Cos’è la “giurisdizione universale”
È un principio del diritto internazionale sempre più utilizzato che permette di perseguire gravi crimini indipendentemente dal luogo in cui sono stati commessi e dalla nazionalità dei sospettati o delle vittime
La giurisdizione universale è un principio del diritto internazionale che permette ai tribunali nazionali di perseguire i più gravi crimini del diritto internazionale indipendentemente dal luogo in cui sono stati commessi e dalla nazionalità dei sospettati o delle vittime. Nonostante esista da tempo e sia stato invocato in casi molto famosi, all’inizio degli anni Duemila la sua legittimità era stata messa in discussione. Negli ultimi anni tuttavia il numero dei processi basati sul principio di giurisdizione universale è tornato ad aumentare, specialmente in Europa, con alcune importanti condanne.
Da sempre agli stati è riconosciuto il potere di esercitare la propria giurisdizione sul territorio nazionale, e in alcuni casi sui propri cittadini che abbiano compiuto reati all’estero o su stranieri che dovunque si trovino abbiano compiuto reati contro i cittadini di quel paese: ad esempio, il processo contro gli uomini accusati di aver ucciso il ricercatore Giulio Regeni si sta svolgendo in Italia anche se loro sono egiziani e l’omicidio è avvenuto in Egitto. Allo stesso modo un tribunale italiano può chiedere di processare in Italia un cittadino italiano che ha compiuto un reato all’estero. In linea di massima, però, i tribunali italiani non possono giudicare uno straniero che abbia compiuto un reato contro un altro straniero in un paese diverso dall’Italia.
Il principio della giurisdizione universale è un’eccezione a questa regola e si basa sull’idea che alcune norme del diritto internazionale siano così rilevanti che le loro violazioni debbano poter essere perseguite in tutti i tribunali del mondo, indipendentemente da dove sono stati commessi i crimini a cui si riferiscono.
Viene applicata in casi in cui esiste un’accusa per genocidio, tortura, gravi crimini di guerra o reati che rientrano nella categoria dei crimini contro l’umanità. Oggi viene spesso invocata in casi in cui lo stato che avrebbe giurisdizione non sta prendendo alcun provvedimento a riguardo: l’esempio più recente è il processo che si sta tenendo in Svizzera contro l’ex ministro gambiano Ousman Sonko, avviato dopo anni in cui il Gambia aveva fatto pochissimi progressi per perseguire i funzionari più importanti del regime di Yahya Jammeh, caduto nel 2017. Sempre in relazione all’ex regime gambiano, la giurisdizione universale è stata invocata alla fine del 2023 in Germania per condannare all’ergastolo Bai Lowe, ex membro del gruppo paramilitare Junglers, per vari crimini contro l’umanità.
Il concetto di “giurisdizione universale” non è nuovo. Si cominciò a discuterne, e in seguito ad applicarlo, a partire dal Diciassettesimo secolo per processare pirati e trafficanti di schiavi responsabili di crimini che venivano compiuti in zone del mondo che non appartenevano a nessuno stato, come il mare aperto.
In seguito questo principio giuridico fu alla base di casi di grande risalto internazionale. Nel 1961, per esempio, il governo israeliano lo invocò per processare il gerarca nazista Adolf Eichmann per crimini contro l’umanità commessi in Europa durante la Seconda guerra mondiale, quando lo stato d’Israele non era nemmeno nato. La giurisdizione universale fu invocata anche nel 1998 per arrestare il dittatore cileno Augusto Pinochet a Londra su richiesta di un tribunale spagnolo: le famiglie delle vittime della repressione militare cilena degli anni Settanta e Ottanta, che non erano riuscite ad avviare procedimenti penali in Cile, si erano infatti rivolte alla giustizia spagnola, che aveva deciso di occuparsene anche a causa del coinvolgimento di cittadini spagnoli.
Un altro caso molto rilevante fu quello che riguardò Hissène Habré, presidente e dittatore del Ciad negli anni Ottanta, accusato di avere ucciso e torturato migliaia di persone: nel 2016 Habré fu condannato all’ergastolo da un tribunale del Senegal appoggiato dall’Unione Africana e finanziato dalla comunità internazionale.
Nonostante questi casi eclatanti, a partire dagli anni Duemila l’applicazione della giurisdizione universale cominciò a subire un certo ridimensionamento. Molti iniziarono a criticarla sostenendo che venisse ormai invocata senza coordinamento e senza preparazione sufficiente per mettere in piedi processi efficaci. Fra i più critici c’era Henry Kissinger, noto segretario di Stato statunitense sotto la presidenza di Richard Nixon, che nel 2001 disse che la giurisdizione universale rischiava di creare una tirannia universale dei giudici. In questo caso è possibile che Kissinger temesse per sé, dato che nella sua lunga carriera diplomatica diversi critici lo hanno accusato apertamente di crimini di guerra e crimini contro l’umanità.
Negli ultimi anni però sono stati avviati e conclusi diversi processi basati sul principio di giurisdizione universale. Questi processi hanno tutti delle caratteristiche simili. Si svolgono nello stato in cui il presunto responsabile viveva o si trovava al momento della denuncia, e vengono avviati nel caso in cui nessun altro paese che ha un più stretto collegamento con il sospettato ne richieda l’estradizione: in questa lista rientrano lo stato di cui il sospettato è cittadino o in cui avrebbe commesso i crimini o lo stato di cittadinanza delle vittime del crimine commesso.
Nel 2021 e nel 2022 un tribunale tedesco condannò due alti funzionari del regime siriano di Bashar al Assad per crimini contro l’umanità commessi durante i primi anni della guerra civile in Siria, cominciata nel 2011. Entrambi si trovavano in Germania da qualche anno e lo stato aveva deciso di intervenire principalmente perché la Corte Penale Internazionale, che avrebbe potuto farsi carico di questi processi, non era nella posizione di intervenire: il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, diviso al suo interno, aveva bloccato ogni tentativo di affidarle la giurisdizione sui crimini compiuti in Siria. Neanche un tribunale in Siria avrebbe potuto occuparsi del caso dato che la guerra era stata vinta dal regime di Assad, lo stesso che dovrebbe subire i processi in questione.
Tra i paesi più attenti all’applicazione della giurisdizione universale ci sono soprattutto Francia, Svezia, Belgio e Germania, dove negli ultimi anni si sono tenuti diversi processi contro stranieri accusati di avere commesso gravi crimini contro l’umanità in Siria.