La Cassazione ha confermato le condanne per la strage di Viareggio
Ma per alcuni condannati ha deciso un nuovo passaggio in Corte d'Appello per rideterminare le pene e applicare le attenuanti generiche
Lunedì 15 gennaio la Corte di Cassazione ha confermato le condanne riguardanti la strage di Viareggio, l’incidente ferroviario avvenuto nel 2009 poco oltre la stazione di Viareggio (Toscana) nel quale morirono 32 persone; la Cassazione ha però stabilito che si dovrà tornare in Corte d’Appello per la rideterminazione delle pene e applicazione delle attenuanti generiche.
La sera del 29 giugno 2009, a pochi minuti dalla mezzanotte, un treno merci che trasportava GPL (gas di petrolio liquefatto) deragliò e uno dei quattro carri cisterna che uscirono dai binari si squarciò, facendo uscire il gas: si svilupparono un incendio e una forte esplosione che interessò tre edifici adiacenti alla stazione. Ci furono 32 morti: 11 persone morirono subito per le ustioni o nel crollo degli edifici, le altre morirono in ospedale nelle settimane e nei mesi successivi.
Dopo molti anni di inchieste e indagini della procura di Lucca, nel 2013 si aprì un processo che portò a gennaio del 2017 alla condanna in primo grado di 23 persone su 33 imputati e quattro società su sei imputate. Fra questi furono condannati a 7 anni Mauro Moretti, ex amministratore delegato di Ferrovie dello Stato e di Rete Ferroviaria Italiana, e a 7 anni e 6 mesi Michele Mario Elia, che era succeduto a Moretti, e Vincenzo Soprano, ex amministratore delegato di Trenitalia.
Furono inoltre condannati con pene fino a 9 anni anche amministratori, dirigenti e dipendenti di Gatx, la multinazionale statunitense proprietaria dei carri cisterna, FS Logistica, azienda chiusa nel 2017 che si occupava della logistica dei treni merci delle Ferrovie dello Stato, e Officina Jungenthal (a sua volta controllata da Gatx) e Officina Cima, responsabili della manutenzione e dell’assemblaggio del convoglio. Le società Gatx, Jungenthal, Trenitalia e Rete Ferroviaria Italiana furono condannate a pagare fra i 400mila e i 700mila euro. I condannati erano stati accusati a vario titolo di disastro ferroviario colposo, incendio colposo, omicidio colposo plurimo, lesioni personali.
Secondo i periti della procura di Lucca il deragliamento avvenne perché l’assile 98331 (in ambito ferroviario per “assile” si intende l’asse che congiunge due ruote di un veicolo ferroviario) del treno merci si era spezzato per una frattura causata dalla ruggine, coperta da tre strati di vernice. Sempre secondo i periti della procura, la frattura avrebbe dovuto essere rilevata durante i controlli di manutenzione: nel novembre del 2008, sette mesi prima dell’incidente, l’assile era passato per l’Officina Jungenthal di Hannover e nel febbraio 2009 il carro cisterna era passato dall’Officina Cima di Bozzolo (Mantova), che lo aveva montato.
La ragione per cui la cisterna da cui fuoriuscì il GPL si squarciò fu invece molto dibattuta durante il processo. I periti della procura di Lucca, i consulenti tecnici dei parenti delle vittime e la commissione di indagine del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti si trovarono d’accordo nello stabilire che lo squarcio si fosse aperto a causa dell’urto contro un picchetto di regolazione curve. Dal 2001 Ferrovie dello Stato aveva cominciato a sostituire i picchetti con sistemi di misurazione GPS, ma nel 2009 erano stati sostituiti solo sulle linee ad alta velocità.
A metà del 2019 la Corte di appello di Firenze confermò le condanne di primo grado e così fece anche la Corte di Cassazione nel 2021: in quel caso fu confermata l’esistenza del reato di omicidio colposo plurimo, che però nel frattempo era andato in prescrizione, e anche quello di disastro ferroviario colposo, che invece era ancora valido. Questa condanna era stata nuovamente confermata dalla Corte di Appello nel 2022 alla fine del processo di appello-bis.
Durante i numerosi processi diverse condanne sono state diminuite, soprattutto a causa della prescrizione del reato di omicidio colposo plurimo: all’inizio del nuovo processo in Cassazione, ad esempio, Mauro Moretti era stato condannato a 5 anni e Vincenzo Soprano e Michele Mario Elia a 4 anni e 2 mesi. Fra coloro che avevano presentato ricorso c’erano anche i dirigenti e tecnici delle aziende ferroviarie addette al controllo e alla manutenzione dei carri merci, che avevano ricevuto condanne tra i 4 e i 6 anni.
Ora la Cassazione ha deciso di confermare le pene, ma per Moretti ed Elia si dovrà tornare in Corte d’Appello per rideterminare le pene e per applicare le attenuanti generiche; per Soprano la sentenza è invece da considerarsi definitiva.
In attesa della sentenza, di fronte alla Corte di Cassazione a Roma si era tenuto un sit-in delle famiglie delle vittime, che in questi anni hanno protestato contro la lentezza con cui si sono svolte le indagini e i processi.