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  • Giovedì 11 gennaio 2024

Un’altra inchiesta sulla gestione di un CPR

Quello di Palazzo San Gervasio, in Basilicata: le accuse ipotizzano maltrattamenti sui migranti ospitati nel centro

Uno striscione con la scritta “CPR=Lager”
(LaPresse/Andrea Alfano)
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La procura di Potenza sta indagando sulla gestione del Centro di permanenza per il rimpatrio (CPR) di Palazzo San Gervasio, in provincia di Potenza, in Basilicata, uno dei luoghi in cui vengono detenute le persone che non hanno un permesso di soggiorno valido per rimanere in Italia, in attesa di essere espulse. Le indagini della procura hanno fatto emergere diverse ipotesi di reato, tra cui il fatto che molti migranti nel CPR di Palazzo San Gervasio sarebbero stati maltrattati e sedati con psicofarmaci senza un reale bisogno medico. Le indagini riguardano la gestione del CPR tra il 2018 e il 2022, affidata alla società Engel.

Nell’inchiesta ci sono una trentina di persone indagate, tra cui agenti di polizia e operatori sanitari del CPR. Sono state decise misure cautelari per quattro persone: un ispettore di polizia, Rosario Olivieri, è agli arresti domiciliari; il medico Donato Nozza è stato interdetto dal lavoro nei CPR per un anno e a due amministratori della società Engel, Alessandro Forlenza e Paola Cianciulli, è stato vietato per un anno di esercitare attività imprenditoriale con la pubblica amministrazione. Alla società sono stati sequestrati 380mila euro, cioè il profitto ricavato dalla gestione del CPR al netto delle spese.

Tra le accuse ipotizzate per gli indagati ci sono quelle di maltrattamenti, violenza privata pluriaggravata, falso ideologico. C’è poi un’altra parte dell’indagine che riguarda il modo in cui venivano assegnati i servizi di assistenza legale per i migranti detenuti nel CPR: secondo la procura venivano esclusi deliberatamente diversi studi legali in modo da affidare tutto a un solo studio legale che avrebbe beneficiato di grossi guadagni in una situazione di monopolio. Le spese legali dei migranti nei CPR sono a carico dello Stato. Per questa parte dell’indagine i reati ipotizzati sono di falso, induzione indebita e concussione.

Il procuratore di Potenza Francesco Curcio (quindi l’accusa) ha spiegato in una conferenza stampa che dalle indagini sarebbero emersi almeno 35 casi di maltrattamenti nel CPR di Palazzo San Gervasio. Lo psicofarmaco somministrato ai migranti a loro insaputa invece sarebbe il Rivotril, un antiepilettico usato spesso come tranquillante. «Chi dava problemi è stato trattato come scimmie», ha detto Curcio spiegando i risultati dell’indagine.

Di problemi nella gestione del CPR di Palazzo San Gervasio si parlò già un anno fa, quando il programma di Canale 5 Striscia la notizia diffuse un video in cui si vedeva un agente di polizia che costringeva un migrante ad assumere un farmaco: quell’agente è stato poi identificato nell’ispettore Olivieri, che secondo l’accusa della procura di Potenza avrebbe in seguito cercato di falsificare una relazione per dimostrare che il migrante in questione dovesse assumere il farmaco. Nella relazione si diceva che Olivieri e un’infermiera erano stati aggrediti da quel migrante, ma secondo la procura quelle accuse sarebbero false (Olivieri tra le altre cose è accusato di falso ideologico, calunnia e truffa aggravata ai danni dello Stato).

Le condizioni degradanti in cui vengono detenute le persone all’interno dei CPR italiani sono documentate da diversi anni dalle associazioni che si occupano di diritti umani e migranti, oltre che da inchieste giornalistiche e giudiziarie. Lo scorso aprile Altreconomia documentò in molti CPR la somministrazione quotidiana di grandi quantità di psicofarmaci, usati per sedare le persone detenute, raccogliendo testimonianze al riguardo anche sul centro di Palazzo San Gervasio.

Lo scorso dicembre invece è stata sequestrata la società che gestiva il CPR di Milano, accusata di aver simulato nella struttura la presenza di una serie di servizi che erano stati pattuiti al momento dell’assegnazione dell’appalto, senza però renderli effettivamente accessibili, a discapito delle persone detenute.