Il “dietro le quinte” del tennis non attira granché
La serie-documentario che lo racconta, Break Point, sembra funzionare meno di quelle di altri sport ed è andata peggio negli ascolti
Negli ultimi anni si è piuttosto diffuso un formato di serie-documentario che punta a mostrare il cosiddetto “dietro le quinte” degli sport, facendo emergere informazioni normalmente escluse dall’abituale racconto giornalistico, che per molto tempo erano state percepite come riservate e difficilmente condivisibili con il pubblico. Alcune di queste hanno avuto un grande successo, a partire da quella sulla Formula 1 Drive to Survive, che ha fatto da modello per diverse altre successive. Quella sul tennis invece, Break Point, sta avendo risultati deludenti, soprattutto se si considerano le grandi aspettative, il maggior successo di altri prodotti simili e l’imponente lavoro produttivo.
Alcuni giorni fa la piattaforma di streaming Netflix ha pubblicato i dati con le visualizzazioni di film e serie tv tra gennaio e giugno del 2023: Break Point ha totalizzato 30,5 milioni di ore di streaming in tutto il mondo. Sono circa un terzo rispetto ai 90,2 milioni di ore della quinta stagione di Drive to Survive e molti in meno anche dei 53,1 milioni di ore di Full Swing, sul golf, entrambe dal format molto simile.
Netflix released their January through June viewership data and it's interesting comparing the three main sports shows pic.twitter.com/AUQGeR62dm
— Matthew Willis (@mattracquet) January 2, 2024
Ci sono diversi motivi alla base di questo risultato. Break Point ha seguito e filmato durante la stagione 2022 una decina fra tennisti e tenniste, tra i quali l’italiano Matteo Berrettini, per quasi un anno e in tre diversi continenti (Oceania, Europa e America), riprendendoli sia sul campo sia in momenti di vita privata e familiare.
Bisogna premettere che la serie è uscita in due parti: i primi cinque episodi il 13 gennaio del 2023, tre giorni prima dell’inizio degli Australian Open, uno dei quattro tornei del Grande Slam, i più importanti e prestigiosi del tennis professionistico. Gli episodi dal 6 al 10 sono invece usciti il 21 giugno del 2023, una decina di giorni prima di Wimbledon, un altro torneo del Grande Slam, quello giocato sull’erba in Inghilterra. Dal momento che i dati sulle visualizzazioni si riferiscono ai primi sei mesi del 2023, è probabile che soprattutto a luglio, mentre si giocava Wimbledon, la serie sia stata vista da un buon numero di spettatori, che non rientra nei dati recentemente pubblicati da Netflix.
Questo non dice tutto, però. La serie infatti era stata accolta con un certo scetticismo, e fin da subito molti avevano notato la scarsa inclinazione di uno sport come il tennis a farsi raccontare da dietro le quinte. In una recensione uscita sul Guardian dopo l’uscita dei primi cinque episodi si diceva: «Questo stile di documentario, in cui filmati di gioco concitati si mescolano con interviste rivelatrici e un sacco di cliché spavaldi su quanto tutto sia epico ed emozionante, semplicemente non si adatta molto bene al tennis», uno sport intimo, solitario, in cui persino il pubblico deve stare quasi sempre in silenzio (quasi) e dove «i grandi drammi accadono nella testa dei giocatori».
Nonostante tutte le criticità e i pregiudizi soprattutto degli appassionati, comunque, Break Point è stata confermata per la seconda stagione, con l’uscita prevista nuovamente in due parti: i primi cinque episodi sono stati pubblicati il 10 gennaio, quattro giorni prima dell’inizio dell’Australian Open.
Il confronto con altre serie-documentario sportive aiuta forse a comprendere i motivi dello scarso successo di Break Point. Drive to Survive, la serie che ha cambiato il modo di guardare la Formula 1 e che ha generato un’incredibile attenzione per lo sport soprattutto negli Stati Uniti, ha avuto successo per il racconto accattivante delle polemiche, della rivalità tra i piloti e tra le scuderie, delle manovre politiche e delle controversie che caratterizzano la Formula 1. La serie si concentra poco sugli aspetti tecnici come gli pneumatici e il design delle auto, ma molto su quelli umani, sui rapporti personali, sulle invidie, sulle ambizioni a volte eccessive dei piloti.
Nelle stagioni della serie-documentario All or Nothing, uscite su Prime Video e con protagoniste squadre di football americano, di calcio, di rugby o di hockey, i momenti che si sono dimostrati più interessanti per chi le guardava erano invece quelli ripresi all’interno dello spogliatoio, nell’intervallo di una partita importante oppure dopo una sconfitta dolorosa. La serie ha consentito di vedere, pur con il filtro del montaggio, i discorsi motivazionali di allenatori carismatici e di successo come lo spagnolo Pep Guardiola ai giocatori del Manchester City (nella stagione 2017-2018), o come il portoghese José Mourinho a quelli del Tottenham (nel 2020-2021). O ancora gli scontri tra i calciatori della Juventus nella complicata stagione 2020-2021, quella in cui l’allenatore era Andrea Pirlo.
