I giudici d’appello del processo per l’assalto al Congresso statunitense si sono detti scettici sul concedere l’immunità a Trump
Martedì, durante un’udienza del processo d’appello sull’assalto al Congresso del 6 gennaio del 2021, nel quale Trump è incriminato per il tentativo di sovvertire il risultato delle elezioni presidenziali del 2020, tre giudici federali si sono detti scettici sulla possibilità che possa venir concessa l’immunità a Trump. La richiesta di concedergliela era stata fatta dai suoi avvocati, che sostengono che Trump non possa essere processato per presunti reati commessi mentre era ancora in carica come presidente.
L’esito del processo e i tempi con cui si concluderà sono cruciali: il mese scorso una giudice aveva respinto la richiesta per l’immunità e i legali di Trump avevano fatto appello, in quella che è considerata anche una strategia per ritardare i tempi del processo, facendolo slittare a dopo le elezioni del 2024, permettendo così a Trump di candidarsi ed eventualmente vincere.
Secondo i tre giudici della corte d’appello federale di Washington, in cui si è svolta l’udienza di martedì, ci sono forti dubbi sul fatto che possa essere prevista un’immunità assoluta per i presidenti. Suggerendo possibili implicazioni a una possibilità di questo tipo, una dei tre giudici ha detto che se così fosse un presidente potrebbe teoricamente vendere segreti militari o far assassinare dall’esercito un proprio rivale politico senza subire ripercussioni, nel caso in cui per esempio non subisse un procedimento d’impeachment, cioè di rimozione dal proprio incarico.
Un’altra giudice ha definito «paradossale» la possibilità che un presidente, che ha il dovere costituzionale di vigilare sul rispetto delle leggi, possa di fatto essere autorizzato a violarle senza subire ripercussioni. A dimostrazione dell’importanza dell’esito di questo processo, all’udienza si è presentato anche lo stesso Trump, nonostante non fosse obbligato a farlo.