza del terzo candidato classificato, Ko Wen-je, un populista con molte idee eclettiche e peculiari.
Nel parlamento di Taiwan, lo Yuan Legislativo, il partito del nuovo presidente Lai Ching-te ha ottenuto soltanto 51 deputati su 113 in totale, e non ha la maggioranza. Il principale partito di opposizione, il Kuomintang, di centrodestra e più favorevole alla Cina, ha ottenuto 52 deputati. Per questo gli otto deputati ottenuti dal partito di Ko Wen-je, il Partito Popolare di Taiwan, diventeranno determinanti per governare l’isola. Il problema è che Ko ha posizioni assai ambigue su molte delle questioni più rilevanti per l’isola di Taiwan, a partire dal suo rapporto complicato con la Cina.
Ko Wen-je è un famoso chirurgo che entrò in politica esattamente dieci anni fa, nel 2014, quando a Taiwan erano in corso le enormi manifestazioni del cosiddetto “Movimento dei girasoli”, una protesta studentesca contro un accordo commerciale che il governo taiwanese di allora (sostenuto dal Kuomintang) voleva stringere con la Cina. Ko Wen-je sostenne il movimento e adottò posizioni critiche nei confronti della Cina e nei confronti del Kuomintang, ottenendo enorme appoggio soprattutto tra i giovani che animavano il movimento.
Forte di questo appoggio, sempre nel 2014 si candidò come sindaco della capitale Taipei e vinse le elezioni con il sostegno del DPP, cioè il partito critico nei confronti della Cina del nuovo presidente Lai Ching-te. Ko divenne rapidamente popolare a Taipei per il suo stile retorico piuttosto spiccio e per il suo modo di presentarsi come uno scienziato (è un ex chirurgo) che analizza e risolve freddamente i problemi.
Nel 2016 Ko sosteneva ancora il DPP e diede il suo endorsement a Tsai Ing-wen, la candidata del partito che poi sarebbe diventata presidente per due mandati. Fece anche eventi di campagna elettorale con politici esplicitamente favorevoli all’indipendenza di Taiwan, cioè alla posizione in assoluto più anti cinese che esista attualmente nelle politica taiwanese.
Durante i suoi otto anni come sindaco di Taipei (ha ottenuto un secondo mandato nel 2018, vincendo di pochissimo), Ko ha però gradualmente modificato le proprie posizioni. Le sue posizioni si sono avvicinate sempre di più a quelle del Kuomintang e nei suoi discorsi pubblici ha cominciato a dire che Taiwan e la Cina fanno parte di «un’unica famiglia»: è una frase che assomiglia molto agli slogan del Partito Comunista Cinese che spingono per l’unificazione tra la Cina e Taiwan.
La Cina considera Taiwan una propria provincia ribelle che presto o tardi dovrà tornare a far parte del paese: periodicamente il presidente cinese Xi Jinping ricorda che la «riunificazione» tra la Cina e Taiwan è «inevitabile», usando una retorica che con il tempo si è fatta sempre più minacciosa. Oggi a Taiwan nessun partito è favorevole all’unificazione con la Cina, ma alcuni, come il DPP del nuovo presidente Lai, vogliono rafforzare l’autonomia e la sovranità del paese, mentre altri, come il Kuomintang, ritengono che il modo migliore per mantenere lo status quo sia dialogare con la Cina e stabilire saldi rapporti commerciali.
Ko Wen-je, che aveva cominciato la sua carriera politica su posizioni più autonomiste, nel corso del tempo si è avvicinato sempre di più a posizioni accomodanti nei confronti della Cina, tanto che durante la campagna elettorale del 2023 è stato vicinissimo a fare un accordo elettorale con Hou Yu-ih, il candidato del Kuomintang: se l’accordo fosse riuscito, è probabile che i due avrebbero vinto le elezioni, battendo Lai.
In realtà, durante la campagna elettorale, Ko ha cercato soprattutto di concentrarsi sulle questioni interne, lasciando la battaglia sui rapporti con la Cina agli altri due partiti. Anche per questo è riuscito a ottenere un seguito composto soprattutto da giovani e professionisti, che non vogliono le politiche filo cinesi del Kuomintang ma sono stanchi anche del DPP, che è al potere da otto anni ed è percepito ormai come un partito di establishment.
Ko ha ottenuto popolarità anche grazie a una campagna mediatica molto più sofisticata di quella dei suoi avversari: su Instagram, per esempio, è l’unico candidato ad avere più di un milione di follower (il nuovo presidente Lai ne ha meno di 200 mila).
Non è ancora chiaro cosa farà Ko ora che di fatto è diventato la figura decisiva della politica taiwanese.
In campagna elettorale ha spesso assunto posizioni ambigue: è favorevole ad aumentare la spesa militare (misura vista come anti cinese) ma anche a stabilire un qualche tipo di accordo commerciale con la Cina. Ha alcune posizioni progressiste sulle questioni economiche, ma è stato criticato per alcune sue frasi che sono state percepite come misogine e omofobe. Insomma, gli analisti al momento non sanno se Ko aiuterà il governo di Lai oppure se si metterà all’opposizione insieme con il Kuomintang.
C’è anche la possibilità che il suo partito venga diviso dai litigi interni. Nel tentativo di presentarsi come alternativa ai due partiti tradizionali, Ko ha radunato attorno a sé collaboratori molto diversi: la sua candidata vicepresidente, che è stata eletta in parlamento, è molto filo cinese, ma al contrario un altro deputato celebre è un famoso indipendentista ed ex leader del Movimento dei girasoli. I contrasti interni potrebbero indebolire Ko, e aiutare i suoi avversari.