@metropolesoficial #CristianoRonaldo faz barraco em novo documentário da #Juventus. #AllorNothing mostra bastidores da última temporada do time #TikTokNotícias ♬ som original – Metrópoles Oficial
Al tennis mancano tanto le trame intricate della Formula 1 quanto l’atmosfera solenne degli spogliatoi negli sport di squadra, e questo si sente in Break Point. Non a caso, gli episodi che funzionano meglio sono probabilmente il primo e il sesto, quelli che hanno come protagonista il tennista australiano Nick Kyrgios, famoso soprattutto per i suoi comportamenti sopra le righe e per il suo stile di gioco eclettico e spettacolare. Kyrgios è affascinante per via del suo talento, molto evidente ma apparentemente non del tutto realizzato, e per il fatto che è considerato un bad boy, uno che non si conforma alle regole: i suoi comportamenti sono amplificati senza dubbio dall’antitesi con l’eccessivo formalismo del tennis, uno sport molto legato all’etichetta e alle tradizioni. Allo stesso tempo, però, Kyrgios è stato uno dei primi tennisti (e sportivi in generale) a parlare esplicitamente di salute mentale, un aspetto ancora molto sottovalutato soprattutto in uno sport particolarmente esigente a livello psicologico, perché richiede di mantenere per ore la massima concentrazione e di farlo da soli, senza compagni di squadra a supporto.
L’idea alla base di queste serie-documentario è di aggiungere una dimensione sconosciuta nel racconto di uno sport, qualcosa che tifosi e spettatori solitamente non colgono o che per diversi motivi non si può vedere. L’obiettivo è farlo, per quanto possibile, in maniera accattivante. Nonostante i produttori fossero gli stessi di Drive to Survive (la Box To Box Films) e il regista pure (Martin Webb ha diretto la terza e la quarta stagione della serie sulla Formula 1), l’obiettivo con Break Point è stato raggiunto solo in parte. Sin dalla sua uscita, la serie era stata criticata tanto dagli spettatori non particolarmente esperti di tennis, quanto soprattutto dagli appassionati.
Sempre secondo il Guardian, «Break Point non si aiuta per il modo in cui presenta lo sport. Sembra che la serie sia rivolta a persone che non sanno nulla di tennis: le basi di come funzionano i game e i set vengono spiegate due volte in cinque minuti nel primo episodio, e non c’è quasi alcuna menzione di tattica o tecnica». Nella ricostruzione delle partite, per esempio, viene mostrato il punteggio, ma non viene indicato il giocatore o la giocatrice che in quel momento è al servizio (il colpo con cui si comincia il punto), un aspetto fondamentale per capire il momento della partita e sempre più importante nel tennis contemporaneo: oggi infatti chi inizia il punto è molto avvantaggiato, perché i servizi stanno diventando sempre più forti, precisi e difficili da rimandare indietro.
Il sito specializzato Ubitennis, recensendo la prima parte della prima stagione, aveva descritto Break Point come una serie che «non rivela niente di nuovo per chi già conosce il tennis» e come un prodotto rivolto a nuovi appassionati di tennis, che avrebbe l’obiettivo «di avvicinarli e fidelizzarli a una nuova generazione di campioni». Negli ultimi anni la fine quasi in contemporanea delle carriere di due tennisti iconici come Roger Federer e Serena Williams, tra i più forti e seguiti di sempre, ha allontanato una parte di tifosi dal tennis.
Se una stagione di Formula 1 – uno sport che ha in tutto venti piloti – si racconta agevolmente per intero, lo stesso non si può dire per una stagione di tennis, dove gli sportivi che varrebbe la pena seguire sono almeno due centinaia: per questo Break Point ha dovuto un po’ scommettere sul fatto che i tennisti e le tenniste che aveva deciso di seguire nel corso del 2022 avrebbero vinto titoli importanti: a quasi tutti però è andata abbastanza male, e le attese nei confronti della serie sono di conseguenza diminuite.
Per quanto l’idea di presentare la nuova generazione di tennisti, quelli che vengono dopo i quindici-vent’anni segnati dall’incredibile dominio di Roger Federer, Rafael Nadal e Novak Djokovic, sia sensata e interessante, sicuramente ha pesato sulla riuscita della prima stagione della serie l’assenza proprio di Nadal, che era il tennista su cui si erano concentrate tutte le attenzioni della prima parte di stagione del 2022. Nadal aveva infatti vinto i primi due Slam in calendario (Australian Open e Roland Garros) ma non era stato coinvolto dalla produzione. Quel suo inizio di stagione, straordinario soprattutto considerati i 36 anni che aveva, viene raccontato in Break Point solo con testimonianze di seconda mano e immagini di archivio.
Nella prima stagione di Drive to Survive le storie di scuderie minori come la Haas (e del suo team principal Günther Steiner) erano state per molti appassionanti, ma il successo della serie si è affermato dalla seconda stagione, quando anche la Ferrari e soprattutto la Mercedes e il suo pilota britannico Lewis Hamilton, sette volte campione del mondo, avevano scelto di partecipare al documentario e di farsi intervistare.
C’è infine un altro aspetto che potrebbe non aver aiutato Break Point ad avere successo tra gli appassionati di tennis, e riguarda il fatto che i tennisti, quando parlano in pubblico, sono generalmente già molto aperti. A differenza di altri sportivi non danno risposte standard e banali, ma spesso approfondiscono questioni private, parlano delle difficoltà che incontrano senza troppi problemi, delle pressioni, delle rivalità. La tennista giapponese Naomi Osaka, due volte vincitrice degli Australian Open e degli US Open, ha parlato molte volte della sua salute mentale e del suo rapporto conflittuale con la stampa.
Il tennista russo Daniil Medvedev, attuale numero 3 del mondo, diverse volte in conferenza stampa ha parlato senza filtri, come quando ad aprile dell’anno scorso aveva criticato duramente il suo avversario Alexander Zverev dopo una partita giocata al torneo di Montecarlo. Al contrario di Drive to Survive, insomma, la serie sul tennis ha faticato ad aggiungere cose che chi segue il tennis non sapesse già. Parte del successo della nuova stagione di Break Point potrebbe quindi dipendere dalla sua capacità di far dialogare la serie con le polemiche e le questioni che sono già note agli appassionati di tennis.
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