Come si protegge una città da un’eruzione vulcanica
A Grindavík, in Islanda, si sta costruendo una barriera che ha in gran parte trattenuto la lava, ma tre case sono state comunque bruciate
L’eruzione vulcanica che domenica ha distrutto tre case di Grindavík, la cittadina islandese di circa 3.600 abitanti dove da novembre si sono susseguiti numerosi terremoti e dove a dicembre c’era stata una prima eruzione, avrebbe potuto fare più danni. Non è successo perché nelle ultime due settimane a nord del centro abitato era iniziata la costruzione di una barriera protettiva, una specie di muraglia di terra, pensata per fermare l’espansione della lava in direzione delle abitazioni e progettata in base ai dati sulla posizione del magma sotto la superficie.
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La maggior parte della lava è rimasta al di qua della barriera senza oltrepassarla, sebbene questa dovesse ancora essere completata: gli esperti dell’Agenzia meteorologica islandese hanno detto alla RÚV, la principale rete televisiva del paese, che la protezione si è dimostrata utile indirizzando il flusso di lava verso ovest. In un punto la lava ha oltrepassato il terrapieno, ma si è fermata poco distante. La lava che ha travolto le case distrutte è fuoriuscita da una fessura secondaria del vulcano, più piccola, che si è aperta a sud della barriera e più vicino alla cittadina. Attualmente il flusso di lava da questa fessura si è arrestato.
Grindavík si trova nella penisola di Reykjanes, nel sud-ovest dell’Islanda. Dista circa 50 chilometri dalla capitale Reykjavík, una ventina dall’aeroporto internazionale di Keflavík, il principale del paese, e meno di cinque dalla Laguna Blu, la famosa area geotermale che è una delle maggiori attrazioni turistiche islandesi. Il fenomeno vulcanico che sta avvenendo nella zona non è legato a un vulcano per come li si intende di solito, cioè a una montagna più o meno grande da cui escono lava, ceneri e gas, ma a lunghe fessure nel terreno che si aprono in una zona pianeggiante.
Il progetto della barriera per la protezione di Grindavík prevede la realizzazione di un terrapieno lungo circa 7 chilometri e alto tra i 6 e i 10 metri: la parte costruita finora però arriva solo a metà dell’altezza prevista.
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Nel corso della notte tra domenica e lunedì, quella dopo l’eruzione, un gruppo di operai ha dovuto mettere in salvo alcune delle macchine scavatrici e dei bulldozer del cantiere della barriera dalla lava che si avvicinava. Se le macchine fossero state distrutte dalla lava non ci sarebbe stata solo una significativa perdita economica, ma anche un grosso rallentamento alla costruzione delle barriere, perché per rimpiazzare macchine di questo genere bisogna aspettare mesi, o anche un anno intero. Lunedì invece i lavori di costruzione delle barriere stanno proseguendo. Il progetto iniziale prevede che vadano avanti ancora per qualche mese, fino a primavera.
Un’altra barriera invece era già stata completata e serve a proteggere la centrale elettrica geotermica di Svartsengi, la cui elettricità è fondamentale per la penisola di Reykjanes, specialmente d’inverno. In caso di emergenza la centrale può essere gestita da remoto.
A più di 24 ore dall’inizio dell’eruzione sembra che il flusso di lava si stia fermando anche dalla fessura principale. Lunedì mattina il geofisico Magnús Tumi Guðmundsson ha detto alla RÚV che non c’è modo di sapere quando l’eruzione finirà, anche se sembra che durerà poco, un po’ come quella di dicembre che si era fermata dopo due giorni e mezzo.
Attualmente Grindavík è stata evacuata e gli abitanti sono ospitati altrove. Sabato c’erano ancora persone in una novantina di case, ma la sequenza di terremoti avvenuta nel corso della giornata aveva spinto le autorità a far andare via tutti prima di domenica mattina.
– Leggi anche: Le immagini della lava che brucia le case di Grindavík